Figli maggiorenni: fino a quando i genitori sono obbligati a mantenerli?
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
In merito al mantenimento dei figli, la legge italiana stabilisce che i genitori sono obbligati a mantenerli per il solo fatto di averli generati.
L’obbligo di mantenimento in capo ai genitori viene disciplinato all’articolo 315 bis comma 1 cc, il quale sancisce che “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.”
In caso di separazione o divorzio dei genitori ovvero in caso di regolamentazione dei ruoli genitoriali, l’importo del contributo al mantenimento dei figli, in assenza di accordo tra le parti, viene stabilito dal Giudice.
Il contributo al mantenimento dei figli viene versato dal genitore non collocatario al genitore collocatario, ossia al genitore presso cui i figli vivono prevalentemente.
L’obbligo dei genitori di mantenere i figli, non cessa con il raggiungimento della maggiore età ma solo con il raggiungimento di una certa indipendenza economica del ragazzo/a.
Il tema e soprattutto la permanenza del diritto in capo al figlio di continuare a ricevere un contributo al proprio mantenimento da parte dei genitori è oggetto di numerosi procedimenti e pronunce nei Tribunali italiani.
La decisione oggi oggetto del nostro commento è il decreto n. 2912/2023 emesso nel mese di agosto dalla Corte d’Appello di Palermo.
La vicenda iniziava nel 2021 avanti il Tribunale di Termini Imerese quando un uomo depositava ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio dalla moglie ed in particolare chiedeva l’eliminazione dell’obbligo di corrispondere un assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento dei tre figli ormai maggiorenni. Si costituivano in giudizio sia la ex moglie che i figli opponendosi integralmente alle domande avanzate dal ricorrente. Il Tribunale, analizzata la documentazione e le ragioni argomentate dalle parti, emetteva provvedimento con il quale, non ravvisando la sussistenza dei presupposti per la modifica delle condizioni, rigettava il ricorso e addirittura condannava l’uomo al pagamento delle spese processuali.
Preso atto della decisione del Tribunale, l’uomo depositava reclamo avverso il suddetto provvedimento e ancora una volta si costituivano in giudizio la ex moglie ed i figli chiedendo il rigetto delle richieste del reclamante. Quest’ultimo motivava la richiesta dell’eliminazione del proprio obbligo di mantenimento a favore dei tre figli alla luce del fatto che: il figlio maggiore, oramai di 28 anni, dopo aver conseguito una prima laurea in scienze motorie aveva intrapreso un ulteriore percorso di studio al fine di conseguire l’abilitazione di fisioterapista.
Secondo l’uomo, vista la conclusione del primo percorso di studi e la conseguente competenza professionale, il figlio si trovava nella condizione di reperire un’occupazione lavorativa utile a divenire economicamente autosufficiente.
Il figlio “di mezzo” invece, iscritto presso la facoltà di Giurisprudenza sin dal 2014, risultava fuori corso di oltre 4 anni, ed infine la figlia di 23 anni, frequentava la facoltà di giurisprudenza presso una università privata senza aver condiviso tale decisione con il padre, decidendo quindi unilateralmente di intraprendere un percorso di studi molto costoso.
La Corte d’Appello di Palermo, chiamata a decidere sulle domande del reclamante, in via preliminare evidenziava come l’orientamento orami costante delle giurisprudenza della Corte di Cassazione, ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il giudice è tenuto a valutare caso per caso le circostanzeche giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, mentre non è richiesto che i genitori debbano prestare necessariamente il loro assenso allo specifico percorso di studi intrapreso.
Nel caso in oggetto, afferma la Corte territoriale, in merito al figlio maggiore ormai laureato ed entrato nel modo del lavoro da un tempo ragionevole per l’impiego nel mercato del lavoro delle elevate qualificazioni professionali, si può dichiarare cessato l’obbligo di corresponsione del contributo al mantenimento paterno.
Medesima dichiarazione veniva sancita in riferimento al secondogenito in quanto il mancato conseguimento di una condizione di autosufficienza economica era, secondo la Corte, dipendente da una consapevole inerzia del ragazzo che giustificava pertanto il venir meno del dovere di mantenimento dello stesso da parte del padre.
Il reclamo, invece, non veniva accolto in punto di revoca del diritto al mantenimento in riferimento alla figlia 23enne perché la ragazza frequentava ancora un corso di laurea magistrale con impegno e apprezzabili risultati e pertanto era ancora lontana da riuscire a intraprendere una carriera lavorativa.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.