ESSERE LICENZIATI NON DETERMINA IN AUTOMATICO UNA RIDUZIONE DEL MANTENIMENTO DA VERSARE.
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
Il licenziamento del genitore obbligato al mantenimento del figlio non determina automaticamente la riduzione dell’assegno. Il giudice, investito della domanda di riduzione, deve accertare le reali condizioni reddituali dell’onerato, se necessario anche tramite consulenza tecnica contabile, per verificare se la perdita del lavoro abbia effettivamente causato un drastico e incolpevole mutamento della sua capacità economica.
Questo il principio sancito dalla recentissima pronuncia della Corte di Cassazione n. 32540/2025 emessa in data 13 dicembre 2025.
Il caso oggi in esame trae origine dal ricorso per la separazione dei coniugi depositato da un marito avanti il Tribunale di Macerata nel mese di marzo 2020. Con tale atto l’uomo chiedeva l’addebito della separazione alla moglie, per violazione degli obblighi di fedeltà, il collocamento del figlio presso di sé e di disporre in capo alla madre l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio. Costituitasi in giudizio la donna contestava la richiesta di addebito avanzata dal marito e formulava a sua volta richiesta di addebito visto il comportamento vessatorio e minaccioso tenuto dall’uomo. La signora inoltre, chiedeva il collocamento presso di sé del figlio nonché di ricevere un mantenimento da parte del marito per sé stessa e per il figlio di € 4.000,00 mensili ciascuno.
In via provvisoria e urgente, il Tribunale di Macerata provvedeva a collocare il minore presso la madre e a porre in capo al padre l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio nella misura di € 1.300,00 nonché al mantenimento della moglie nella misura di € 1.000,00.
Terminata l’istruttoria, il Tribunale pronunciava sentenza definitiva con la quale dichiarava la separazione dei coniugi con addebito alla moglie e per l’effetto le revocava il mantenimento in precedenza riconosciuto in via provvisoria, in riferimento invece al figlio venivano confermate le disposizioni già in essere.
La donna ricorreva in appello avanti la Corte di Ancona chiedendo, in parziale riforma della sentenza, di respingere la domanda di addebito a suo carico e di pronunciarlo in capo al marito. Chiedeva nuovamente, inoltre, di porre in capo al marito l’obbligo di contribuire al mantenimento proprio e del figlio tramite il versamento dell’importo mensile di € 4.000,00 ciascuno.
Costituendosi in giudizio l’uomo chiedeva l’inammissibilità dell’appello proposto e nel merito proponeva appello incidentale nel quale chiedeva la restituzione delle somme versate alla moglie in forza dei provvedimenti provvisori.
Nelle more del procedimento di secondo grado il marito depositava istanza di modifica delle condizioni di separazione chiedendo la revoca dell’assegnazione della casa coniugale, essendo cessato l’utilizzo familiare della stessa in seguito ad abbandono, nonché la riduzione del mantenimento dovuto al figlio minore ad € 350,00 in ragione della perdita del posto di lavoro, sua unica fonte di reddito.
Letti gli atti, analizzati i documenti e sentite le parti la Corte d’Appello pronunciava sentenza con cui da un lato rigettava l’appello proposto dalla signora e dall’altro accoglieva parzialmente l’appello incidentale dell’uomo riducendo l’assegno dovuto per il mantenimento del figlio ad € 800,00. Veniva inoltre,accolta la domanda di restituzione delle somme versate in favore della moglie a titolo di assegno di mantenimento in esecuzione dei provvedimenti provvisori di primo grado e per il resto veniva confermata la sentenza impugnata.
Preso atto del contenuto della sentenza di secondo grado la donna ricorreva avanti la Corte di Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, l’omesso esame di un fatto decisivo da parte della Corte d’Appello. La donna infatti, evidenziava l’errata valutazione dei redditi dell’uomo e la necessaria rideterminazione dell’assegno di mantenimento per il figlio minore. In particolare la ricorrente sottolineava come la Corte territoriale avesse ridotto l’assegno in assenza di un adeguato supporto probatorio, non essendo stata prodotta la lettera di licenziamento e non essendo stata depositata, dall’uomo, la documentazione reddituale. Tale omissione, secondo la donna, era pretestuosa e volta ad alterare le effettive capacità reddituali dell’uomo che al contrario risultava ricoprire ruoli societari ed essere titolare di diversi immobili e mobili registrati.
Letto il ricorso, la Corte di Cassazione dichiarava infondati tutti i motivi di gravame ad eccezione di quello relativo alla riduzione del contributo al mantenimento del figlio.
La Suprema Corte infatti, evidenziava come la Corte territoriale al fine di giustificare la riduzione del mantenimento aveva valorizzato unicamente l’intervenuto licenziamento del padre a seguito del quale era venuta meno la retribuzione mensile par ad e 4.680,00 sostituita dalla NASPI pari ad € 1.470,99. Contestualmente però, il giudice di secondo grado non aveva accolto la richiesta di CTU contabile formulata dalla donna, senza pertanto approfondire e valutare correttamente la reale situazione economica e reddituale del padre.
A fronte di quanto sopra, evidenziando che il licenziamento non è di per sé presupposto automatico per la riduzione del mantenimento del figlio nonché ricordando la necessità di approfondire con ogni mezzo possibile, anche attraverso consulenza tecnica, la reale condizione reddituale delle parti prima di poter disporre una qualsivoglia riduzione di contributo al mantenimento, la Corte di Cassazione accoglieva parzialmente il ricorso della donna e rimetteva la causa alla Corte d’Appello di Ancona.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.









