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Atti violenti dopo la cessazione della convivenza: stalking o maltrattamenti?

(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)

Una recente sentenza della Cassazione chiarisce definitivamente quale reato debba essere contestato nei confronti dell’ex coniuge e dell’ex convivente, quando persistono atti violenti dopo la cessazione della convivenza, precisando così  i confini tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di stalking (Cass. sent. n. 31178/24).

Nel caso analizzato dalla Corte, l’imputato, dopo l’interruzione della convivenza more uxorio con la persona offesa, poneva in essere ripetute minacce, atti intimidatori e persecutori tali da cagionare nella vittima un perdurante grave stato d’ansia e di paura, nonché un fondato timore per la propria incolumità. In particolare, minacciava ripetutamente la donna e, dopo che la stessa bloccava il suo numero di telefono, si recava sotto l’abitazione – ove viveva insieme al figlio neonato – urlando e pronunciando la frase “ti devo uccidere” con un coltello in mano.

Con l’ordinanza del 13 marzo 2024 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Salerno, dopo avere convalidato l’arresto in flagranza dell’indagato per il reato di stalking, applicava la misura cautelare della custodia cautelare in carcere nei suoi confronti.

Avverso l’ordinanza del GIP la difesa proponeva istanza di riesame e il Tribunale del Riesame di Salerno lo accoglieva parzialmente, previa riqualificazione del delitto ex art. 612-bis cod. pen. nel reato ex art. 572 cod. pen.. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ricorreva per cassazione la difesa dell’indagato per violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alle ragioni che avevano portato alla conferma della custodia cautelare.

La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato. In primo luogo, sottolinea che nell’ambito di un altro procedimento pendente contro l’uomo, gli era stato contestato il reato di cui all’art. 572 cod. pen., per aver maltrattato con condotte reiterate la propria convivente, sottoponendola frequentemente, nel corso del 2023, ad atti di violenza fisica e psicologica, così da renderle intollerabile e dolorosa la vita in comune e da portare alla cessazione della convivenza dal 23 dicembre 2023.

Poi, rileva come i concetti di “famiglia” e di “convivenza” di cui all’art. 572 cod. pen. vadano intesi nell’accezione più ristretta, ossia quale “comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continuativa”.

Pertanto per gli Ermellini è configurabile l’ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dopo la cessazione della convivenza more uxorio con la persona offesa.

Solo nel caso di separazione fra persone legate da vincolo matrimoniale è ancora configurabile il reato di maltrattamenti per condotte vessatorie nei confronti del coniuge, sorte in ambito domestico ma commesse anche dopo la separazione di fatto o legale. Ed infatti il coniuge resta “persona della famiglia” fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla interrotta convivenza.

La  separazione è, invero, condizione che non elide lo status acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma non da quelli di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, e collaborazione, che discendono dall’art. 143 comma 2, cod. civ..

In base ai principi di diritto richiamati dalla Cassazione, la condotta contestata non poteva essere ricondotta nell’alveo della fattispecie di cui all’art. 572 cod. pen., essendo stati l’indagato e la parte offesa legati da un rapporto more uxorio, cessato al momento del verificarsi dei fatti.

L’ordinanza impugnata è stata, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Salerno, per valutare l’eventuale sussistenza degli estremi del reato di stalking e rivalutare la sussistenza delle esigenze cautelari e, in caso positivo, l’adeguatezza della misura cautelare applicata.

Pertanto per la corretta qualificazione della condotta violenta realizzata dopo la cessazione di una relazione, occorrerà valutare se l’autore e la vittima convivano o se fossero, invece, sposati e, successivamente, separati.

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Avv. Stefania Crespi

Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.