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ASSEGNO DIVORZILE: PER IL CALCOLO DELL’IMPORTO CONTA NON SOLO LO STIPENDIO MA ANCHE LE ENTRATE DELLO STUDIO PROFESSIONALE ASSOCIATO.

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

Il Giudice incaricato di decidere in riferimento all’importo dell’assegno divorzile, deve tener conto non solo dello stipendio del professionista ma anche delle entrate dello studio professionale associato e degli incarichi dallo stesso ricoperti.

Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 26392/2025 emessa in data 30 settembre 2025.

Il caso oggi in esame trae origine da un ricorso depositato avanti il Tribunale di Roma per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio con il quale un uomo chiedeva il divorzio dalla moglie e la previsione a proprio carico di un assegno di mantenimento per la figlia dell’importo di € 400,00, oltre al 50% delle spese straordinarie, e di un assegno divorzile a favore della moglie pari ad € 400,00. La donna, costituendosi in giudizio, chiedeva il riconoscimento di un assegno di mantenimento per la figlia pari ad € 1.000,00 e per sé un assegno divorzile pari ad € 5.000,00.

A seguito di istruttoria, il Tribunale emetteva sentenza con la quale disponeva a carico dell’uomo l’onere di contribuire al mantenimento della figlia tramite il versamento mensile di € 1.000,00, oltre al 65% delle spese straordinarie, e di versare alla ex moglie un assegno divorzile pari ad € 900,00. Avverso tale decisione la signora proponeva appello avanti la Corte d’Appello di Roma che, nel contraddittorio tra le parti, riformava parzialmente la sentenza di primo grado riconoscendo all’appellante un assegno divorzile di € 1.100,00 e ponendo a carico del padre l’onere di contribuire al 80% alle spese straordinarie della figlia.

Preso atto della decisione della Corte d’Appello di Roma, l’uomo ricorreva in Cassazione contestando la quantificazione dell’assegno divorzile e deducendo che la Corte territoriale, al fine di quantificare l’importo mensile, aveva tenuto conto di entrate che non dovevano essere considerate in quanto temporanee e provvisorie oltre che derivanti dalla sua famiglia d’origine. La Suprema Corte, letto il ricorso dell’uomo lo dichiarava fondato ed enunciava il principio secondo cui ai fini della determinazione dell’assegno divorzile non poteva tenersi conto della situazione patrimoniale delle famiglie d’origine dei coniugi e dell’apporto economico eventualmente dalle stesse fornito.

Il procedimento veniva pertanto riassunto avanti la Corte d’Appello di Roma che, letti gli atti delle parti, disponeva indagini patrimoniali e reddituali incaricando la Guardia di Finanza al fine di accertare l’esatta situazione economica degli ex coniugi. Dalle indagini effettuate emergeva che la signora era invalida al 100% e totalmente inabile al lavoro e per questo percettrice di una, irrisoria, pensione di invalidità pari a circa € 300,00 mensili. Sul di lei conto corrente inoltre, risultavano accrediti, di importi variabili, da parte del padre oltre che essere titolare di un contratto di locazione. In riferimento all’uomo invece, emergeva che lo stesso oltre a poter contare sui propri redditi dichiarati da avvocato poteva altresì contare sulle somme provenienti dai quattro conti correnti di cui era titolare insieme agli altri associati dello studio, sui quali risultavano accrediti importanti e costanti per l’attività svolta dallo studio associato. Oltre a ciò l’uomo poteva contare su nude proprietà oltre che sulle notevoli disponibilità economiche della nuova moglie.

Visto quanto emerso, la Corte territoriale riteneva che le disponibilità economiche dell’ex marito fossero significatamene superiori rispetto a quelle dell’ex moglie. Per tali motivi veniva confermato l’importo dell’assegno divorzile di € 1.100,00.

Letta la decisione della Corte territoriale, l’ex marito ricorreva ancora una volta avanti la Cassazione che tuttavia, riteneva il di lui ricorso infondato.

Lo stesso infatti lamentava la violazione dell’articolo 5 l. n. 898/1970 per aver la Corte d’Appello riconosciuto l’assegno divorzile solo sulla base della sua finalità assistenziale trascurando la finalità compensativa e quella perequativa. L’uomo affermava poi che la disparità reddituale non poteva costituire di per sé adeguata motivazione per il riconoscimento di un assegno divorzile di tale importo.

La Suprema Corte, lette le argomentazioni del ricorrente, dopo aver ricordato i principi ormai consolidati in materia, ricordava alla parte che ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile non deve essere necessariamente accertata la sua funzione perequativa-compensativa, essendo sufficiente la funzione assistenziale, quale espressione del principio costituzione di solidarietà. Nel caso in esame, sottolineavano gli Ermellini, era stato accertato che il considerevole divario reddituale era dipeso da ragioni oggettive quali il grave handicap e la totale inabilità al lavoro della signora che già sussistevano durante il matrimonio.

A fronte di quanto sottolineato, tenuto conto che la valutazione economica sulla reale disponibilità economica dell’ex marito, consistente oltre che nel proprio reddito dichiarato anche dai plurimi conti correnti dello studio associato, era avvenuta sulla scorta delle risultanze dell’Agenzia delle Entrate, mai contestate dalle parti, la Corte di Cassazione respingeva il ricorso dell’uomo e condannava quest’ultimo al pagamento delle spese legali.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.