fbpx

Blog

Home  /  DIRITTO PENALE   /  La convivenza nel delitto di maltrattamenti alla luce di una recente pronuncia della Cassazione.

La convivenza nel delitto di maltrattamenti alla luce di una recente pronuncia della Cassazione.

(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)

La Suprema Corte ha pronunciato un’importante sentenza sul reato di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 c.p., con specifico riguardo all’aspetto della convivenza (sent. n. 37166/24).

L’imputato è stato condannato, in primo e secondo grado, per maltrattamenti nei confronti della persona offesa con la quale intratteneva un “rapporto di mutuo soccorso”.

Più precisamente, la Corte di Appello descrive la loro “coabitazione” come conseguenza di un accordo tra le parti, basato sul contributo offerto da entrambi alle spese comuni. Non si sarebbe trattato, dunque, di una locazione o di un rapporto contrattuale di altro tipo, ma di una stabile convivenza, protratta nel tempo.

In particolare, la Corte Territoriale sottolinea come l’imputato avesse riconosciuto di essersi preso cura della vittima, fragile, incapace di determinarsi, persona che necessitava di essere stimolata, spronata e di essere aiutata per la sua malattia. Secondo tale Corte non sussisteva una mera coabitazione, ma una condivisione di vita, di una comune esperienza lavorativa e di progetti futuri.

Secondo la Cassazione le conclusioni in ordine alla convivenza, quale prerequisito del reato di maltrattamenti, non sono corrette.


Ed invero, in primo luogo, gli Ermellini ricordano l’opinione della Corte Costituzionale sul divieto di analogia in malam partem che  impone di chiarire se possa sostenersi che la sussistenza di una determinata relazione tra imputato e persona offesa, consenta di qualificare quest’ultima come appartenente alla “famiglia” dell’imputato o “convivente”. E ciò al fine di stabilire se vada applicato l’art. 572 c.p.  o l’art. 612-bis, secondo comma, c.p. (che contempla l’ipotesi di condotte persecutorie commesse a danno di persona «legata da relazione affettiva» all’agente).

Secondo la Suprema Corte, con riguardo al delitto di maltrattamenti, “integra il requisito della convivenza soltanto la coabitazione tra individui legati da una relazione qualificata da comunanza materiale e spirituale di vita e da aspettative di reciproca solidarietà, non già la contingente condivisione di spazi abitativi, priva di connotati affettivi e solidali, dovuta a mera amicizia”.

La Cassazione riprende un concetto che aveva espresso in passato: ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia, il concetto di “convivenza”, va inteso nell’accezione più ristretta, presupponendo una radicata e stabile relazione affettiva caratterizzata da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo (sent. n. 38336/2022).

Ed infatti, con la pronuncia in esame, precisa che nell’ambito delle relazioni interpersonali non qualificate, i concetti di “famiglia” e di “convivenza” presumono una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza d’affetti. Non sono sufficienti reciproche aspettative di mutua solidarietà e assistenza, ma occorre un rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, una stabile condivisione dell’abitazione, anche non necessariamente continua, né di lunga durata (come stabilito dalla Corte di Legittimità, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e un’attesa di reciproca solidarietà, cfr. Cass., sent. n. 3023/24).

Un rapporto tra semplici coinquilini, privo di una minima relazione affettiva e fondato su mere esigenze legate alla pratica quotidianità – come quello del caso analizzato dalla Suprema Corte – non può essere qualificato come “convivenza”.

La Cassazione annulla, pertanto, la sentenza impugnata con riguardo al delitto di maltrattamenti, perché il fatto non sussiste.

Author Profile

Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

Author Profile
Avv. Stefania Crespi

Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.