Negato il rientro del minore illecitamente sottratto se questi, capace di discernimento, vi si oppone.
(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)
Secondo la prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, ordinanza n.24883 pubblicata il 17 settembre 2024, devono rimanere in Italia i minori sottratti dal padre se nel proprio paese di residenza abituale subiscono violenze da parte del nuovo marito della madre.
Questo è il caso di due minori, figli di due cittadini moldavi, residenti in Moldavia, che a seguito della separazione dei propri genitori erano stati affidati, dal giudice moldavo, in via esclusiva alla madre. Minori che, pertanto, vivevano in Moldavia con la loro madre che aveva iniziato una convivenza con il nuovo marito.
Durante un’estate, la madre acconsentiva a che i bambini partissero in vacanza col padre con l’accordo che fossero rientrati in Moldavia, Paese di residenza abituale, una volta terminato il periodo di competenza.
Il padre, tuttavia, nell’agosto 2022 non riportava i figli a casa e li conduceva in Italia senza il consenso della madre, presentando anche denunce contro la donna e il marito di questa per violenze agite dall’uomo sui propri figli. Entrambi i minori, una volta in Italia, venivano dal padre iscritti a scuola.
Visto il mancato rientro in Moldavia, la donna si rivolgeva all’Autorità Centrale (autorità istituita in seno alla Convenzione Aja 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori) affermando che i figli fossero stati condotti dal padre in Italia ed ivi trattenuti senza il proprio consenso e quindi in modo illecito, essendo la Moldavia il Paese di residenza abituale ove avrebbero dovuto far rientro. Il padre, però, si opponeva al rientro dei figli in Moldavia affermando che, durante la vacanza trascorsa coi figli, era venuto a conoscenza che il figlio più piccolo fosse stato dalla madre circonciso e inoltre che era stato vittima di comportamenti violenti da parte del nuovo marito della madre.
Secondo le norme in materia di sottrazione internazionale di minore, vi è sottrazione allorquando il minore viene trasferito o trattenuto illecitamente in un paese diverso da quello della propria residenza abituale, senza, pertanto, il consenso del genitore che è titolare della responsabilità genitoriale. Allorquando si accerta che il minore sia stato trasferito illecitamente, il Tribunale dello stato “rifugio” dovrà ordinare il rientro del minore nello stato di residenza abituale, senza una valutazione nel merito che verrà demandata al giudice competente. Tuttavia, il Tribunale può rifiutare di ordinare il rientro qualora vi siano delle cause ostative al rientro stesso.
Infatti, l’art. 13 della Convenzione Aja 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori prescrive che “… l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non é tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione od ente che si oppone al ritorno, dimostri: …b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile; l’autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minora qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere”.
Il Tribunale per i Minorenni di Venezia, adito dal Pubblico Ministero, su richiesta della madre, respingeva la richiesta di rimpatrio dei minori in Moldavia. Il Tribunale innanzitutto riteneva pacifica la sottrazione di minore essendo tale trasferimento dei medesimi in Italia illegittimo, vista l’assenza di consenso della madre. Tuttavia, il rientro non si poteva disporre ai sensi dell’art. 13 lettera b) della Convenzione Aja in quanto “il vissuto dei minori di sofferenza per le vessazioni subite e di paura delle reazioni violente e aggressive del coniuge della madre era autentico” e costituiva, pertanto, una causa ostativa al rientro nel paese di residenza abituale. Rientro al quale anche i minori, sentiti dal Giudice, si erano opposti. Secondo il Tribunale, infatti, il rischio che i minori potessero subire ancora punizioni o umiliazioni da parte del coniuge della madre doveva ritenersi concreto visto che la donna stessa non era stata in grado di mediare tra l’uomo e i figli. Avverso tale decisione, ricorreva in Cassazione la donna.
Secondo la madre, infatti, le vessazioni che i minori avrebbero subito dal nuovo marito sarebbero suffragate solo dai loro racconti e non anche da altre circostanze di fatto.
Secondo la Corte di Cassazione, la volontà contraria al rientro manifestata dal minore in un procedimento di sottrazione internazionale può costituire una ragione ostativa al rientro ex art. 13, secondo comma, della Convenzione Aja 25 ottobre 1980. Il Giudice deve valutare attentamente le opinioni e la volontà manifestate dal minore durante l’ascolto. Infatti, secondo un proprio precedente “in tema di sottrazione internazionale di minori, la possibilità per il minore, capace di discernimento, di esprimere la propria opinione integra un diritto che deve essere esercitato in modo effettivo e concreto” (Cass. 8229/23). Se il minore si oppone al rientro, il giudice ha l’obbligo di tenere in considerazione la sua opinione.
Nel caso di specie i minori avevano 13 e 9 anni. L’opposizione del primogenito era stata netta e precisa, dimostrandosi il minore maturo e pienamente capace di discernimento, manifestando così la ferma volontà di rimanere in Italia. Le dichiarazioni del più piccolo erano coerenti con le dichiarazioni del fratello circa le violenze agite da parte del nuovo marito della madre. Durante l’ascolto, i minori riferivano anche di essersi ben inseriti ed integrati nel contesto sociale e scolastico italiano, manifestando anche una preferenza per la scuola italiana rispetto a quella moldava. Queste ultime considerazioni, precisa il Tribunale, non rilevavano ai fini della decisione da attuare sul rientro nel Paese di residenza abituale ovvero sulle condizioni ostative a tale rientro.
Il Tribunale precisava che solo una volta al sicuro in Italia, i due fratelli sono riusciti a raccontare il rapporto con tale uomo che fondava il loro rifiuto ad un rientro in Moldavia, rientro che se disposto li avrebbe fatti correre il rischio di tornare a convivere con la madre ed il di lei coniuge con la conseguenza di esser nuovamente esposti al rischio di umiliazioni e violenze.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.
Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.
È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.