MANTENIMENTO: SI ALLA RESTITUZIONE DELLE SOMME SE LA MOGLIE LE HA PERCEPITE SENZA AVERNE DIRITTO
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
La moglie separata che ha ricevuto somme dal marito a titolo di assegno di mantenimento senza però averne diritto, in quanto originariamente insussistenti i presupposti per il versamento, è obbligata a restituire tutto al coniuge anche se non ha agito con dolo o colpa grave.
Tale principio viene ribadito e confermato dalla Corte di Cassazione, prima sezione Civile, con la recentissima ordinanza n. 31635/2023 pubblicata il 14 novembre 2023.
Ma andiamo con ordine.
L’assegno di mantenimento è un importo, stabilito in sede di separazione dal Giudice a vantaggio del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione e a carico dell’altro coniuge, la cui funzione si sostanzia nel fornire al coniuge economicamente più debole, sprovvisto di redditi propri, un sostegno. L’assegno corrisposto da un coniuge all’altro più debole ha sia una funzione assistenziale, ossia di un sostegno economico successivo al termine della convivenza coniugale, sia perequativa, ossia una funzione ri-equilibratrice finalizzata al riconoscimento dl ruolo e del contributo fornito dal coniuge debole economicamente alla formazione del patrimonio della famiglia nonché di quello personale dell’altro coniuge.
Da quanto sopra detto si desume che al fine di vedersi riconosciuto il diritto a ricevere un assegno di mantenimento devono sussister in capo al coniuge economicamente più debole una serie di presupposti tra cui: la mancata pronuncia di addebito della separazione, l’assenza di redditi propri adeguati e sufficienti, ossia che la parte si trovi in una situazione economica peggiore rispetto al coniuge obbligato (tale giudizio di adeguatezza postula un confronto dei redditi e del patrimonio della parti che conduca ad una condizione di squilibrio patrimoniale) e che il coniuge abbia la possibilità economica a provvedere al pagamento.
Il caso oggi in esame trae origine da una sentenza del Tribunale di Messina con la quale veniva pronunciata la separazione di due coniugi e, tra le altre cose, rigettata la domanda proposta dalla moglie di ricevere un assegno di mantenimento. Tale pronuncia andava a modificare quanto sancito invece, in sede Presidenziale durante la quale era stata emessa ordinanza e disposto in capo al marito l’onere di corrispondere alla moglie una somma mensile a titolo di mantenimento. La pronuncia di primo grado veniva appellata dalla signora e in via incidentale anche dal marito. L’uomo infatti, depositava appello incidentale lamentando la mancata pronuncia da parte del Giudice di primo grado sulla domanda di restituzione delle somme corrisposte dal marito alla moglie in ottemperanza del provvedimento con il quale, in via provvisoria, era stato disposto che quest’ultimo provvedesse al mantenimento della moglie.
La Corte d’Appello rigettava sia il ricorso principale che quello incidentale del marito. Sul secondo ravvisava infatti, l’infondatezza del motivo di appello facendo applicazione del principio di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle somme corrisposte a titolo di mantenimento.
A fronte di tale rigetto il marito depositava ricorso in Corte di Cassazione con cui lamentava la violazione o falsa applicazione degli artt. 156 e 2033 cc in relazione al capo della sentenza che dichiarava l’irripetibilità delle somme corrisposte alla moglie.
Alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza gli Ermellini dichiaravano fondato il motivo di gravame.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno infatti recentemente affermato con la sentenza n. 32914 del 8 novembre 2022, che nel caso in cui si accerti nel corso del giudizio l’insussistenza ab origine, in capo all’avente diritto, dei presupposi per il versamento dell’assegno di mantenimento separativo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale, non vi sono ragioni per escludere l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite.
Nel caso oggi in commento, la stessa Corte d’Appello aveva evidenziato come il giudice di primo aveva rilevato che la moglie non aveva fornito prova sufficiente dell’esistenza dei presupposti per avere diritto all’assegno di separazione.
Stante quindi, il riconoscimento dell’originaria insussistenza dei presupposti per il versamento dell’assegno di mantenimento determina la piena ripetibilità delle somme a prescindere dal fatto che la donna avesse agito o meno con mala fede o colpa grave, pertanto, gli Ermellini cassavano la sentenza e la rimettevano avanti la Corte d’Appello affinché venisse sottoposta a nuovo esame attenendosi ai principi sopra esposti.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.