Gaslighting: abuso psicologico e manipolazione
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
“Non me l’hai mai detto! Te lo sei immaginato!”, “Sbagli sempre tutto: mai una giusta!”, “Tu non sei proprio nessuno!”, “Ma non puoi essertene dimenticata: me l’hai detto tu!”, “Vedi che non sei capace?”, “Con te non si può mai scherzare”.
Si potrebbero fornire infiniti esempi di questo tipo di affermazioni che forniscono in modo subdolo false informazioni o, comunque, negano ciò che, invece, è stato effettivamente detto. Il modo in cui vengono espresse tali “battutine” è apparentemente innocuo – per mantenere una fittizia facciata di normalità – ma, in realtà, viene ben celata cattiveria, crudeltà, sadismo.
Il termine gaslighting, entrato da poco nel nostro linguaggio comune, viene utilizzato per descrivere una particolare forma di manipolazione mentale a danno di una persona con cui si intrattiene una relazione intima, come un membro della coppia o parenti.
L’agente ha uno scopo preciso, ossia portare la vittima a dubitare di sé, delle proprie capacità, fino a creare confusione, dipendenza ed insicurezza; a volte la perseguitata pensa di meritare questo trattamento, in altri casi diventa persino folle.
In buona sostanza, si pone in essere una peculiare, insidiosa e persistente forma di violenza psicologica, con messaggi rivolti a svilire e ferire, anche in presenza di più persone. E il gaslighter, conoscendo bene la vittima e sapendo come raggiungere il suo obiettivo, prova soddisfazione nell’assistere alla lenta “distruzione” della stessa.
Le vittime possono essere anche gli uomini, manipolati da donne che realizzano comportamenti meno aggressivi fisicamente, ma più viscidi psicologicamente.
Perché si usa proprio il termine gaslighting? Perché nell’opera teatrale del 1938 intitolata Gas light (Luci a gas) – e nei successivi adattamenti cinematografici più conosciuti come “Rebecca la prima moglie” del 1940 di Alfred Hitchcock e “Angoscia” film italiano del 1944 – un marito porta la moglie alla pazzia, manipolandola attraverso il costante abbassamento delle luci a gas: la donna lo nota e lo fa presente, ma suo marito nega, accusandola di immaginare ciò che non esiste.
Negli Stati Uniti il fenomeno del gaslighting risale agli anni Settanta, mentre in Italia è più recente: nel 2012 l’Ordine degli psicologi lo ha inserito nelle “Linee guida per l’accertamento e la valutazione del danno alla persona”, col termine errato “gaslhiting”.
Sebbene in Italia il gaslighting non sia un crimine espressamente previsto dal codice penale, di fronte ad abusi psicologici i giudici riconoscono la sussistenza di differenti fattispecie di reato, come i maltrattamenti, la violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minaccia e lo stalking.
Va, tuttavia, sottolineato come il fenomeno in analisi sia di solito “sommerso”, nel senso che le vittime – completamente assoggettate al gaslighter – non hanno la forza ed il coraggio per denunciare.
Da tempo la Cassazione sostiene che il reato di maltrattamenti sussista non solo con
le percosse, le lesioni e le minacce, ma anche con umiliazioni, atti di disprezzo e di offesa, quando generano afflizioni morali.
Per ciò che concerne lo stalking pare opportuno ricordare che si concretizza con modalità precise come pedinamenti, messaggi o chiamate insistenti ed ossessionanti, in modo da stravolgere la vita della vittima. Sono atti manipolativi diretti e palesi, mentre nel gaslighting si estrinsecano generalmente attraverso modalità subdole e nascoste.
Per ritenere configurato il reato di atti persecutori occorrerà, dunque, dimostrare nel caso concreto la sussistenza di tutti gli elementi richiesti dall’art.612 bis c.p., soprattutto il perdurante e grave stato di ansia, di paura o il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita.
In passato la sottomissione al volere di una persona in modo da ridurla in totale stato di soggezione, configurava uno specifico reato, il plagio, previsto dall’articolo 603 c.p., poi dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 96/81.
Si è creato così un vuoto, che si è cercato di colmare con il disegno di legge n. C.569 sul reato di manipolazione mentale, ma non ha ancora avuto buon esito. Invece in Francia – ma anche in Spagna e Belgio – è stato introdotto il reato di manipolazione mentale, che punisce chi causa uno stato di soggezione attraverso l’esercizio di gravi e ripetute pressioni o tecniche volte ad alterare la capacità di giudizio.
Sarebbe opportuno un intervento legislativo anche in Italia per combattere e punire con un’apposita norma il gaslighting e tutte le forme di manipolazione mentale.
Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.