Le pressioni psicologiche sulla vittima di violenza: elementi concreti per valutare la violenza domestica
(a cura dell’avv. Alice Di Lallo)
La pronuncia in commento (decreto del Tribunale di Bari 18.1.2021) è molto interessante sotto diversi profili. Innanzitutto, perché afferma il principio secondo cui la normativa interna (nel caso specifico l’art. 18 bis del Testo Unico sull’Immigrazione in materia di permesso di soggiorno per le donne vittime di violenza domestica) deve essere interpretata alla luce della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011, inoltre perché è la prima volta che viene accertato e dichiarato il diritto delle vittime di violenza domestica al rilascio del permesso di soggiorno “speciale”.
La Convenzione di Istanbul (del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, ratificata dall’Italia con legge n. 77/2013), che riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione, è il primo trattato internazionale contenente una definizione di violenza sulle donne: tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
Ai sensi della nostra Costituzione (art. 117, comma 1), l’ordinamento italiano deve conformarsi alle norme internazionali e, per l’effetto, i giudici interni hanno l’obbligo di applicare la normativa italiana in conformità alla Convenzione di Istanbul. In particolare, il Tribunale di Bari afferma che “l’interprete nazionale deve ricostruire nell’ordinamento nazionale la norma internazionale garantendo l’applicazione uniforme …e deve allo stesso tempo garantire la totale conformità della regola interna a quella posta nel diritto internazionale”.
Ma passiamo al caso in commento.
Una donna straniera, scaduto il proprio permesso di soggiorno, faceva richiesta al Questore per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 18 bis del Testo Unico sull’immigrazione che, inter alia, prevede che quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per il reato di maltrattamenti in famiglia, siano accertate situazioni di violenza o abuso nei confronti di uno straniero ed emerga un concreto ed attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il Questore, con il parere favorevole del Pubblico Ministero ovvero su proposta di quest’ultimo, rilascia un permesso di soggiorno per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza.
Il PM, a fronte della circostanza che a seguito della denuncia della ex moglie per maltrattamenti in famiglia, il procedimento nei riguardi dell’uomo veniva archiviato, esprimeva parere negativo al rilascio ed il Questore rifiutava il permesso. A fronte, poi, dell’accoglimento da parte del Giudice per le Indagini Preliminari dell’opposizione all’archiviazione proposta dalla donna e la formulazione del capo di imputazione per il reato di maltrattamenti, la donna insisteva nuovamente per il rilascio del permesso di soggiorno. Ancora il PM esprimeva parere negativo “non essendo intervenuto alcun accertamento giudiziale e definitivo in ordine ai fatti di violenza domestica denunciati dalla donna”.
Secondo il Tribunale di Bari, benché vincolante, il parere del PM basato espressamente sulla assenza di un accertamento giudiziale e definitivo in ordine ai fatti di violenza domestica denunciati dalla donna non costituisce un vincolo negativo alla concessione del permesso di soggiorno.
Il parere del PM non può basarsi solo su un accertamento giudiziale o definitivo dei fatti e della penale responsabilità ma devono sussistere elementi concreti in ordine alla sussistenza dei fatti di violenza domestica, alla ipotizzabile responsabilità dell’accusato e al pericolo per la incolumità della vittima.
Interpretando la normativa interna alla luce della Convenzione di Istanbul, il Tribunale di Bari – ordinando alla Questura il rilascio del permesso di soggiorno ex art. 18 bis TUI – ritiene che il pericolo per la incolumità debba essere inteso quale diritto alla salvaguardia della integrità personale della vittima oggetto di tutela della norma, tale da ricomprendere anche le possibili pressioni psicologiche che, pur non connotate da atti di lesioni che attingano il fisico della persona, influiscano sulla libertà di autodeterminazione della vittima anche rispetto alle sue scelte di vita, non ultime quelle riguardanti la libertà di autodeterminazione nel corso delle indagini o del processo considerando che la vittima migrante si trova in una condizione di maggiore debolezza, sia per la mancanza di figure familiari di vicinanza e sostegno sia per il rischio di perdere definitivamente la possibilità di usufruire del permesso di soggiorno ottenuto per ricongiungimento e di dover tornare in patria riportando con sé i figli, ponendo anche questi ultimi in una situazione di sofferenza.
Le pressioni psicologiche (nel caso di specie l’ex marito, per il tramite della figlia, avrebbe fatto sapere alla donna che se fosse tornata a vivere con lui le avrebbe permesso di rinnovare il permesso di soggiorno) influiscono sulla incolumità e sulla libertà della donna inducendola a ritornare a vivere col marito, con pericolo di una nuova violenza, pur di ottenere la possibilità di rimanere in Italia.
Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.
Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.
È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.