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AFFIDAMENTO SUPERESCLUSIVO A LEI, VITTIMA DI VIOLENZA DOMESTICA: IRRILEVANTE SE LA DENUNCIA E’STATA ARCHIVIATA.

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

Anche senza una condanna definitiva in sede penale, il genitore che agisce comportamenti violenti a danno dell’altro genitore alla presenza dei minori, può perdere il diritto all’affido dei figli. 

Questo il principio affermato dalla Prima Sezione civile Corte di Cassazione n. 7409 pubblicata il 20 marzo 2025, in assoluta conformità della Convenzione di Istanbul e della Riforma Cartabia.

Il caso riguardava la regolamentazione della responsabilità genitoriale su tre figli, nati da coppia non unita in matrimonio. In particolare, dopo la cessazione della convivenza la donna abbandonava la casa familiare rivolgendosi ad un centro antiviolenza allegando abusi e violazioni da parte dell’ex compagno.

In primo grado, il Tribunale di Castrovillari, accertate le condizioni dei tre figli minori tramite indagine dei Servizi, espletata una consulenza tecnica durante la quale i minori erano stati ascoltati, affidava in via super esclusiva i tre figli alla madre e poneva a carico del padre un assegno a contribuzione al mantenimento dei figli.

La Corte d’Appello, adita dall’uomo, rigettava l’impugnazione.

In particolare, la Corte d’Appello rilevava che nonostante il GUP avesse archiviato la denuncia penale nel procedimento penale, erano stati accertati alcuni episodi quali il danneggiamento della porta e un pugno sferrato alla donna che giustificavano l’allontanamento della donna dalla casa di famiglia e il suo fissare la residenza in una città diversa per sottrarsi a una situazione familiare ormai esasperata е comunque connotata da violenza; che la madre non avesse ostacolato i rapporti tra il padre e i figli dal momento che ogni qualvolta non aveva potuto ottemperare alle indicazioni previste dal consultorio in ordine agli incontri le aveva puntualmente giustificate, mentre altri appuntamenti erano stati annullati dal padre; che la non idoneità genitoriale del maltrattante fosse emersa dalla circostanza che non aveva saputo contenere la conflittualità con conseguente disagio per la prole.

Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per Cassazione l’uomo.Secondo il padre, i giudici di merito non avevano ascoltato i minori; non avevano esaminato le dichiarazioni rese dai minori ascoltati durante il procedimento civile di primo grado.

Tuttavia, secondo la Corte di Cassazione, nel caso di specie i minori erano stati ascoltati sia tramite il consulente tecnico sia nel corso del giudizio di primo grado in fase di attuazione dei provvedimenti di affidamento. L’ascolto del minore non è un adempimento da eseguire in via automatica così da dover essere replicato nei gradi di giudizio successivi al primo o nelle fasi endoprocedimentali della modifica e revoca dei provvedimenti adottati, ove l’adempimento sia stato già eseguito, come nel caso di specie.

Anzi, la Corte d’appello aveva sottolineato il tentativo da parte del padre di condizionare i minori e in particolare il figlio più grande, con la minaccia di abbandonarlo e che i minori erano stati spettatori dalla violenza agita dal padre sulla madre (un pugno sferrato alla zona genitale) e di atti aggressivi alla presenza degli operatori del consultorio (prendere a calci la porta del consultorio, aggredire verbalmente gli operatori) comportamenti ritenuti dal giudice di merito del tutto ingiustificati e volti ad ostacolare le relazioni tra i figli e la madre, anteponendo l’astio nei confronti della ex compagna all’interesse dei minori. Non era certamente necessario reiterare, anche in appello, l’ascolto di minori.

Con riferimento specifico all’archiviazione del procedimento penale, secondo la Corte questo non rileva in sede civile e in punto di affidamento alla luce degli ulteriori accertamenti svolti in ordine alla capacità genitoriale dell’uomo: in sede penale sono state positivamente accertate condotte violente tenute dal ricorrente in ambito familiare, quali il danneggiamento della porta e l’episodio del pugno sferrato alla donna nella zona genitale. Inoltre, è stato accertato che il ricorrente aveva tenuto comportamenti violenti ed intemperanti alla presenza dei minori nei confronti degli operatori del consultorio incaricati di agevolare il diritto di visita, oltre all’accertamento dell’inosservanza dell’obbligo di mantenimento. Si era accertato, dunque, un complessivo quadro di violenza che connotava la vita familiare, compresa la violenza assistita, agita alla presenza dei minori anche se non direttamente su di essi, nonché della violenza psicologica o economica.

Quanto sopra in conformità della Convenzione di Istanbul che richiede che gli Stati, quando debbano prendere provvedimenti in ordine alla custodia o affidamento dei figli e in ordine alla esecuzione degli stessi, devono tenere in considerazione gli episodi di violenza, indipendentemente, quindi, dall’esito del procedimento penale a carico dell’imputato.

La Corte conclude affermando il principio per il quale, il genitore che con il suo comportamento costringe il figlio ad assistere ad atti di violenza sull’altro genitore o comunque aggressivi, lede il diritto del bambino a vivere in un ambiente sano ed armonioso; e, nel caso in cui i comportamenti violenti e/o aggressivi siano accertati, il giudice civile deve adottare misure idonee a proteggere le vittime dalla possibile reiterazione di questi comportamenti, e da contatti con un genitore inadeguato (Cass. n. 4595 del 21/02/2025). Indagini e valutazioni che sono diverse da quelle che eseguono il Pubblico Ministero e il Giudice Penale.

Pertanto, a fronte del medesimo fatto oggettivo, il giudice penale potrebbe assolvere o disporre una archiviazione della denuncia, mentre il giudice civile potrebbe ritenere sussistente un comportamento aggressivo e violento, posto che la sola circostanza che le denunce siano state archiviate in sede penale non costituisce una motivazione sufficiente per escludere che vi sia un comportamento illecito rilevante in sede civile, rivelatore di un deficit di competenze genitoriali.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.