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Lecita ed utilizzabile la registrazione di una conversazione tra colleghi.

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

Ormai lo abbiamo capito: è vietato registrare di nascosto una persona nel proprio domicilio, ma anche in ufficio o in una camera d’hotel, se chi “spia” non è presente nello stesso luogo e momento insieme al  registrato. È consentito invece farlo, se chi registra è presente all’evento, anche se lo fa di nascosto. Ma cosa succede se si registra una conversazione tra colleghi sul posto di lavoro ? Non prevale il diritto alla riservatezza prevista dai codici deontologici di molte professioni ? E se si registra non per utilizzare le conversazione in un giudizio in cui si è parte ma per trasmetterla a terzi? 

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5844 del 5 marzo 2025 si è proprio occupata di questa particolare situazione soffermandosi sulle condizioni necessarie affinchè sia ritenuto legittimo registrare senza autorizzazione una conversazione privata con colleghi di lavoro.

Il caso di specie vede coinvolti due medici cardiologi – un uomo ed una donna- di un’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica e la Commissione Medica di Disciplina dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri che aveva applicato ad uno dei due la sanzione della censura ex art. 40 punto 2) D.P.R. 221/1950 per violazione dell’art. 58 del Codice deontologico dei Medici per avere posto in essere un comportamento scorretto, in violazione del dovere di rispetto reciproco e fiducia nei confronti di un collega (la registrazione era stata depositata in Procura in con un giudizio penale a carico di un terzo medico) 

In particolare, la donna aveva registrato senza autorizzazione una conversazione privata, intercorsa con il collega in ambiente e orario di lavoro, allo scopo di utilizzarne il contenuto come prova contro il Direttore della U.O.C., da lei denunciato per abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio commessi in suo danno.

Ritenendo ingiusta la sanzione, la dottoressa prima proponeva ricorso innanzi alla Commissione centrale, che però respingeva l’ impugnazione, in Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 24 Cost.,51 cod. pen. e 24 D.Lgs. 196/2003 (cd. Codice Privacy) per non avere la Corte considerato che la registrazione di un colloquio fra colleghi, a cui partecipi chi registra, finalizzata ad acquisire prove da utilizzare in sede giudiziaria, non è lesiva del diritto alla riservatezza, seppure realizzata senza il consenso dell’interessato, perché necessaria ai fini dello svolgimento delle indagini difensive o comunque per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria.

La Cassazione dà ragione alla ricorrente e ribadisce i seguenti principi: 

a) la Commissione disciplinare non si è conformata a un principio di diritto consacrato nella norma dell’art. 24 del Codice della privacy, in applicazione del principio generale di cui all’art. 51 c.p. secondo cui l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità: non è quindi illecita la violazione del diritto alla riservatezza, cioè la condotta di registrazione d’una conversazione tra presenti in mancanza dell’altrui consenso, ove rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa in giudizio;

b) tale scriminante opera a prescindere dalla esatta coincidenza soggettiva tra i conversanti e le parti processuali, purché l’utilizzazione di tale registrazione avvenga solo in funzione del perseguimento di tale finalità e per il periodo di tempo strettamente necessario;

c) il diritto di difesa non deve ritenersi limitato alla pura e semplice sede processuale ma si estende a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o ricorso; non a caso, nel codice di procedura penale, il diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. sussiste anche in capo a chi non abbia ancora assunto la qualità di parte in un procedimento.

In applicazione di tali principi di diritto, la decisione impugnata deve essere cassata, con rinvio alla

Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, in diversa composizione, perché provveda al riesame della impugnazione della donna in conformità con i principi suesposti e alle spese di ciascun grado.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).