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Sostegno alla genitorialità, mediazione familiare ed educativa domiciliare: questi gli strumenti per i genitori conflittuali.

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

Al fine di individuare strategie comunicative che consentano ai genitori altamente conflittuali di svolgere il ruolo genitoriale con una maggiore consapevolezza e inclusione l’uno dell’altro nella vita della minore, il Tribunale di Viterbo con il decreto definitivo pubblicato in data 7 febbraio 2025, rigettata la domanda materna di affido esclusivo, disponeva l’affido condiviso della minore di anni cinque ma ammoniva entrambi i genitori che negli anni avevano sporto reciproche denunce, al rispetto di quanto disposto dal provvedimento in ordine al calendario di visita e al mantenimento della minore, nonché a collaborare tra di loro per il benessere della figlia favorendo la comunicazione nonché l’inclusione delle rispettive figure genitoriali nella sua vita.

Per garantire alla minore il raggiungimento di tali obbiettivi da parte dei genitori, il Tribunale delegava i Servizi Sociali competenti territorialmente in base alla residenza della minore (Castel Sant’Elia) di avviare un percorso di sostegno alla genitorialità ovvero di mediazione familiare nonché un servizio di educativa domiciliare, almeno una volta a settimana, in occasione della permanenza della minore presso il padre.

Emblematiche erano le conclusioni a cui era giunta la psicologa presso l’Ausl di Viterbo che  – nel ritenere che entrambe le parti presentassero “moderate capacità genitoriali intese come capacità di svolgere la funzione affettiva e protettiva” e che, per l’effetto, risultava necessario rafforzare, per entrambe i genitori della piccola  “la funzione riflessiva e la capacità di sintonizzarsi con gli stati emotivi della bambina”- evidenziava uno scarso livello di collaborazione tra le parti nella gestione della minore.

Il caso di specie, infatti, era subito risultato caratterizzato da una rilevante conflittualità tra i genitori generata, almeno inizialmente, da un probabile fraintendimento dei provvedimenti disposti nel primo giudizio intrapreso all’indomani della frattura della coppia quando la figlia aveva solo 18 mesi: con decreto emesso nel febbraio 2021 il Tribunale di Viterbo nello stabilire le modalità di visita e frequentazione tra padre e figlia, aveva, infatti, previsto che “Il padre avrà diritto di vedere e tenere con sé la figlia ogni qualvolta lo desideri, previo accordo telefonico con la madre e con preavviso di almeno ventiquattro ore. In caso di disaccordo gli incontri del padre con la figlia saranno regolati in maniera graduale nel seguente modo: a) fino a quando la bambina non avrà compiuto i due anni il padre potrà vedere e tenere con sé la figlia a settimane alterne al mese, domenica dalle ore 11,00 alle ore 16,00 quando poi la riaccompagnerà a casa, oltre a due giorni di ogni settimana il martedì e il giovedì dalle ore 17.30 alle ore 19.30 quando poi la riaccompagnerà a casa;” .

Tale formulazione – che secondo il Tribunale non avrebbe dovuta essere intesa come una assoluta libertà in capo al padre, ma solo la possibilità di visite estemporanee subordinate all’accordo con l’altro genitore considerato che, ove mancante erano comunque state previste delle frequentazioni tra padre e figlia – aveva acceso una forte conflittualità caratterizzata da una parte da continue richieste paterne e, dall’altro, dalla poca flessibilità dimostrata dalla madre nell’individuazione dello spostamento di giorni o recuperi di quelli persi, indisponibilità crescente di pari passo con il mancato rispetto degli obblighi economici posti in capo al padre.

Per tale motivo, dopo circa otto mesi, la coppia genitoriale aveva adito nuovamente l’Autorità giudiziaria lamentando reciproche gravi mancanze e chiedendo una modifica del provvedimento emesso

Il padre della piccola lamentava come all’indomani dalla pubblicazione del provvedimento, l’esercizio del diritto di visita gli era stato reso difficoltoso, se non impossibile, in ragione del comportamento ostruzionistico della ex compagna e della di lei madre che, sovente, non rispondevano ai messaggi o rifiutavano le sue chiamate telefoniche al fine di precludergli i contatti con la minore e poterla vedere quindi “ogni qual volta lo desideri”; lamentava inoltre di venire escluso da tutte le questioni concernenti la vita e lo sviluppo della figlia, ivi incluse, quelle relative ai trattamenti sanitari e alle vaccinazioni e che i contrasti si acuivano nei momenti in cui si recava a prendere o a riaccompagnare la minore, tanto che a più riprese aveva dovuto chiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

La donna, dal canto suo, riportava come il padre avesse subito assunto comportamenti pregiudizievoli per la minore; che ogni volta che il padre esercitava il proprio diritto di visita la minore iniziava un pianto ininterrotto e spesso, al rientro presso la dimora materna, dopo aver trascorso la domenica con il padre, versava in stato di profonda agitazione e malore fisico; che, nei suoi confronti, l’uomo aveva esercitato una forte pressione psicologica importunandola con l’invio di numerosi messaggi e appostamenti dinanzi alla sua abitazione; che, per tali ragioni, la stessa viveva in uno stato di paura e di ansia che l’avevano indotta a mutare le proprie abitudini di vita trasferendosi presso la casa della madre; che nel mese di aprile 2021 l’uomo prima pronunciava frasi minacciose ed offensive e poi la colpiva eseguendo una spericolata manovra in retromarcia con l’intento di colpirla tanto che la donna si era recata presso il Pronto Soccorso dell’ospedale di Civita Castellana dove le veniva diagnosticato “trauma contusivo gomito, latero-cervicale, ginocchio e quarto dito mano sin; contusione sacro-coccigea con prognosi di 10 gg s.c. ed antidolorifici; che la sera del medesimo giorno il padre aveva riportato la minore con scottature da sole sulla pelle e in stato febbrile che si protraeva anche nei giorni successivi comunicando dunque al padre che non era possibile che lui la prendesse e che, in quell’occasione, lo stesso si era presentato con i Carabinieri al domicilio materno, dove un militare, entrato in casa della resistente, richiedeva, di misurare la febbre alla bambina; che l’uomo non rispettava le prescrizione sia mediche che alimentari della figlia minore imposte dai sanitari e quando veniva a prelevare la figlia appariva sovente in stato di alterazione psico fisica ed emanava un forte odore di alcool; che vi erano altri gravi episodi che si erano verificati, che avevano creato in capo alla donna un grave stato di ansia da indurla a rivolgersi al centro antiviolenza “Galassia” al fine di intraprendere un percorso di sostegno. Non ultimo, la donna lamentava che il padre non versava con costanza il contributo al mantenimento.

A fronte di una tale situazione iniziale, il Tribunale aveva iniziato a regolamentare in modo chiaro il calendario di visita paterno e a fronte del buon andamento delle visite aumentava progressivamente il tempo di permanenza della piccola dal padre introducendo anche i pernottamenti, fino a ritenere, dopo due anni di procedimento, sufficientemente istruita la causa per poter confermare l’affido condiviso della minore – che nel frattempo ha quasi cinque anni – pur prevedendo una serie di interventi a sostegno dei genitori.

Secondo i Giudici, infatti, “nell’incapacità delle parti di trovare un terreno comune volto a disinnescare il livello di tensione, accresciuto anche dalle reciproche denunce e querele sporte, non vi è tuttavia la rappresentazione di un genitore con piene capacità genitoriali e dell’altro invece sfornito delle stesse, avendo dimostrato entrambe le figure carenze che non consentono di ritenere che un comportamento dell’uno sia pregiudizievole per la minore, avendo adottato entrambi atteggiamenti che non avevano concorso alla serenità della propria figlia, dovendosi piuttosto ritenere necessario che le parti intraprendano un percorso di sostegno alla genitorialità o di mediazione familiare, il cui avvio è da demandarsi in capo ai Servizi Sociali competenti territorialmente, al fine di individuare strategie comunicative che consentano ad entrambe di svolgere il ruolo genitoriale con una maggiore consapevolezza e inclusione l’uno dell’altro nella vita della minore.

Se dunque l’affidamento condiviso della minore, per quanto richiedente per la sua attuazione in maniera piena e regolare, l’impegno delle parti al rispetto reciproco, sia risultata la modalità più confacente alla situazione di specie, in ordine al collocamento della bambina il Tribunale di Viterbo riteneva di confermare quello presso la madre già in atto, con rigetto dunque della domanda avanzata dal padre di disporlo presso di lui, ritendo preferibile vitare alla piccola un cambiamento di abitudini e di ruotine che non sarebbe per la stessa confacente e utile.

Ciò posto, in ordine alle modalità del diritto di visita paterno, il Tribunale disponeva che “il padre potesse tenere con sé la piccola a settimane alternate dalle ore 10,00 del sabato fino alla domenica successiva alle ore 20,00 quando il padre la riaccompagnerà a casa dalla madre; tutte le settimane nei giorni di martedi dall’uscita di scuola alla mattina successiva del mercoledì quando il padre la riaccompagnerà a scuola, e giovedì quando il padre la prenderà all’uscita di scuola e riporterà la figlia presso la madre entro le ore 21.00; ….”

Infine, a garanzia della serenità della minore, il Tribunale prevedeva l’attivazione da parte dei Servizi Sociali competenti di un servizio di educativa domiciliare, “almeno nel numero di uno a settimana, al fine di verificare eventuali anomalie e suggerire modalità al fine di ristabilire la serenità della minore anche presso il domicilio paterno”.

In ordine poi alle reciproche richieste di ammonimento avanzate dai genitori, il Tribunale, in ragione di tutto quanto emerso nel corso del giudizio, nelle udienze e dagli atti e considerata l’assenza di prevalenza di un comportamento ostativo e non conforme alle prescrizioni già in atto da parte di uno dei due genitori, riteneva di ammonire entrambe le parti alla collaborazione e cooperazione e al rispetto di quanto disposto, nonché di sollecitarli ad aderire ai percorsi di sostegno che il Servizio Sociale individuerà a loro favore al fine di risolvere, o, quanto meno, di attenuare la conflittualità disponendosi alla valorizzazione l’uno dell’altro quale figura genitoriale, entrambe necessarie per il sereno sviluppo della figlia.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).