In caso di separazione, lui non può chiedere il rimborso delle spese sostenute per i bisogni della famiglia.
(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)
Anche se interviene la separazione, non può essere richiesto il rimborso delle spese sostenute per i bisogni della famiglia durante la convivenza matrimoniale salvo i coniugi avessero regolato specificatamente la loro reciproca contribuzione in un specifico accordo e uno dei due è venuto meno a tale obbligo.
Con l’ordinanza n. 29880 del 20 novembre 2025 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito ad una gravosa e sovente questione che ci viene posta dai coniugi in fase di separazione: è legittimo richiedere all’altro coniuge il rimborso di metà di quanto speso negli anni per la famiglia?
La fattispecie arrivata all’attenzione degli Ermellini prendeva avvio avanti il Tribunale di Palermo adito da un marito che a seguito della separazione accusava la moglie di non aver contribuito alle spese del nucleo famigliare composto anche da tre figli e le chiedeva il versamento di €80.000,00.
Tale pretesa veniva svolta, nonostante anche la moglie lavorasse, i coniugi avessero aperto due conti cointestati sui quali entrambi convogliavano i priori stipendi e tra loro non fossero mai intervenuti accordi specifici sulla regolamentazione delle spese familiari.
Appurato quanto sopra, sia il Tribunale sia la Corte d’Appello di Palermo respingevano la domanda dell’uomo condannandolo alle spese di entrambi i giudizi.
In particolare, i giudici di appello avevano osservato che: a) in costanza di matrimonio, operano tra i coniugi
una serie di obblighi reciproci e nei confronti della prole, tra cui il dovere di
contribuzione sancito all’art.143 c.c., tutti obblighi con cui si realizza il
soddisfacimento reciproco dei bisogni materiali e spirituali di ciascuno con i
mezzi derivanti dalle capacità e dalle sostanze di ognuno di essi; b) quanto
all’adempimento dell’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia, ex
art.316 bis c.c., occorre avere riguardo non solo ai redditi rispettivi dei coniugi
“ma anche di ogni altra risorsa economica e personale dei due obbligati e delle
rispettive capacità lavorative professionali o domestico-casalinghe”, valutando
gli apporti concretamente forniti dai coniugi non soltanto con l’utilizzo degli
emolumenti lavorativi; c) nella specie, l’uomo, pur assumendo di avere,
da solo, contribuito al mantenimento della famiglia, non aveva fornito prova del
fatto che l’ex coniuge non avesse mai contribuito al ménage familiare, non solo
in riferimento all’impiego di denaro proprio, ma anche attraverso la propria
attività domestica e di cura dei familiari conviventi.
L’uomo allora ricorreva in Cassazione ma si vedeva ancora una volta dichiarate infondate le proprie pretese.
La Cassazione, infatti, ha ribadito che poiché durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle
esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316-bis, primo comma, c.c., a seguito della separazione non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti
dell’altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della
famiglia durante il matrimonio, dovendosi avere riguardo, quanto
all’adempimento dell’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia, non solo ai redditi rispettivi dei coniugi, ma anche ad ogni altra risorsa economica e personale dei due obbligati e alle rispettive capacità lavorative professionali o domestico-casalinghe.
Inoltre nel caso si assuma la violazione di tale obbligo da parte di uno dei due coniugi, il coniuge che assuma di avere, da solo, contribuito al mantenimento della famiglia, è tenuto a fornire la prova della mancata contribuzione al menage familiare da parte dell’altro.
Riportandosi ad altre precedenti decisioni sul punto, la Corte ha rilevato che la destinazione di somme date da un coniuge all’altro per i bisogni della famiglia si presume fino a prova contraria, essendo tenuto, il coniuge accipiente che abbia impiegato tali somme per l’arricchimento esclusivo, ad indennizzare l’altro del vantaggio conseguito, con l’avvertenza che i bisogni della famiglia hanno un contenuto ampio, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da diffuse
disponibilità patrimoniali dei coniugi, anch’esse riconducibili alla logica della
solidarietà.
Ma ancora. Gli Ermellini richiamano la decisione n. 13366/2024 con la quale avevano già chiarito che, a seguito della separazione, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti
dell’altro per le spese sostenute in modo indifferenziato, salvo diverso accordo
contrattuale tra le stesse parti, finalizzato al soddisfacimento delle primarie
esigenze familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano la
loro fonte nel rapporto matrimoniale.
La Corte ha altresì affermato che il contributo, non soltanto in denaro ma anche attraverso la propria attività domestica e di cura dei familiari conviventi, di entrambi i
coniugi ai bisogni della famiglia, discendente anzitutto dal disposto dell’art.143 c.c., forma oggetto di una presunzione, che deve essere vinta dalla prova contraria a carico dell’uomo di avere in via esclusiva provveduto alle esigenze familiari.
La Corte aveva già affermato (Cass. 5866/1995 ) che “nel caso in cui un coniuge consegni all’altro una somma di denaro e quest’ultimo la utilizzi per opere di miglioramento della casa coniugale, di sua proprietà, deve presumersi, in
mancanza di prova contraria, che la consegna sia stata effettuata in
adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143. cod. civ.
Tuttavia, essendo stata la somma impiegata in modo da comportare anche
l’arricchimento esclusivo del coniuge accipiente, questi è tenuto ad indennizzare l’altro del vantaggio conseguito (nella specie, la corte di merito aveva attribuito un’indennità ex art. 1150 cod. civ.) “.
Nella pronuncia n. 18749/2004, si è, invece, affermato, in controversia relative
a reciproche pretese restitutorie azionate dai coniugi dopo il fallimento
dell’unione matrimoniale, che “i bisogni della famiglia, al cui soddisfacimento i
coniugi sono tenuti a norma dell’art. 143 cod. civ., non si esauriscono in quelli,
minimi, al di sotto dei quali verrebbero in gioco la stessa comunione di vita e la
stessa sopravvivenza del gruppo, ma possono avere, nei singoli contesti
familiari, un contenuto più ampio, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da ampie e diffuse disponibilità patrimoniali dei coniugi, situazioni le quali sono anch’esse riconducibili alla logica della solidarietà coniugale” (nell’enunciare il
principio di cui in massima, questa Corte ha confermato la sentenza
impugnata, la quale – esclusa la configurabilità, nella specie, di un mutuo
endofamiliare, in ogni caso neppure dimostrato, – aveva ritenuto espressione di partecipazione alle esigenze dell’intero nucleo familiare, ai sensi della citata
norma codicistica, il consistente intervento finanziario della moglie a titolo di concorso nelle spese relative alla ristrutturazione della casa di villeggiatura di proprietà del marito ma di uso familiare comune).
Il precedente è richiamato in Cass.10942/2015 , non massimata, ed è stato riaffermato in Cass. 10927/2018 : “Poiché durante il matrimonio ciascun
coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura
proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e
316 bis , primo comma, c.c., a seguito della separazione non sussiste il diritto
al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese sostenute in
modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio “.
Di recente poi questa Corte (Cass. 9144/2023 ) ha chiarito che, quando si
controverta sulla spettanza dell’assegno divorzile in funzione perequativa-
compensativa (alla luce del principio enunciato dalle Sezioni unite nella
sentenza n. 18287/20198), “non può, di per sé, essere considerata prova del
contributo, dato dal coniuge richiedente l’assegno, alla formazione del
patrimonio dell’altro, l’assunzione, in tutto o in parte, delle spese di ristrutturazione dell’immobile, adibito a casa coniugale, di proprietà esclusiva dell’altro coniuge, rientrando tali spese (come la messa a disposizione dell’immobile da parte del coniuge titolare del diritto di proprietà) nell’ambito dei doveri primari di solidarietà e reciproca contribuzione ai bisogni della famiglia (art.143 c.c.) durante la comunione di vita coniugale”.
Da ultimo (Cass. 13366/2024 ), si è precisato che “In tema di contribuzione
per i bisogni della famiglia durante il matrimonio, ciascun coniuge è tenuto a
concorrere in misura proporzionale alle proprie sostanze e, a seguito della
separazione, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti
dell’altro per le spese così sostenute in modo indifferenziato; il menzionato
principio è, tuttavia, suscettibile di deroga tramite un accordo contrattuale tra
le stesse parti, in quanto lo stesso può meglio rispecchiare le singole capacità
economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi ed è, comunque, finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze
familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano la loro fonte
nel rapporto matrimoniale” ( in tale caso Corte aveva cassato la sentenza del Tribunale che, dopo aver erroneamente escluso la vincolatività dell’accordo raggiunto tra i coniugi, anteriormente alla separazione, finalizzato alla suddivisione pro quota diseguale delle spese familiari, aveva dichiarato non ripetibile il pagamento integrale delle stesse da parte del marito).
Orbene, la censura si concentra sulla violazione dell’art.2697 c.c., non
cogliendo la ratio della sentenza impugnata fondata sulla mancata prova
contraria, a carico dell’attore, idonea a vincere la presunzione di paritario
apporto di entrambi i coniugi ai bisogni della famiglia, figli inclusi, in misura
corrispondente alle possibilità di ciascuno, ai sensi dell’art.316 bis c.c.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).