Se un figlio si trasferisce dall’altro genitore, deve essere rideterminato il mantenimento.
(A cura della Dott.ssa Chiara Massa)
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30244/2025, ha fornito importanti chiarimenti sui principi che regolano l’assegnazione della casa familiare e l’obbligo di mantenimento dei figli.
La decisione nasce dal ricorso promosso da un padre contro la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila (n. 442/2024), nel contesto di una separazione giudiziale.
La Corte d’Appello, infatti, aveva stabilito la revoca del contributo al mantenimento per la figlia maggiorenne che il padre per anni aveva versato alla madre, dopo aver accertato che la figlia, diventata nelle more del procedimento maggiorenne, da circa quattro anni aveva lasciato la casa familiare assegnata alla madre, per vivere stabilmente con il padre Tale revoca, però, veniva fatta decorrere dalla data del deposito del ricorso in appello.
Inoltre, la Corte aveva confermato l’assegnazione dell’abitazione alla madre nonostante il padre avesse riferito e provato che la moglie per diversi mesi aveva lasciato la casa familiare per trasferirsi della propria madre in un altro comune, Torricella Sicura, per motivi legati alla frequenza della scuola elementare del figlio.
Tale trasferimento era stato qualificato come momentaneo posto che finita la scuola del figlio, la donna era subito rientrata nella casa familiare; pertanto non vi era un motivo valido per la revoca, poiché la Corte ha valutato come temporaneo l’allontanamento e come prevalente l’interesse del figlio minore collocato presso la madre.
Contro tale decisione il padre presentava ricorso in Cassazione contestando principalmente tre aspetti: la conferma dell’assegnazione, l’omessa previsione di un contributo della madre per la figlia che viveva con lui, e la decorrenza della revoca del suo assegno di mantenimento della figlia.
Su tali motivi la Suprema Corte ha fornito una risposta ben articolata chiarendo importanti aspetti.
Con il primo motivo, il padre lamentava la violazione degli artt. 337 sexies e 2697 c.c., sostenendo l’erronea conferma dell’assegnazione della casa coniugale alla madre. Sosteneva che la madre non avesse provato la stabile abitazione in Tossicia, essendosi trasferita a Torricella Sicura per la scuola elementare del figlio minore. La Cassazione ha giudicato questo motivo inammissibile: la Corte d’Appello aveva già accertato che il trasferimento della madre fosse stato temporaneo e legato a esigenze scolastiche del figlio minore, e che la presenza del figlio minore con la madre (pur in affido condiviso) fosse sufficiente a giustificare l’assegnazione. I giudici della Cassazione non possono fare una nuova valutazione dei fatti e delle prove già accertate dai giudici di merito.
Con il secondo motivo, il padre lamentava la violazione degli artt. 337 bis e sexies c.c., per aver la Corte d’Appello confermato l’assegno di mantenimento a favore della madre per il figlio minore, senza tenere conto dell’onere di mantenimento a carico della madre per la figlia maggiorenne che ora viveva stabilmente con il padre. La Cassazione ha accolto questo motivo, ritenendolo fondato. La Corte ha ribadito che l’obbligo di mantenimento dei figli (minori o maggiorenni non indipendenti) ha una doppia dimensione: da una parte il rapporto genitore-figlio (diritto del figlio a essere mantenuto); dall’altra il rapporto interno tra i genitori, dove vige il principio di proporzionalità in base al reddito di ciascuno (art. 337-ter c.c. e 316-bis c.c.).
Inoltre, se il figlio maggiorenne non autosufficiente si trasferisce stabilmente presso il genitore che in precedenza era l’obbligato al versamento, il principio di proporzionalità impone che l’altro genitore (in questo caso la madre), contribuisca economicamente al mantenimento del figlio che ora vive con l’ex coniuge.
Per tali motivi, la sentenza è stata cassata limitatamente a questo punto, con rinvio alla Corte d’Appello per quantificare la misura del contributo dovuto dalla madre al padre per il mantenimento della figlia.
Con il terzo motivo, il padre lamentava la violazione dell’art. 337 sexies c.c. e chiedeva che la revoca del suo assegno per la figlia decorresse da un momento precedente al deposito dell’appello.
La Cassazione ha rigettato il motivo. La Corte d’Appello aveva correttamente fatto decorrere la revoca dall’appello perché in quel momento la condizione di fatto del trasferimento della figlia era stata stabilizzata e accertata in via definitiva. Inizialmente, la madre aveva contestato la stabilità di tale convivenza e anche i Servizi Sociali incaricati a valutare la situazione avevano confermato il trasferimento della ragazza dal padre nel momento in cui lo stesso depositava ricorso in Appello, rendendo quindi l’accertamento definitivo solo in sede di gravame.
In conclusione, la Cassazione ha cassato la pronuncia della Corte d’Appello de L’Aquila limitatamente al profilo del mantenimento dei figli ribadendo che la madre, pur essendo collocataria del figlio minore e assegnataria della casa familiare, è comunque obbligata a contribuire al mantenimento della figlia maggiorenne non indipendente economicamente che ora vive con il padre.
La Corte dovrà quindi quantificare tale contributo alla luce di tale principio di diritto.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.




