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Riconoscimento tardivo e attribuzione del cognome per il minore nato fuori dal matrimonio

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara )

Se il figlio nato fuori dal matrimonio viene riconosciuto tardivamente dal padre l’individuazione del cognome che il minore va ad assumere non è connotata da automatismo, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve tenere in considerazione l’interesse del minore e la sua volontà, se in grado di esprimerla.

Questo il principio espresso dalla Suprema Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 15654 pubblicata in data 5 giugno 2024. 

Il caso trae origina dal Decreto della Corte di Appello di Ancona che aveva respinto il reclamo proposto dalla madre del minore avverso il Decreto del Tribunale di Fermo che, decidendo sulla richiesta avanzata dalla stessa ex art.262, secondo comma, c.p.c. di attribuzione al figlio minore del solo cognome paterno, a seguito del riconoscimento tardivo della paternità, aveva stabilito che al minore venisse aggiunto il cognome paterno posponendolo al cognome materno, attribuitogli dalla nascita.

La madre proponeva ricorso per Cassazione lamentando la mancata considerazione della preferenza per il cognome paterno espressa con convinzione dal minore e l’erroneità della decisione che aveva errato nell’interpretazione del dato normativo come integrato dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n.131/2022 nelle more del giudizio di merito. 

Gli Ermellini rilevano che la Corte di Appello di Ancona aveva respinto il ricorso nel merito alla luce della Sentenza della Corte Costituzionale n.131 del 2022, intervenuta nelle more del giudizio.

Tuttavia, la decisione risulta viziata in quanto la Sentenza della Corte Costituzionale riguarda il primo comma dell’art.262 c.c., che concerne la decisione giudiziale di attribuzione del cognome al minorenne nato fuori dal matrimonio e non riconosciutocontestualmente dai due genitori.

L’art.262 c.c., in tema di figlio nato fuori dal matrimonio, infatti, dispone che: “Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuatocontemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume ilcognome del padre. Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento: da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre”.

Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figliominore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

La Corte Costituzionale con la sentenza n.131 del 2022 si è pronunciata in relazione alla fattispecie disciplinata dal primo comma dell’art.262 c.c., riguardante il riconoscimento del figlio effettuato contemporaneamente dai genitori non coniugati, e ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del c.c. nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto, ed ha esteso la declaratoria di illegittimità costituzionale alle norme strettamente conseguenziali, specificamente indicate nella Sentenza.

La Corte di appello di Ancona, pertanto, ha erroneamente applicato i principi espressi dalla Corte costituzionale alla fattispecie in esame, del tutto diversa, ricadente nell’ambito applicativo dell’art.262, secondo, terzo e quarto comma, c.c., ed ha, pertanto, esorbitato dall’ambito di efficacia della Sentenza di parziale illegittimità costituzionale, riguardante il primo comma dell’art.262 c.c. 

Infatti, nell’ipotesi disciplinata dai commi secondo, terzo e quarto dell’art.262 c.c., nel presupposto che il diritto al nomecostituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo, avente copertura costituzionale assoluta, l’individuazione del cognome che il minore va ad assumere non è connotata da automatismo, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve avere riguardo al modo più conveniente di individuazione per il minore, in relazione all’ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del padre, prescindendo, anche a tutela dell’eguaglianza fra i genitori, da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome.

Come risulta dalla lettera dell’art. 262, secondo comma, c.c.,infatti, a seguito della dichiarazione giudiziale di paternità, il figlio “può” assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre; la norma in esame “prospettando in termini di mera eventualità l’assunzione del cognome paterno in caso di riconoscimento o accertamento della filiazione nei confronti del padre successivamente al della filiazione nei confronti del padre successivamente alriconoscimento da parte della madre, esclude la configurabilità di tale vicenda come effetto automatico del riconoscimento o della dichiarazione giudiziale di paternità, cui si collega, ove il figlio nato fuori dal matrimonio sia maggiorenne, una facoltà discrezionale, cui corrisponde una situazione di soggezione del genitore”.

Nel caso del minore, la disposizione dettata dall’art. 262, quartocomma, c.c. demanda al Giudice la decisione relativa all’assunzione del cognome del genitore, trattandosi di un potere la cui attribuzione trova la sua giustificazione nel difetto di capacità del minore, al quale peraltro è riconosciuto il diritto di essere ascoltato, qualora abbia compiuto dodici anni o anche se sia in età inferiore, a condizione in quest’ultimo caso che risulti capace di discernimento.

La valutazione, ampiamente discrezionale, attiene al giudizio di merito, ma, nel caso in esame, la Corte di Appello si era astenuta da qualsiasi valutazione ed aveva applicato impropriamente il criterio automatico previsto per il caso del figlio riconosciuto alla nascita da entrambi i genitori non coniugati, in assenza di differente accordo, come formulato dalla Corte Costituzionale.

In tal modo i Giudici di merito, nonostante si vertesse in un caso di decisione giudiziale, aveva svuotato di contenuto ledisposizioni proprie, applicabili alla fattispecie in esame, non aveva compiuto alcuna valutazione dell’interesse del minore e neppure aveva preso in seria considerazione la preferenza da questi espressa che, se pur non vincolante, era, comunque, uno degli elementi da tenere in considerazione, congiuntamente ed in relazione agli altri indici significativi (contesto e relazioni sociali, situazione familiare allargata per la presenza di fratelli di discendenza paterna, ed altro), a quanto segnalato o espresso dalla madre, che, per suo conto, aveva dichiarato di convenire sulla rinuncia al suo cognome al figlio, e a quanto dedotto dal padre, al fine di individuare la scelta maggiormente consona all’interesse del minore. Invero, il giudice deve prescindere da ogni automatismo, deve avere riguardo unicamente all’interesse del figlio, e, in particolare, deve ben tutelare il diritto all’identità personale.

Per i suddetti motivi la suprema Corte ha cassato il decreto e rinviato la causa alla Corte di Appello in diversa composizione.

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.