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PMA: LE NUOVE LINEE GUIDA RECEPISCONO LE ULTIME NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

Il Ministero della Salute – con sei anni di ritardo – ha pubblicato le nuove linee guida vincolanti per tutte le strutture autorizzate, contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), in adempimento a quanto richiesto dalla legge istitutiva n. 40 del 2004 («Norme in materia di procreazione medicalmente assistita») che all’art. 7 espressamente ne prevede l’aggiornamento periodico – almeno ogni tre anni- in rapporto all’evoluzione tecnico- scientifica.

Dal lontano 1 luglio 2015 – ultimo decreto ministeriale contenenti le linee guida- diverse ed importanti sono stati gli interventi legislativi e le pronunce della Corte Costituzionale e della Cassazione che sono intervenuti sul tema ampliandone la portata.

Nello specifico, il decreto ministeriale n. 107 del 9 maggio 2024, ha specificato che l’accesso alla PMA è consentito alla coppia “infertile” a fronte dell’assenza di concepimento dopo 6 -12 mesi (in base all’età della donna) di regolari rapporti sessuali non protetti e, recependo le sentenze della Corte Costituzionale n.96/2015, n. 229/2015 e n. 161/23, ha allargato l’accesso:
– alle coppie fertili quando portatrici di malattie genetiche trasmissibili,
– alle coppie sierodiscordanti portatrici di patologie infettive, quali Hiv, Hbv, Hcv, nelle quali l’elevato rischio di infezione configura di fatto una causa ostativa alla procreazione;
– alle coppie in cui uno o entrambi i partner siano ricorsi in passato alla crioconservazione dei propri gameti o tessuto gonadico per preservazione della fertilità.

Le Linee guida hanno, infatti, ha chiarito che non integra reato la condotta di selezione degli embrioni quando finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donn di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili gravi e che il consenso informato espresso può essere revocato solo ed esclusivamente prima della fecondazione dell’ovulo o in caso di diagnosi genetica pre impianto fino al momento del transfer.
Per tale motivo viene esplicitato al Capitolo
V punto 4) delle attuali Linee Guida che “Ai richiedenti al momento di accedere alle tecniche di PMA devono essere esplicitate con chiarezza e per iscritto le conseguenze giuridiche di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 della legge 40/2004. Con le medesime modalità deve essere rappresentato che, dopo la fecondazione assistita dell’ovulo, il consenso alla PMA non può essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto (Cass., 15 maggio 2019, n. 13000)  ovvero sia cessato il loro rapporto (Corte Costituzionale, n. 161/2023)».

Nello specifico, la prima sentenza citata – Cass. n. 13000 del 15 maggio 2019 – ha affermato che «in caso di nascita mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita, l’art. 8 della legge n. 40 del 2004 sullo status del nato con Pma si applica anche all’ipotesi di fecondazione omologa post mortem avvenuta utilizzando il seme crioconservato del padre, deceduto prima della formazione dell’embrione, che in vita abbia prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso, non successivamente revocato, all’accesso a tali tecniche e autorizzato la moglie o la convivente al detto utilizzo dopo la propria morte».

Con la seconda sentenza n. 161 del 2023 la Corte Costituzionale – il cui intervento veniva sollecitato dal Tribunale di Roma chiamato a pronunciarsi sulla revoca di un consenso al trasfer  espresso da un marito in fase di separazione – ha chiarito che l’autodeterminazione dell’uomo alla PMA matura in un contesto in cui egli è reso edotto del possibile ricorso alla crioconservazione, come introdotta dalla giurisprudenza costituzionale, e anche a questa eventualità presta, quindi, il suo consenso”. (par. 11.3) Il consenso informato, nella fattispecie, assume un ruolo centrale in quanto “atto finalisticamente orientato a fondare lo stato di figlio. In questa prospettiva il consenso, manifestando l’intenzione di avere un figlio, esprime una fondamentale assunzione di responsabilità, che riveste un ruolo centrale ai fini dell’acquisizione dello status filiationis”.
Secondo la Corte il consenso espresso non genera affidamento solamente per quanto concerne la situazione giuridica del figlio, bensì si ripercuote su altri interessi costituzionalmente rilevanti, in particolare quelli della donna. Quest’ultima, infatti, alla luce dell’affidamento nato dal consenso dell’uomo, si sottopone a terapie e interventi più o meno invasivi, che possono durare per lunghi periodi e comportare anche rischi gravi per la sua salute. Richiamando le linee guida del d.m. 1° luglio 2015, ove si stabilisce che “la donna ha sempre il diritto ad ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati”, la Corte quindi conclude che: “L’irrevocabilità di tale consenso appare quindi funzionale a salvaguardare l’integrità psicofisica della donna – coinvolta, come si è visto, in misura ben maggiore rispetto all’uomo – dalle ripercussioni negative che su di lei produrrebbe l’interruzione del percorso intrapreso, quando questo è ormai giunto alla fecondazione”.
In aggiunta, la Corte riafferma la necessaria tutela della dignità dell’embrione ex art. 2 Cost., in quanto “ha in sé il principio della vita”. Dato che la legislazione sulla PMA ha come fine ultimo quello di “favorire la vita”, non è irragionevole la decisione di comprimere la libera autodeterminazione dell’uomo, anteponendo quindi la richiesta di impianto della donna, anche a fronte della tutela dell’interesse primario dell’embrione a nascere, che non è intaccato dalla sopravvenuta separazione dei futuri genitori, elemento che comunque non impedirà al nato di instaurare un legame affettivo con entrambi.

In ultimo ma certamente non per importanza, si segnala come ancora una volta le Linee Guida non intervengano in punto obbligatorietà per la coppia che accede alla PMA di un percorso psicologico limitandosi unicamente a raccomandarlo e a consigliare a tutti i centri specializzati “un’attenta valutazione clinica del profilo della donna e degli eventuali rischi nella evoluzione della gravidanza in particolare del rapporto rischi-benefici con specifico riferimento alle complicanze ostetriche (incluse le gravidanze multiple), alle potenziali ricadute neonatologiche e ai potenziali rischi per la salute della donna.

Un’occasione mancata? Staremo a vedere.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).