
NO AL MANTENIMENTO SE NEL BREVE MATRIMONIO NON C’È’ STATA COMUNIONE DI VITA.
Non sorge il diritto al mantenimento se, nei pochi mesi di matrimonio, ciascun coniuge ha fatto la propria vita.
Si esprime così la Corte di Cassazione con la decisone n. 9207 dell’8 aprile 2025 in tema di riconoscimento dell’assegno di mantenimento nell’ambito di un matrimonio di brevissima durata.
La vicenda traeva origine da una pronuncia del Tribunale di Catanzaro con cui venivano rigettate le domande di addebito avanzate da entrambi i coniugi e la richiesta dell’uomo di veder riconosciuto a proprio favore un assegno di mantenimento, o in subordine, un assegno alimentare.
L’uomo proponeva appello avanti la Corte territorialmente competente che, tuttavia, confermava la decisione di primo grado ritenendo che il Tribunale avesse correttamente respinto la richiesta: i coniugi, infatti, non avevano mai effettivamente convissuto dato che la moglie, dopo soli quattro mesi, era tornata a vivere nel paese di origine e non si era instaurata neppure una comunione di vita, considerato che i novelli sposi si vedevano saltuariamente e continuavano a provvedere ciascuno per conto proprio alla gestione dei rispettivi affari ed interessi.
Contrariato dalla decisione di secondo grado, il marito proponeva ricorso per cassazione lamentando che la Corte di Appello aveva negato il suo diritto nonostante sussistessero tutti i presupposti di legge. L’uomo, infatti, affermava che presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento al coniuge separato sono: la non addebitabilità della separazione a carico del richiedente, la mancanza di redditi propri tali da consentire di mantenere il tenere di vita matrimoniale e la capacitò economica dell’ex coniuge di provvedere al pagamento. La durata del matrimonio o della convivenza non rilevano, invece, come presupposti, essendo solo elementi da considerare nella quantificazione dell’assegno stesso.
Presentato il ricorso, la prima sezione civile della Corte di Cassazione riteneva di particolare interesse giuridico la questione sollevata: sussiste il diritto all’assegno di mantenimento nel caso in cui non si sia realizzata, dopo il matrimonio valido, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi?
I giudici di legittimità hanno affermato che, effettivamente, dalla breve durata del matrimonio non deriva automaticamente e presuntivamente l’impossibilità di riconoscere il diritto all’assegno di mantenimento, nel caso in cui, però, ne sussistano tutti gli elementi costitutivi.
La Corte ha inoltre precisato ed evidenziato che l’art.156 c.c., nel riconosce il diritto all’assegno a favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, non pone quale presupposto l’effettiva instaurazione della convivenza. Questo perché la mancata convivenza può essere giustificata da scelte dei coniugi dettate da situazioni contingenti, ad esempio lavorative, ed essere quindi espressione di una scelta di coppia che non esclude la comunione spirituale e materiale tra gli sposi.
Sulla base di questi principi, gli Ermellini hanno affermato che, nel caso di specie, al fine di escludere il diritto dell’uomo a percepire l’assegno di mantenimento, la Corte di Appello di Catanzaro aveva correttamente valorizzato sia la mancata instaurazione della convivenza sia, e soprattutto, la circostanza che tra i coniugi non c’era mai stata “comunione morale e materiale” e neppure l’intenzione di condividere il ménage familiare.
La Corte di Cassazione ha dunque confermato che “se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale tra i coniugi può costituire causa di esclusione”.
Gli Ermellini hanno, infatti, ampiamente motivato la loro decisione spiegando che il matrimonio-atto è un negozio giuridico da cui sorgono tra i coniugi reciproci diritti e doveri, tra i quali l’obbligo di assistenza morale e materiale (art. 143 c2 c.c.), ma che il fine essenziale del matrimonio è proprio la costituzione di una comunione di vita spirituale e materiale e che, dunque, è solo all’interno di tale contesto che si attualizza l’obbligo di assistenza.
In conclusione, la Corte ha affermato che se, come nel caso di specie, non si è mai costituita la comunione di vita materiale, non è possibile pretendere l’attualizzazione dell’obbligo di assistenza con un provvedimento di separazione.
Infine, gli Ermellini hanno confermato la decisione della Corte di Appello di Catanzaro anche con riferimento al rigetto della richiesta di assegno alimentare. Il diritto agli alimenti è, infatti, subordinato anche all’impossibilità dell’alimentando di provvedere al proprio sostentamento con la conseguenza, che, qualora – come nel caso di specie – il soggetto sia in condizioni di trovare un’occupazione adeguata alle proprie aspirazioni e al proprio sostentamento, la richiesta deve essere rigettata.
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