
LECITI I PRELIEVI ANCHE SE INGENTI DELLA MOGLIE DAL CONTO COINTESTATO, SE FATTI PER SPESE DELLA FAMIGLIA.
(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)
Sul conto cointestato sul quale confluisce lo stipendio del marito può prelevare senza limiti la moglie anche se che non lavora, se i prelievi servono per mantenere la famiglia.
Le spese effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c., che nella fattispecie traggono provvista in un conto cointestato, non determinano alcun diritto al rimborso.
A norma degli artt. 143 e 316-bis c.c., infatti, sussistono in capo ai coniugi precisi doveri di reciproca assistenza materiale (oltre che morale) e di contribuzione, ciascuno in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro extra o intra familiari. Ne consegue che la maggiore contribuzione in termini di denaro di uno dei coniugi alle spese familiari può essere assolutamente coerente con le richiamate disposizioni normative se, per scelta dei coniugi, la moglie non lavora perché dedicata alle incombenze domestiche ed alla cura dei figli, con un carico di lavoro che non le consente di svolgere un’attività lavorativa retribuita, così da compensare con il lavoro domestico quello svolto dal marito.
È quanto affermato dal Tribunale di Milano che, con la sentenza n. 3810 pubblicata il 10 maggio 2025, ha respinto il ricorso di un uomo che chiedeva alla moglie dalla quale si stava separando, la restituzione di 42 mila euro prelevati dal conto cointestato nell’arco di due anni.
Nello specifico il marito con atto di citazione aveva convenuto in giudizio la moglie chiedendo che venisse accertato che le somme presenti sul conto corrente in comune – pari a circa €68.000,00 – erano di sua esclusiva proprietà e per l’effetto, venisse dichiarato che la moglie aveva illegittimamente prelevato la somma di Euro 42.545,95 e quindi condannata alla restituzione di tale somma oltre alle spese di lite per non aver aderito alla negoziazione assistita.
L’uomo infatti, assumeva che le somme presenti su tale conto corrente erano di sua esclusiva proprietà, così da vincere la presunzione di comproprietà delle giacenze sul conto, essendo stato il conto alimentato quasi esclusivamente dal proprio reddito da lavoro e l’apporto economico della moglie si sarebbe limitato al versamento di modesti canoni di locazione ricavati da un immobile di sua proprietà.
Allegava inoltre che la scelta di gestire le spese familiari tramite un conto cointestato era stata dettata da mere ragioni pratiche di gestione familiare, senza che ciò implicasse un intento donativo a favore dell’ex coniuge e in ogni caso la moglie aveva prelevato somme per scopi personali ed estranei al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Si opponeva la moglie ritenendo tutte le domande proposte dal marito infondate in fatto e in diritto evidenziando che, per comune accordo, aveva rinunciato alla propria attività lavorativa per dedicarsi completamente alla gestione della casa e alla cura dei sette figli minori e che le somme prelevate dal conto comune erano state utilizzate esclusivamente per far fronte alle esigenze quotidiane dei figli anche in ragione del fatto che l’ex coniuge, a seguito della separazione, aveva sospeso ogni contributo economico a partire da marzo 2023 sino a luglio del medesimo anno, nonostante fosse a conoscenza della totale assenza di ogni altro reddito.
In via riconvenzionale, la donna chiedeva la condanna del marito per lite temeraria,
sottolineando la strumentalità dell’azione giudiziaria e il suo intento punitivo più che patrimoniale.
Alla luce delle dichiarazioni rese dai coniugi e dalla documentazione agli atti, il Tribunale di Milano accoglie le ragioni della donna ritenendo infondate le domande proposte dal marito per i motivi di seguito esposti.
In primo luogo, i Giudici milanesi osservavano che la cointestazione di un conto corrente attribuisce ai cointestatari, ex art, 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità delle somme giacenti sul conto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella
risultante dalla cointestazione stessa (Cass. Civ. n. 28772/2023, n. 4838/2021, n. 18777/2015).
A fronte della presunzione legale di solidarietà dei crediti oggetto di deposito su conto corrente cointestato prevista dalla norma richiamata e della presunzione legale di uguaglianza delle quote spettanti ai cointestatari del conto, ai sensi dell’art. 1298 ultimo comma c.c., il marito che ha chiesto la condanna della moglie alla restituzione di una somma superiore al 50% delle giacenze sul conto cointestato sul presupposto che tale somma fosse stata utilizzata per spese personali della stessa e non per esigenze familiari, aveva l’onere di dimostrare l’esclusiva titolarità delle somme giacenti sul conto corrente. Ma tale prova non è stata offerta.
L’uomo stesso ha riconosciuto che il conto corrente era alimentato, seppure in misura inferiore, anche dalla moglie che vi versava il canone di locazione percepito da un immobile di sua proprietà come dalla stessa dimostrato.
La diversa contribuzione alla formazione della provvista del conto corrente è dipesa, come allegato dalla donna, con affermazione non contestata dal marito, dalla scelta di indirizzo familiare compiuta di comune accordo dai coniugi di privilegiare l’attività lavorativa svolta dall’attore delegando integralmente alla moglie la gestione ordinaria e straordinaria degli incombenti domestici e familiari. La composizione del nucleo familiare, costituito da 7 figli minori, era evidentemente incompatibile con lo svolgimento da parte della madre di un’attività lavorativa retribuita.
Inoltre, è stato riconosciuto dallo stesso attore che il conto corrente era destinato alla soddisfazione delle esigenze familiari, come d’altra parte emergeva degli estratti conto che riportavano per gli anni 2022 e 2023 spese familiari (spese “liceo scientifico”, “supermercato UNES Cassano d’Adda”, “supermercato BILLA”, “farmacia caramelli SAS”, “macelleria equina”). Si trattava di prelievi e di pagamenti per piccole somme all’evidenza riferibili unicamente all’economia familiare. Sullo stesso conto risultavano anche accreditate somme versate dall’INPS a titolo di “assegno unico per 7 figli”.
A norma degli artt. 143 e 316-bis c.c., sussistono in capo ai coniugi precisi doveri di reciproca assistenza materiale (oltre che morale) e di contribuzione, ciascuno in proporzione alle rispettive sostanze e capacità. Dunque la maggiore contribuzione da parte del marito alle spese familiari è assolutamente coerente con le richiamate disposizioni normative e non giustifica la domanda di pagamento svolta in giudizio: l’uomo era l’unico a percepire un reddito da lavoro, essendo la moglie, per scelta dei coniugi, dedicata alle incombenze domestiche ed alla cura dei figli, con un carico di lavoro che non le consentiva di svolgere un’attività lavorativa retribuita, così da compensare con il lavoro domestico quello svolto dal coniuge.
Come è noto, la giurisprudenza costante ritiene che le spese effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c., che nella fattispecie traggono provvista in un conto cointestato, non determinano alcun diritto al rimborso (cfr. Cass. 28772/2023; 18749/2004
10942/2015; 10927/2018).
L’estratto del conto corrente sul quale sono confluiti i prelievi effettuati tramite bonifico dimostrano come, contrariamente all’assunto del marito, la donna, che si era separata dal marito a causa delle ripetute violenze subite, non aveva utilizzato tali somme per sue esigenze personali, bensì per spese strettamente familiari, in ragione delle difficoltà economiche in cui si è trovata a seguito della separazione, a fronte della mancata contribuzione da parte del marito alle spese di mantenimento dei figli ed essendo la stessa priva di reddito: l’uomo a marzo 2023 aveva cessato di versare il suo stipendio sul conto cointestato e di contribuire al mantenimento dei figli fino a luglio 2023. A settembre 2023 il giudice della separazione aveva ordinato all’uomo di versare alla convenuta, a titolo di contributo per il mantenimento dei 7 figli, la somma di euro 2.200,00 ed euro 400,00 in favore dell’ex coniuge, oltre a dovere versare il 100% delle spese
straordinarie relative alla prole. Dunque i prelievi effettuati dalla donna sul conto corrente cointestato per somme eccedenti il 50% delle giacenze sul conto corrente risultavano ampiamente giustificati e non danno diritto alla ripetizione di somma alcuna da parte dell’uomo.
Riassumendo: il marito non aveva assolto all’onere della prova necessario a superare la presunzione legale di cui all’art. 1298 cc, essendo stato, al contrario, dimostrato che il conto corrente era stato aperto dai coniugi congiuntamente e per i bisogni presenti e futuri dell’intera famiglia e che alla formazione della provvista non aveva contribuito in via esclusiva. Inoltre, incontestata l’esistenza di accordi di indirizzo familiare intervenuti tra i coniugi in base ai quali la moglie avrebbe rinunciato a svolgere un’attività lavorativa per dedicarsi integralmente ai bisogni della famiglia ed all’allevamento dei 7 figli, e dunque la donna dipendeva interamente dal marito per la sua sussistenza e quella dei figli.
Richiamati i precisi doveri coniugali di reciproca assistenza materiale (oltre che morale) e di contribuzione, il Tribunale di Milano respingeva tutte le domande proposte dal marito e lo condannava alle spese di lite che liquidava in euro 7.616,00 per compensi, oltre oneri di legge.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).