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L’assegno di mantenimento va ridotto se rappresenta metà dello stipendio del genitore obbligato.

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

Il contributo al mantenimento dei figli deve essere necessariamente parametrato alle reali e attuali possibilità economiche del genitore. Qualora l’importo fissato corrisponda a circa la metà dello stipendio percepito dal genitore obbligato, è necessario valutarne una riduzione. Considerando che entrambi i genitori sono tenuti a contribuire al sostentamento della prole, non è infatti plausibile ritenere che le necessità mensili dei figli siano equivalenti all’intero reddito di uno solo dei genitori.

Quanto sopra è stato disposto dalla recentissima Ordinanza n. 1928/2025 emessa dalla Corte di Cassazione in data 14 luglio 2025.

Il caso oggi in esame trae origine da un procedimento circa lo scioglimento del matrimonio avanti il Tribunale di Piacenza che nel 2023, con sentenza definitiva, disponeva l’affido condiviso della figlia minore della coppia, il collocamento della stessa presso la madre, delegava al servizio sociale di attivare ogni strumento opportuno nell’interesse della minore ai fini del recupero del rapporto con il padre nonché confermava a carico di quest’ultimo l’onere di contribuire al mantenimento della figlia tramite il versamento dell’importo mensile di € 600,00 oltre al 50% delle spese straordinarie, come da sentenza di separazione risalente al 2013.

L’uomo, non soddisfatto della pronuncia, ricorreva in appello contestando da un lato, l’affidamento congiunto della minore con residenza presso la madre in quanto disposto nonostante la protratta violazione da parte della ex moglie del diritto paterno a intrattenere frequentazioni costanti con la figlia e dall’altro, contestando il capo della sentenza con il quale era stato onerato di contribuire al mantenimento della figlia tramite il versamento della somma mensile di € 600,00 in quanto lesivo del principio di proporzionalità di cui all’articolo 337 cc atteso che da una corretta valutazione delle dichiarazioni dei redditi della ex moglie era lampante la sussistenza di una di lei posizione economica per più florida rispetto a quella dell’ex marito.

La Corte d’Appello, letto il ricorso, in riferimento alle richieste di modifica rispetto all’affido e al regime di visita, ritenendo condivisibili le statuizioni di primo grado asseriva che, visto anche il rifiuto della figlia ormai quasi maggiorenne di vedere il padre, ogni modifica dell’attuale regime sarebbe stata impossibile oltre che inopportuna.

In merito poi, all’assegno di mantenimento per la figlia, la Corte d’Appello riteneva da un lato, che fosse condivisibile il ragionamento del Tribunale che aveva evidenziato l’irrilevanza delle intervenute modifiche peggiorative dei redditi del padre, che per scelta aveva modificato il suo rapporto di lavoro all’interno dell’impresa familiare e dall’altro che fosse stato correttamente valorizzato il fatto che la minore viveva in via quasi esclusiva con la madre. Per tali ragioni, ritenendo assolutamente congruo l’assegno di mantenimento nella misura già disposta all’epoca della separazione e confermata nel procedimento di divorzio, la Corte d’Appello confermava interamente le statuizioni di primo grado.

L’uomo ricorreva pertanto, avanti la Corte di Cassazione lamentando la violazione dell’articolo 337 cc per inosservanza del principio di proporzionalità dallo stesso previsto con riferimento al contributo al mantenimento per i figli da prevedersi a carico dei genitori. Secondo il ricorrente non erano comprendibili i presupposti e le ragioni della affermata irrilevanza delle intervenute modifiche peggiorative della sua situazione, considerato che lo stesso non aveva dedotto modifiche in peggio della di lui condizione economica bensì il fatto di aver dismesso la qualità di socio per assumere quella di dipendente subordinato della società per la necessità di percepire una retribuzione fissa, rispetto a quella incerta riconnessa alla mera qualità di socio. In merito al principio di proporzionalità il ricorrente lamentava di percepire un assegno pari ad € 1.300,00 e che pertanto l’importo di € 600,00 non poteva che ritenersi eccessivo soprattutto se confrontato ai redditi più elevati della ex moglie. Il ricorrente in altre parole, asseriva che in presenza di retribuzione percepita dalla ex moglie pari al doppio rispetto alla propria, l’onere in capo a quest’ultimo di contribuire al mantenimento della figlia tramite il versamento mensile di € 600,00, considerato l’obbligo in capo alla madre di contribuire al mantenimento della figlia, non poteva che significare che il mantenimento della figlia comportava un ammontare di spesa addirittura superiore allo stipendio percepito dal padre.

La Corte di Cassazione, lette le argomentazioni dell’uomo, dichiarava fondato il motivo di gravame.

Evidenziando infatti, che salvo diversi accordi tra le parti, ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e che l’ammontare del contributo mensile deve essere stabilito dal giudice ai fini di realizzare il principio di proporzionalità – principio che nel caso di specie non era stato rispettato dalla Corte d’Appello che aveva, erroneamente, concentrato la propria decisione ritenendo irrilevanti le intervenute modifiche peggiorative dei redditi paterni in quanto a parer suo frutto di scelte unilaterali del ricorrente – cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa avanti il Giudice di secondo grado.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.