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L’ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE COMPRENDE L’ARREDAMENTO E NON VIENE MENO SE LA FIGLIA STUDIA FUORI SEDE

(A cura della Dottoressa Elisa Cazzaniga)

L’approfondimento odierno trae origine dalla decisione n. 16691/2024 con cui la Corte di Cassazione ha confermato che “l’assegnazione della casa familiare deve comprendere anche tutti gli arredi che contribuiscono a rappresentare l’habitat familiare” e non viene meno anche in caso di assenze giustificate dalla frequentazione universitaria fuori residenza, se permane un collegamento stabile del figlio con l’abitazione del genitore.

Nel caso di specie, all’interno di un procedimento per lo scioglimento degli effetti civili di un matrimonio, il Tribunale di Trieste riconosceva la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’assegno divorzile alla moglie, quantificato in € 1.200,00, e condannava il padre a contribuire al mantenimento dei figli maggiorenni ma non economicamente autosufficiente nella misura di € 2.000,00 per la figlia e di € 1.700,00 per il figlio. 

La Corte di Appello tuttavia, accogliendo il ricorso dell’ex marito, revocava il contributo al mantenimento del figlio in ragione della di lui raggiunta autosufficienza economica, revocava l’assegnazione della casa familiare in ragione della lontananza dalla casa familiare della figlia – studentessa fuorisede –, definiva “legislativamente non prevista” l’assegnazione degli arredi e infine, revocava l’assegno divorzile ritenendo la donna dotata di redditi adeguati al di lei sostentamento. 

L’ex moglie presentava ricorso per Cassazione con quattro motivi di impugnazione che venivano ritenuti tutti fondati. 

Con il primo ed il secondo motivo, la donna lamentava che la Corte di Appello triestina nel revocare il di lei assegno divorzile aveva male interpretato la nozione di “adeguati redditi”,configurandoli come la semplice e generica capacità di sostentarsi provvedendo ai “bisogni naturali e necessari”, e che la Corte aveva omesso di valutare il rilevante e provato contributo fornito dalla stessa alla carriera del marito. 

Gli Ermellini hanno trattato congiuntamente i due motivi e ribadito che nel valutare la sussistenza o meno dei requisiti per l’attribuzione dell’assegno divorzile ciò che conta è la possibilità di ricollegare lo squilibrio reddituale alla conduzione esclusiva o prevalente della vita familiare da parte del richiedente, tanto più quando sia provata anche la collaborazione diretta al raggiungimento degli obiettivi professionali del coniuge. Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha le doglianze della donna poiché la Corte di Appello aveva omesso sia la valutazione comparativa sia l’accertamento della riconducibilità dello squilibrio reddituale alle scelte di conduzione familiare.

Con il terzo motivo, la donna lamentava quanto affermato dal giudice di secondo grado in merito alla revoca dell’assegnazione della casa familiare precisando che gli arredi devono essere considerati parte integrante dell’habitat domestico tutelato ai sensi dell’art. 337 sexies c.c. Sul punto inoltre, la donna eccepiva che la Corte aveva omesso di considerare la non autosufficienza economica della figlia e aveva disatteso il principio secondo cui la convivenza con i figli ai fini dell’assegnazione non è messa in dubbio dal loro essere studenti fuori sede nel caso in cui la casa familiare rimanga il riferimento stabile cui fare sistematicamente ritorno. 

La Suprema Corte, trattando congiuntamente questi motivi, ha confermato che l’assegnazione della casa familiare ai sensi dell’art. 337 sexies c.c. si estende anche ai mobili e agli arredi poiché i figli – minori o maggiorenni non autosufficienti – hanno diritto a conservare l’habitat familiare in cui sono cresciuti composto delle mura, degli arredi, dei comfort e dei servizi che durante la convivenza hanno caratterizzato lo standard di vita familiare. 

In merito all’assegnazione della casa familiare la Corte di Cassazione ha inoltre, ribadito che il collegamento stabile con l’abitazione del genitore non viene meno per assenze giustificate dal percorso formativo purché la figlia vi faccia ritorno periodicamente e sia accertato che la casa familiare sia il luogo in cui è conservato l’habitat familiare. 

Per questo motivi dunque, gli Ermellini accoglievano il ricorso principale e cassavano la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Trieste che dovrà rivedere la propria decisione sia un punto assegnazione della casa familiare sia in punto assegno divorzile.

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