
L’addebito della separazione può essere pronunciato anche sulla base di indizi
(A cura dell’Avv. Maria Zaccara)
Con la recente Ordinanza n. 10021/2025 pubblicata in data 16 arile 2025 la Suprema Corte ha confermato che l’addebito della separazione a carico di uno dei coniugi può essere pronunciato anche sulla base di indizi purchè questi siano chiari precisi e concordanti. Anzi, il ricorso a elementi presuntivi è quasi un percorso probatorio obbligato per il giudice che è chiamato a stabilire la verità processuale in materia di rapporti familiari. Basta, poi, un solo episodio di percosse a far scattare l’addebito.
Il Caso di specie trae origine da un procedimento di separazione avanti il Tribunale di Pisa, intrapreso da un marito che lamentava una profonda crisi coniugale, riferiva che dall’unione matrimoniale non erano nati figli, che aveva in comproprietà con la moglie in pari quota un’unità immobiliare, che era disoccupato, privo di redditi e dipendente dall’aiuto economico del padre che faceva fronte anche alle sue minime necessità di vita.
Si costituiva la moglie chiedendo l’addebito della separazione al marito e un contributo al mantenimento.
Il Tribunale di Pisa dichiarava la separazione personale dei coniugi pronunciando l’addebito a carico del marito ritenendo che dalle risultanze di causa era emerso che la resistente aveva dovuto far ricorso anche a cure mediche, come riportato nella cartella clinica del Pronto Soccorso, e accertata la sussistenza di un divario reddituale tra le parti, prevedeva la corresponsione di un assegno di mantenimento in favore della moglie.
Il marito proponeva Appello, che veniva accolto parzialmente. La Corte di Appello di Firenze, infatti, revocava la dichiarazione di addebito della separazione precisando che:
a) Nelle risultanze istruttorie non vi erano elementi tali da confermare il giudizio operato dal Tribunale in punto addebito.
b) Era emersa solo l’esistenza di una profonda crisi coniugale, senza evidenza di relazioni extraconiugali del marito.
c) Le allegazioni delle parti non avevano fornito un quadro chiaro né delle presunte violazioni dei doveri coniugali (come le condotte violente del marito), né del contesto in cui la crisi era maturata. L’unico fatto certo era l’elevata conflittualità tra i coniugi, attribuita rispettivamente dall’appellante all’ingerenza della suocera convivente (non provata) e dalla convenuta alle presunte aggressioni del marito e alle sue relazioni extraconiugali. Tuttavia, nemmeno le lievi lesioni documentate nel certificato del Pronto Soccorso, né la denuncia archiviata in sede penale, erano state ritenute sufficienti per giustificare l’addebito.
d) La Corte aggiungeva agli elementi di incertezza anche la circostanza che la moglie non avesse mai lasciato la casa, pur denunciando violenze.
La moglie presentava ricorso per Cassazione.
Con il primo motivo lamentava che la Corte d’Appello non aveva valutato che, anche in assenza di prove dirette, la condotta violenta del coniuge poteva essere desunta anche da elementi indiziari chiari, precisi e concordanti.
La censura ripercorreva tutti gli esiti probatori del giudizio contestando punto per punto la valutazione svolta sugli stessi nel giudizio di appello dichiarando esplicitamente di non condividere le conclusioni raggiunte, ribadendo le conclusioni del Giudice di primo grado e invocando le statuizioni della Suprema Corte sulla rilevanza delle violenze subite ai fini della pronuncia di addebito.
Gli Ermellini osservano che la Corte di merito non aveva trascurato l’esame di una serie di atti e neppure di prove testimoniali, tuttavia, rilevano che la motivazione non teneva conto che la valutazione dei singoli fatti accertati andava condotta nel quadro complessivo degli esiti istruttori.
La sentenza impugnata non si era neppure uniformata al principio, più volte ribadito, secondo cui, in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risultiprovato anche un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona.
E’ stato, altresì, precisato che le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse- non solo la pronuncia di separazionepersonale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore anche a prescindere dagli effetti fisici gravi o meno delle stesse.
Inoltre, che in materia di rapporti familiari il ricorso a indizi può costituire quasi un percorso probatorio obbligato per il giudice al fine di pervenire alla verità processuale. Tra gli indizi va sicuramente annoverata la testimonianza de relato ex parte actoris e le relazioni dei Servizi sociali che possono concorrere a determinare ilconvincimento del giudice; è naturale che ciò si verifichi nelle ipotesi in cui la testimonianza attenga a comportamenti riservati delle parti, insuscettibili di percezione diretta dei testimoni.
Alla luce delle suddette motivazioni la Corte ha accolto il ricorso cassato la Sentenza e rinviato alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione.
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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.
Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.