LA NONNA ULTRANOVANTENNE PUO’ ADOTTARE CHI SI PRENDE CURA DI LEI
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
L’adozione di persone maggiorenni non persegue più e soltanto la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio ma è divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i legami consolidati nel tempo, accanto a quelli patrimoniali.
Questo il principio confermato dalla Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 29684/2024 emessa in data 19 novembre 2024.
Il caso oggi in esame trae origine da un ricorso depositato avanti il Tribunale di Asti con il quale una signora ultra novantenne vedova e senza figli, chiedeva di adottare colui che da tanti anni si prendeva quotidianamente cura di lei, riferendo di sentirlo vicino come fosse un nipote.
A fronte del diniego ricevuto dal Giudice di primo grado la nonnina non si dava per vinta e proponeva appello avanti la Corte di Torino evidenziando di essere di età superiore ai 90 anni, di superare di oltre 18 anni l’età dell’adottando, di essere orfana dei suoi genitori, di non avere discendenti legittimi o legittimati, di essere vedova nonché sottolineando il legame affettivo da sempre intercorso tra la sua famiglia e la famiglia dell’adottando ed in particolare con l’adottando stesso, soprattutto a decorrere dalla morte del marito, considerato alla stregua di un nipote.
Nonostante le argomentazioni della donna, anche i giudici di secondo grado confermavano la decisione emessa dal Tribunale di Asti affermando che non emergeva una storia personale o un contesto familiare tra adottante e adottando: al di là di un legame di amicizia, seppur protratto nel tempo, non risultavano provati momenti di vita di apprezzabile durata trascorsi insieme tra la ricorrente e l’uomo. Al contrario secondo i Giudici di secondo grado emergeva unicamente un ruolo di assistenza e di sostegno da parte dell’uomo che andava a trovare la ricorrente cinque o sei volte a settimane, descrivendo pertanto, un ruolo diverso da quello che la giurisprudenza richiedeva, secondo la Corte d’Appello, ossia che l’adottato maggiorenne sia inserito di fatto in un contesto familiare o para familiare dell’adottante.
Ricevuta la decisione dei giudici di secondo grado, la nonnina e il “nipote” ricorrevano avanti la Corte di Cassazione lamentando che la Corte d’Appello di Torino aveva sposato una funzione esclusivamente solidaristica dell’adozione di maggiorenne, senza tenere in considerazione la funzione patrimoniale dell’istituto, che i Giudici in ogni caso, avrebbero dovuto e potuto verificare che tutte le condizioni di legge erano state soddisfatte, e che comunque anche nell’ottica solidaristica ricorrevano sia lo stretto legame personale tra adottante e adottando sia l’inserimento dell’uomo nel contesto familiare della donna.
Letto il ricorso, la Corte di Cassazione ne sanciva la fondatezza.
Gli Ermellini infatti, evidenziavano che tutti i requisiti di legge risultavano integrati e che in ogni caso sussisteva un autentico rapporto, ultratrentennale, e quindi consolidatosi nel tempo, affettivo ed accuditivo, con una storia quotidiana di frequentazioni tra l’adottante e l’adottato che, pur non convivendo con la signora, si recava presso la di lei abitazione almeno cinque volte a settimana, provvedendo a curare tutti i rapporti con il medico curante dell’adottanda e con la badante di quest’ultima.
La Corte di Cassazione inoltre, ricordava una serie di recenti sentenze della Corte Costituzionale, tra cui la n. 5 del 18 gennaio 2024, con la quale era stata ribadita la linea evolutiva della stessa giurisprudenza in relazione alla mutata configurazione sociologica dell’adozione del maggiorenne, secondo la quale l’istituto si è aperto a funzioni diverse da quella primaria di procurare un figlio a chi non lo ha avuto. L’istituto dell’adozione del maggiorenne pertanto, oltre alla funzione tradizionale ereditaria, può essere utilizzato anche a formalizzare legami affettivo- solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell’identità dell’individuo.
Alla luce delle suddette argomentazioni, la Corte di Cassazione in accoglimento del ricorso cassava la sentenza impugnata e rimetteva la questione avanti la Corte d’Appello di Torino.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.