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La maternità surrogata diventa reato universale

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

Il 16 ottobre 2024, il Senato ha approvato in via definitiva, con 84 voti favorevoli, il disegno di legge che persegue penalmente il cittadino italiano autore del reato di maternità surrogata anche se commesso all’estero.

Si parla, infatti, di maternità surrogata come reato universale con ciò intendendo l’estensione della pretesa punitiva italiana anche oltre i confini nazionali in Paesi ove, invece, la pratica è lecita, consentita e regolamentata.

Ma partiamo con ordine.

Cos’è la maternità surrogata, o utero in affitto o gestazione per altri? È una particolare pratica di procreazione assistita attraverso la quale una donna (la gestante) si impegna a portare avanti una gravidanza per conto di una coppia c.d. “committente” e a consegnare, dopo il parto, il bambino a tale coppia rinunciando a ogni diritto sul nascituro e sul nato.

La gestazione può essere omologa ovvero eterologa a seconda che il materiale genetico sia della gestante, del partner maschile committente e/o della partner femminile committente.

I committenti possono essere single, ovvero una coppia eterosessuale ovvero dello stesso sesso.

Il patto di maternità surrogata può essere di tipo commerciale allorquando alla prestazione di portare a termine la gravidanza e consegnare il nato ai committenti corrisponde il pagamento di un corrispettivo in denaro. Oppure può esser di tipo solidaristico allorquando tra la donna gestante e la coppia committente vi è un rapporto tale per cui non è previsto alcun corrispettivo oneroso.

La maternità surrogata è consentita e regolamentata (a diverse condizioni e presupposti) negli Usa, in Canada, in Ucraina, in Georgia, in Grecia, nel Regno Unito, in Portogallo, nei Paesi Bassi, in Albania, in Kazakistan, in Armenia. In Italia il reato è previsto e punito dalla Legge 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” secondo la quale, all’art. 12, comma 6, “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.”

Il recente intervento normativo aggiunge un nuovo periodo alla fine del comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40/2004, per sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte poste in essere dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità, pure se commesse in territorio estero.

La formulazione della legge, tuttavia, non opera alcuna distinzione tra la maternità surrogata commerciale e solidaristica facendo intendere che tale pratica venga punita indistintamente sia nel caso in cui è previsto un corrispettivo economico che non.

Si ritiene, tuttavia, che vi sia una differenza importante tra le due situazioni. Alla base della estensione punitiva dello Stato vi è il profondo disvalore che il nostro ordinamento mostra nei riguardi di tale pratica, che offende profondamente la dignità della donna e finisce per commercializzare il corpo femminile.

Ebbene, sorge il dubbio che tale valutazione si possa fare anche nel caso in cui una donna mette a disposizione il proprio utero per una coppia che non può avere figli naturalmente per solidarietà, amicizia, affetto.

E ancora, la categoria del reato universale non esiste giuridicamente.

Tale espressione viene comunemente utilizzata per i reati più gravi, crimini di diritto internazionale, rispetto ai quali le autorità giurisdizionali interne puniscono gli autori di reato indipendentemente dal luogo dove sono stati commessi o dalla nazionalità degli autori o delle vittime.

Non si può non concordare che questi reati si differenziano profondamente da quello di maternità surrogata che, si ripete, è invece all’estero (e anche in Europa) ammessa e normata. E si differenziano, del resto, anche con riferimento alla stessa pena comminata che, nel caso di surrogazione di maternità, è di massimo 2 anni di reclusione.

Ma al di là dei profili dubbi di legittimità costituzionale della legge stessa, la domanda da porsi è sempre una e riguarda il superiore interesse di quei bambini che, proprio con tale tecnica, sono nati e arrivano nel nostro paese con due genitori, committenti, che per il paese ove tale pratica è stata effettuata sono genitori a tutti gli effetti di quei bambini.

Il caso è questo. La coppia committente dopo aver concluso nel paese straniero il contratto di maternità surrogata con la clinica e la donna gestante diventano genitori dei bambini nati. All’estero si forma il certificato di nascita in cui – lecitamente secondo la legge del luogo – i committenti sono indicati come genitori biologici dei bambini. Una volta giunti in Italia, i genitori chiedono la trascrizione di tale atto presso i registri dello stato civile ma l’ufficiale, che evidentemente sospetta che quei bambini siano nati da una pratica vietata, respinge la richiesta e fa partire una segnalazione al Tribunale per i Minorenni.

Ebbene si apre un procedimento non solo per verificare la sussistenza di un legame biologico tra i presunti genitori e i minori, ma anche un giudizio volto a valutare la idoneità genitoriale di quella coppia e, con il nuovo intervento, un procedimento penale a carico dei genitori committenti per aver commesso il reato all’estero.

Quale il diritto e la sorte di questi bambini? Sul punto la nostra Corte di Cassazione si era già espressa: la Cass. SS. UU. n. 38162 del 30 dicembre 2022 ha confermato che i bambini nati all’estero attraverso il ricorso alla maternità surrogata potranno ricevere tutela, ed essere inseriti nel nucleo familiare del genitore d’intenzione, tramite l’adozione in casi particolari, non essendo automaticamente trascrivibile il loro atto di nascita formato all’ estero, che attribuisca la maternità o la paternità al genitore d’intenzione. Le Sezioni Unite affermano, infatti, che “l’accordo con il quale una donna si impegna ad attuare e a portare a termine una gravidanza per conto di terzi, rinunciando preventivamente a “reclamare diritti” sul bambino che nascerà, non ha cittadinanza nel nostro ordinamento. Tale pratica è vietata in assoluto… poiché la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane.”.

Staremo a vedere, dunque, se la Corte Costituzionale in sede di rinvio decreterà o meno la legittimità costituzionale del nuovo intervento legislativo.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.