Il consenso prestato da una persona innamorata, ma ubriaca, è valido?
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema del consenso ad atti sessuali in presenza di uno stato di alterazione psicofisica, dovuta all’assunzione di bevande alcoliche (Cass. 32031/25).
La persona offesa – che aveva un debole per l’imputato – nel corso di una serata aveva assunto diverse bevande alcoliche, indotta dall’imputato in concorso con altri. Tale assunzione aveva provocato uno stato di marcata ubriachezza.
La stessa sosteneva che lo stato di ubriachezza fosse tale da non consentirle di esprimere un consenso esplicito, che mai avrebbe dato in quel contesto. In buona sostanza, si trovava in una condizione psicofisica in cui, pur avendo a tratti coscienza e percezione di quanto le stesse accadendo, non era in grado di reagire e di manifestare una volontaria opposizione ad atti che oltretutto, in stato di normalità psicofisica, non avrebbe mai compiuto.
Il GUP aveva ritenuto sussistente e provata la violenza sessuale, e, in particolare, l’ipotesi dell’abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica (art. 609-bis, comma 2, n. 1 c.p.), condannando gli imputati.
La Corte d’Appello aveva invece assolto gli imputati, riformando la condanna di primo grado, valorizzando il rapporto sentimentale tra uno degli imputati e la vittima, la coscienza parziale di quest’ultima durante i fatti e alcuni messaggi inviati nei giorni successivi che avrebbero dimostrato il consenso.
Infatti, la vittima ricordava parte della serata, indice di coscienza. Inoltre, la relazione affettiva e i messaggi successivi dimostravano la disponibilità ad avere rapporti sessuali: non era quindi stato provato il dissenso, né l’impossibilità di autodeterminarsi.
La Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, censurando l’impostazione della Corte territoriale.
La Suprema Corte chiarisce che coscienza e volontà non sono concetti sovrapponibili: gli atti sessuali sono stati ricordati dalla parte offesa che “è stata in grado di fissare nella memoria la successione degli eventi con una certa capacità di orientarsi nel tempo e nello spazio”.
Secondo la Cassazione ciò attiene allo stato di coscienza della parte offesa e non anche alla capacità di determinarsi e di manifestare un consapevole assenso.
La Corte di Appello ha utilizzato le dichiarazioni della parte offesa, sulla base di un’erronea ricostruzione (ponendo in essere il cd. travisamento delle risultanze probatorie), andando ben oltre quanto dalla stessa dedotto in ordine alla ricostruzione dei fatti: ha tratto il proprio convincimento non solo in ordine alla – non provata nel frangente – capacità di autodeterminazione sessuale, ma, addirittura, al presumibile consenso che la giovane avrebbe prestato ove non avesse bevuto, dalla lettura della messaggistica postuma rispetto ai fatti (invero attestante, soltanto, la disponibilità della adolescente ad un rapporto sentimentale con l’imputato).
La Cassazione stronca il sillogismo della Corte territoriale (non sostenibile quando si tratti di persone minori e adolescenti) secondo cui possa ricavarsi presunzione di consenso quando sussiste – o comincia a delinearsi – un interesse di una persona verso l’altra, per ragioni essenzialmente affettive, col risultato di presumere il consenso al compimento di atti sessuali, anche in situazioni ove la volontà risulti alterata o condizionata, non essendo necessario che sia espresso un consenso chiaro e univoco all’atto sessuale, potendolo l’altra parte desumere dall’eventuale affinità relazionale.
Nel caso sottoposto alla Suprema Corte la vittima, pur ricordando frammenti della serata, non era in grado – per l’evidente stato di alterazione – di prestare un consenso libero e informato. Pertanto, il consenso manifestato in condizioni di alterazione alcolica è da ritenersi viziato ab origine, poiché manca la piena consapevolezza.
La Cassazione ribadisce che l’art. 609-bis c.p. tutela la libertà sessuale non solo contro la coartazione fisica, ma anche contro l’abuso di situazioni di minorata difesa. E non è possibile fondare l’esistenza del consenso sulla relazione affettiva pregressa, né su messaggi inviati in un momento diverso.
A proposito dei messaggi, la Cassazione ricorda che erano stati mandati subito dopo il fatto e nei giorni successivi quando la ragazza, inizialmente quasi costretta per l’iniziativa dei genitori di sporgere querela, viveva sensi di colpa e aveva ancora vivo il sentimento affettivo verso l’imputato, rispetto al quale forse confidava che potesse ancora nascere una vera storia sentimentale.
Pertanto, non è corretto desumere il consenso a compiere atti sessuali in chi abbia in precedenza manifestato un interesse sentimentale e relazionale verso una persona.
Il consenso deve essere attuale, esplicito e revocabile anche durante l’atto: rapporti passati o condotte successive non hanno alcun rilievo scriminante.
La pronuncia analizzata si inserisce nel solco di un orientamento ormai consolidato: il consenso non può essere presunto, né “ricostruito” sulla base di rapporti pregressi. Inoltre, la condizione di alterazione alcolica configura una situazione di vulnerabilità che annulla la capacità di autodeterminarsi.
Il principio di autodeterminazione sessuale è essenziale e ogni deroga al requisito del consenso libero e informato rappresenta una violazione della libertà personale costituzionalmente tutelata.
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Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.








