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I neomaggiorenni, i figli adulti ed il principio di autosufficienza economica. 

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara)

La situazione dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti va valutata in concreto e nell’attualità alla luce del principio di autoresponsabilità, tenendo dell’età e del percorso formativo (che sia terminato o in corso di esecuzione) della loro situazione personale e familiare, della loro personalità, delle comprovate attitudini, aspirazioni  e attuali esigenze, ai sensi dell’art. 337 ter, comma 4, c.c. che hanno la massima rilevanza quando si tratta di giovani che hanno da poco raggiunto la maggiore età.

Queste le indicazioni della Cassazione date nella recente Ordinanza n. 24391/2024 pubblicata in data 11 settembre 2024 con la quale gli Ermellini sono tornati ad affrontare il tema dell’obbligo del contributo al mantenimento dei figli maggiorenni con specifico riferimento al concetto di autosufficienza economica.

Il caso di specie trae origine dal decreto della Corte d’Appello di Trento che aveva accolto il reclamo di un padre revocando l’obbligo di mantenimento nei confronti delle due figlie maggiorenni.

I Giudici di merito avevano motivato la decisione ritenendo che le figlie non avevano dimostrato sufficiente impegno nel loro percorso formativo e lavorativo, rendendo non più giustificato l’obbligo di mantenimento da parte del padre.

Nello specifico, la Corte aveva rilevato che la figlia maggiore, a due anni dal diploma, si era iscritta a vari corsi universitari in Germania, ma senza aver dato alcun esame rilevante. La secondogenita, invece, pur avendo completato la scuola professionale con un ritardo di tre anni, aveva iniziato a lavorare come apprendista, conseguendo un proprio reddito, seppur modesto.

In entrambi i casi mancava la prova dell’impegno e del successo nello svolgimento del percorso formativo/professionale e, pertanto la Corte aveva ritenuto non più motivato l’obbligo di mantenimento in capo al padre. 

Avverso la suddetta decisione la madre proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi.

Con il primo motivo la madre lamentava che l’obbligo di mantenimento dovrebbe essere valutato caso per caso, tenendo conto delle circostanze personali, come l’impegno scolastico e le difficoltà incontrate. La Corte aveva erroneamente richiesto una prova rigida e assoluta dell’impegno, senza considerare aspetti come la personalità delle figlie.

Con il secondo motivo la madre lamentava che la Corte d’Appello non aveva adeguatamente considerato documenti e prove riguardanti l’iscrizione della primogenita a vari corsi nonchè i suoi problemi di salute (anoressia nervosa), così come la difficoltà per gli studenti durante la pandemia. Inoltre, la Corte non aveva valutato correttamente il reddito da apprendistato dell’altra figlia, che era insufficiente a renderla economicamente autosufficiente.

La Cassazione ha accolto i primi due motivi di ricorso.

Nelle motivazioni gli Ermellini evidenziano come in tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro. Di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento. Al contrario, per il “figlio adulto” in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa. In tale ottica, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda di revoca, sono integrati dall’età del figlio – destinata a rilevare in un rapporto diproporzionalità inversa per il quale, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento e dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio, oltre che dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro.

Ovviamente, tale accertamento deve essere effettuato in concreto.

Il disposto dell’art. 337 ter, comma 4, c.c., si applica, infatti anche al mantenimento del figlio maggiorenne e, nella parte in cui enuncia il principio di proporzionalità, ai fini della determinazione dell’assegno periodico, pone quale primo criterio, esterno alle condizioni reddituali e patrimoniali dei genitori, «le attualiesigenze del figlio».

Ai sensi dell’art. 337 septies c.c., poi, il giudice, «valutate le circostanze», può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico.

Tali «circostanze» impongono di valutare in concreto e nell’attualità della situazione dei figli maggiorenni non economicamente autosufficiente, alla luce del principio di autoresponsabilità sopra indicato, ove l’età e il percorso formativo del figlio (che sia terminato o in corso di esecuzione) assumono rilievo fondamentale, ma non asettico, dovendosi, infatti sempretenere conto della loro situazione personale e familiare, della loro personalità, delle comprovate attitudini e aspirazioni – proprio alla luce delle loro attuali esigenze, ai sensi dell’art. 337 ter, comma 4, c.c. – che hanno la massima rilevanza quando si tratta di giovani che hanno da poco raggiunto la maggiore età e vanno via via lasciando il posto al principio di autoresponsabilità con il passare del tempo.

Nel valutare tali circostanze, assumono rilievo tutti gli elementi di prova suscettibili di essere impiegati, comprese le presunzioni, che dimostrino la situazione concreta ed attuale dei figli (e dei genitori) al momento della decisione.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello non aveva effettuato una valutazione in concreto e nell’attualità, poiché non aveva tenuto in considerazione la giovane età delle ragazze che, al momento in cui era stato instaurato il giudizio di merito, avevano da poco raggiunto la maggiore età ed avevano comunque deciso di impegnarsi negli studi, né aveva tenuto conto della loro effettiva e attuale loro situazione personale ed economica.

Con riferimento alla maggiore la Corte d’appello aveva dato rilievo al fatto che al momento della decisione del Tribunale, la ragazza aveva svolto un solo esame peraltro, poco importante, e aveva cambiato Università, ma non aveva esaminato quantoofferto alla decisione in sede di reclamo dalla madre, in ordine agli esami poi sostenuti dalla giovane una volta effettuato il cambiamento.

Anche con riguardo alla percezione di reddito da attività lavorativa da parte della secondogenita, che pure aveva avuto difficoltà nel proseguire regolarmente gli studi, la Corte si erasoffermata a stigmatizzare la lentezza con cui la giovane avevaseguito il percorso formativo (verosimilmente quando era ancora minorenne), aggiungendo, poi, che la stessa aveva cominciato a svolgere attività lavorativa, senza valutare tale attività in rapporto alla sua formazione e alla possibilità o meno di considerare, perciò solo, la ragazza autosufficiente.

Alla luce delle suddette motivazioni, pertanto, il ricorso è stato accolto e il decreto impugnato cassato e rinviato alla Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, in diversa composizione. 

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.