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Figli e mantenimento: fino a che età si è obbligati?

(a cura dell’Avv. Angela Brancati)

Una tra le prime domande che ci vengono poste durante il primo incontro conoscitivo con il cliente è relativa al contributo al mantenimento da versare in favore del figlio, ai criteri per determinarlo e infine alla temporaneità o meno dell’obbligo.

Se, infatti, è principio consolidato che ogni genitore abbia il dovere fin dalla nascita del figlio oltre di educarlo, istruirlo, assisterlo moralmente anche di mantenerlo in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo, sorge spontaneo chiedersi se l’obbligo del mantenimento possa cessare con il raggiungimento della maggiore età di ogni figlio. Può, in altre parole, il genitore esimersi dal mantenere il figlio anche laddove questi raggiunta la maggiore età non abbia maturato un’autosufficienza economica?

Attorno al tema si è sviluppata un’ormai granitica giurisprudenza che ha sancito il principio secondo cui l’obbligo di mantenere i figli per ogni genitore non cessa in automatico con il raggiungimento della maggiore età ma si protrae fino a quando gli stessi non raggiungono un’indipendenza tale da renderli autonomi e in grado di provvedere ai loro bisogni personali.

Ma cosa accade se il figlio non riesce a raggiungere la cd. autosufficienza economica in tempi congrui? Di tale questione sono oggigiorno investiti i Giudici tanto di merito quanto di legittimità, i quali si trovano a dirimere controversie relative alle temporaneità dell’obbligo del mantenimento a favore del figlio. Le Corti tentano, infatti, di risolvere questioni vertenti su circostanze particolari in cui per esempio i figli dopo aver raggiunto la maggior età e rifiutandosi di intraprendere il percorso universitario, non si adoperino abbastanza per la ricerca di un lavoro, ovvero terminati gli studi anche universitari i figli non riescano concretamente a trovare un’occupazione lavorativa stabile, ma solo contratti a tempo determinato o stage.

Da ultimo il Tribunale di Bologna lo scorso 5 marzo ha revocato l’assegno di mantenimento per un figlio maggiorenne che non ha dimostrato di non essere autonomo per ragioni allo stesso non attribuibili.

La vicenda traeva origine da un divorzio in cui la moglie chiedeva, tra le altre, che il Giudice disponesse a carico del padre il contributo al mantenimento a favore del figlio maggiorenne ma non autosufficiente.

Il Tribunale, rifacendosi all’orientamento giurisprudenziale e ormai unanime in materia, sosteneva che raggiunta la maggiore età fosse onere del Giudice investito della questione valutare le circostanze del caso concreto ai fini della previsione di un obbligo al mantenimento in capo ai genitori. L’analisi compiuta dal Giudice doveva, in altre parole, condursi avuto riguardo alla valutazione di una raggiunta indipendenza economica o meno del figlio maggiorenne. Sottolinea il Tribunale che l’autosufficienza si raggiunge ogniqualvolta il figlio, terminati gli studi inizi a percepire una retribuzione idonea che gli consenta e garantisca un’esistenza dignitosa e un personale sostentamento. Dall’altra parte, si aggiunge, tuttavia come non possa aprioristicamente escludersi che il raggiungimento della maggiore età conduca al raggiungimento dell’indipendenza economica dovendosi guardare anche al contesto socio-economico e culturale in cui si sviluppa la personalità del singolo.

Invero, il Tribunale di Bologna sostiene che “con il raggiungimento di un’età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un’occupazione) costituisce un indicatore forte d’inerzia colpevole”.

Il figlio che intenda, pertanto, continuare a godere del mantenimento versato da parte dei genitori dovrà provare che la mancata indipendenza economica deriva da circostanze a lui non addebitabili tra le quali si possono annoverare: condizioni di minorazione o debolezza delle capacità personali, la prosecuzione e lo svolgimento di un iter universitario che risponda ad un progetto di aspirazione e sviluppo personale, un lasso di tempo ragionevolmente breve tra la fine del percorso scolastico/universitario e la ricerca effettiva di un lavoro e infine la mancanza di una qualsiasi occupazione lavorativa nonostante ogni tentativo poi vano di ricerca.

Nel caso di specie, si è potuto assistere alla revoca del contributo al mantenimento fino ad allora versato a favore del figlio maggiorenne ma non autosufficiente per aver lo stesso lavorato saltuariamente nell’ultimo triennio e per non essersi adoperato successivamente nel reperimento di un’attività lavorativa.  

Author Profile

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.