Escluso l’assegno di divorzio se tra i coniugi vi sono state attribuzioni economiche che hanno riequilibrato le rispettive condizioni economiche
(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)
“In tema di definizione giudiziale della crisi coniugale, per l’attribuzione dell’assegno divorzile richiesto in funzione perequativo-compensativa, il giudice deve valutare se nel corso della vita matrimoniale siano stati negoziati accordi coniugali recanti attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, così da aver operato un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, oppure se, al momento del divorzio, permanga ancora un significativo divario patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio, o meno, di uno di essi durante la vita coniugale, potendosi infatti giustificare – solo nel primo caso – l’attribuzione dell’assegno divorzile”.
Questo il principio di diritto formulato dalla Prima Sezione civile della Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21111 pubblicata il 29 luglio 2024 in tema di assegno divorzile, funzione perequativa-compensativa, accordi tra coniugi di natura economica.
Questo è il caso di una moglie che, durante la lunga convivenza matrimoniale, aveva molto collaborato alle vicende professionali del marito contribuendo al di lui successo economico. A seguito della intervenuta separazione personale, i coniugi sottoscrivevano un accordo mediante il quale dividevano le società nelle quali lavoravano, prevedevano a favore della moglie un conguaglio di €106.000,00 e la donna dichiarava di non aver soddisfatto ogni pretesa economica.
Il Tribunale di Pordenone, successivamente interessato al giudizio di divorzio, pronunciava sentenza con cui, dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riconosceva in favore della donna un assegno divorzile di €1100,00 mensili.
L’ex marito ricorreva in appello contestando la decisione di riconoscere in favore della donna l’assegno divorzile. La Corte d’Appello di Trieste, tuttavia, a seguito di CTU contabile e di accertamento a mezzo della Guardia di Finanza, respingeva l’impugnazione proposta.
A detta dei giudici, infatti, era stato provato che la moglie avesse collaborato con il marito in una lunga vicenda familiare e lavorativa. A ciò si aggiungeva anche la circostanza che una volta terminata la convivenza alla moglie era stato riconosciuto il lavoro svolto con la divisione delle società e la dazione di una cospicua somma di denaro, come si evinceva dall’accordo transattivo firmato dalle parti.
La Corte di Cassazione, adita dall’uomo, rileva che l’assegno divorzile deve essere adeguato sia a compensare il coniuge più debole economicamente del sacrificio supportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali per contribuire ai bisogni della famiglia sia ad assicurare, in funzione perequativa, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge. Il giudice, infatti, deve accertare che ci sia una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo e, poi, verificare se tale disparità sia dipendente dalle scelte relative alla vita familiare adottate e condivise durante il matrimonio.
Lo squilibrio presente al divorzio deve, dunque, essere l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari.
L’accertamento a cui è chiamato il giudice deve tener conto anche di eventuali attribuzioni o introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente l’assegno e realizzato l’esigenza perequativa. Nel caso in esame il giudice non aveva quindi correttamente applicato i principi di diritto in materia.
Infatti, quando nel corso della vita matrimoniale siano stati raggiunti accordi tra coniugi che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, per riequilibrare le rispettive condizioni, occorre tenere conto delle stesse e accertare se, al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due tale da giustificare un assegno divorzile.
Qui, il giudice non ha verificato se nonostante la donna avesse ricevuto la somma di €106.000,00 prima del procedimento di divorzio avesse visto la sua condizione economica riequilibrata rispetto a quella del marito, non avendo verificato se quanto ottenuto in sede di transazione avesse già svolto quella funzione riequilibratrice, che altrimenti avrebbe dovuto esser demandata all’assegno di divorzio.
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Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.
Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.
È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.