Assegno di divorzio all’ex moglie anche se ha ricevuto una cospicua eredità
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
Con la recentissima ordinanza pubblicata il 5 ottobre 2022 n. 28906/2022la Corte di Cassazione ha stabilito che il coniuge debole ha diritto a continuare a ricevere l’assegno di divorzio nonostante la ricezione di una cospicua eredità. Al limite, l’assegno di divorzio può essere ridotto ma non certamente revocato.
La pronuncia oggi in esame viene emessa dagli Ermellini a seguito di una lunga vicenda processuale iniziata avanti il tribunale di Roma a seguito del deposito di un ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio presentato da un marito per ottenere l’eliminazione del proprio obbligo di versamento dell’assegno di divorzio alla ex moglie ovvero la riduzione del contributo stesso e l’imposizione alla ex dell’obbligo di contribuire al mantenimento della loro figlia. Il Tribunale di Roma, in accoglimento parziale delle domande del marito, disponeva unicamente la riduzione dell’assegno divorzile, rigettando ogni altra richiesta presentata.
Avverso la pronuncia di primo grado proponeva reclamo la ex moglie chiedendo l’aumento del proprio assegno di divorzio e contestualmente l’ex marito depositava reclamo incidentale con il quale l’uomo riproponeva le medesime domande avanzate in primo grado. La Corte d’Appello di Roma – considerato che la situazione reddituale della signora non aveva subito alcuna variazione; che in riferimento alla situazione economica patrimoniale della signora, non aveva alcuna incidenza, al fine della commisurazione dell’assegno divorzile, l’incrementamento del patrimonio a seguito della vendita di un immobile, né la percezione del 40% del TFR del marito e nemmeno il fatto che la signora fosse proprietaria di un immobile; che i benefici patrimoniali conseguiti dalla ex moglie a seguito dell’apertura dell’eredità materna giustificavano solo la riduzione dell’assegno di divorzio – accoglieva il reclamo presentato dalla signora rideterminando l’importo dell’assegno di divorzio e rigettava integralmente quanto richiesto dall’ex marito.
Avverso la pronuncia di secondo grado l’uomo ricorreva in Cassazione lamentando il fatto che la Corte d’Appello, nel rideterminare l’importo dell’assegno, non aveva tenuto conto dei criteri fissati dal recente orientamento giurisprudenziale secondo cui l’assegno divorzile ha natura assistenziale, compensativa e perequativa e per l’effetto dei quali il giudice avrebbe dovuto fondare il giudizio sulla valutazione e comparazione della situazione patrimoniale complessiva degli ex coniugi nonché tenendo conto del contributo fornito dalla ex moglie alla realizzazione del patrimonio comune e alla conduzione della vita familiare. Secondo il ricorrente infatti, qualora il giudice avesse tenuto conto di tali criteri avrebbe sicuramente revocato interamente l’assegno di divorzio in quanto la signora era titolare di un patrimonio che le consentiva di condurre una vita più che dignitosa.
La Corte di Cassazione tuttavia, proprio in applicazione dei criteri fissati dalla nuova giurisprudenza, rigettava interamente il ricorso presentato dall’uomo.
Secondo la Corte infatti, la natura perquativa compensativa dell’assegno di divorzio, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi poi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Secondo il parametro composito – assistenziale perequativo compensativo – occorre quindi verificare, in primo luogo, se il divorzio abbia prodotto, alla luce dell’esame comparativo delle condizioni economico patrimoniali delle parti, uno squilibrio effettivo e di non modesta entità. Solo ove tale disparità sia accertata, è necessario verificare se sia casualmente riconducibile in via esclusiva o prevalente alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli dei componenti la coppia coniugata, al sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi.
Considerata quindi, la natura dell’assegno divorzile nonché considerato che dalla valutazione effettuata dai giudici di primo e secondo grado era emerso che le condizioni economiche patrimoniali degli ex coniugi non avevano subito variazioni e che la ricezione di un’eredità poteva solo essere considerata ai fini della riduzione dell’assegno ma non certamente ai fine della revoca dello stesso, secondo la Corte di Cassazione, il Giudice di secondo grado aveva correttamente proceduto alla sola riduzione dell’importo dell’assegno di divorzio, confermando quindi il diritto in capo alla signora di continuare a percepirlo.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.