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ASSEGNO DI DIVORZIO ALLA MOGLIE CHE HA RINUNCIATO ALLA PROPRIA PROFESSIONALITA’

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Ai fini pertanto, del diritto all’assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non è attribuito rilievo specifico alle motivazioni delle rinunce professionali per la dedizione alla famiglia. A tal fine quindi, non è richiesto che la rinuncia da parte dell’ex coniuge sia espressamente motivata in funzione dell’impegno per la famiglia, essendo sufficiente che vi sia il rapporto causale tra tale rinuncia e l’impegno familiare, che la scelta sia condivisa tra i coniugi e che, grazie ad essa, il patrimonio comune o dell’altro coniuge si sia incrementato in ragione della dedizione esclusiva al lavoro del coniuge, indipendentemente dalle motivazioni che hanno indotto alla stessa scelta.

Questo il principio confermato dalla Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza pubblicata in data 8 luglio 2024 n. 18506/2024.

È infatti, principio ormai consolidato a livello giurisprudenziale che l’assegno di divorzio ha natura assistenziale, compensativa e perequativa. Per il riconoscimento dell’assegno divorzile, si deve adottare pertanto un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale. I parametri su cui fondare l’entità del mantenimento consistono, pertanto, nella durata del matrimonio, nelle potenzialità reddituali future, nell’età di chi ne fa richiesta nonché nella sussistenza o meno di una specializzazione professionale.

Il caso oggi in esame trae origine avanti il Tribunale di Lodi chiamato a pronunciarsi sul divorzio di una coppia di coniugi. A seguito della pronuncia della sentenza non definitiva, nell’agosto del 2021 il Tribunale emetteva sentenza definitiva e, tra le altre cose, poneva a carico dell’ex marito l’obbligo di versare alla ex moglie la somma di € 800,00 mensili a titolo di assegno divorzile. In particolare il Tribunale evidenziava come tale importo fosse giustificato dalla durata del matrimonio di oltre 14 anni, dalla stabile occupazione lavorativa della ex moglie, dall’età della stessa e dall’apporto da lei fornito durante la vita matrimoniale alla famiglia e dalla sua rinuncia alla propria professionalità specifica per dedicarsi alla cura delle figlie. 

L’uomo, non soddisfatto della decisione di primo grado, ricorreva in appello chiedendo la revoca dell’assegno divorzile e adducendo che tale importo non assolveva né alla funzione assistenziale, né a quella perequativa- compensativa in quanto la ex moglie, a parere dell’ex marito, non aveva sacrificato alcuna professionalità specifica in nome di un condiviso disegno familiare.

La Corte territoriale, in parziale modifica della decisione impugnata, confermava il diritto della signora a percepire un assegno divorzile tuttavia riduceva l’importo mensile ad € 600,00. Dalla documentazione infatti, risultava un significativo squilibrio economico-patrimoniale tra le parti nonché era emerso pacificamente che l’uomo nel corso del matrimonio aveva potuto dedicarsi pienamente alle sue attività lavorative che ne avevano accresciuto il patrimonio personale, grazie all’aiuto della moglie che si era invece dedicata alla cura dei figli. Dalla CTU espletata in primo grado era emerso poi, che l’ex marito si era dedicato al lavoro anche nei fine settimana con anche trasferte fuori sede mentre la madre si era sempre impegnata per l’accudimento delle due figlie.

L’uomo, ricevuta la decisione di secondo grado, ricorreva avanti la Corte di Cassazione lamentando tra le altre cose, l’erronea valutazione del giudice di secondo grado delle risultanze della CTU nonché l’assenza dei presupposti necessari per la sussistenza del diritto della ex moglie a percepire l’assegno divorzile in quanto la signora, a detta dell’ex marito, non aveva dovuto rinunciare ad alcuna opportunità professionale e pertanto, non aveva subito alcun pregiudizio dal matrimonio.

La Suprema Corte, lette le argomentazioni del ricorrente, dichiarava il ricorso inammissibile.

Gli Ermellini infatti, ripercorrendo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, ricordavano che la funzione dell’assegno divorzile, nello specifico quella perequativa-compensativa, presuppone la rinuncia da parte del coniuge più debole della propria professionalità, ossia la rinuncia di opportunità lavorative o di crescita professionale al fine di dedicarsi alla cura della famiglia. Per la sussistenza di tale diritto sono quindi, irrilevanti le motivazioni che hanno portato alle suddette rinunce in quanto è sufficiente che tale decisione sia stata condivisa o comunque accettata dall’altro coniuge. Alla luce di quanto sopra nonché considerato che la sentenza di secondo grado era adeguatamente motivata in punto rinuncia della ex moglie ad occasioni lavorative, provata tra l’altro anche dalla stessa CTU, la Corte confermava interamente quanto statuito dal giudice di secondo grado confermando pertanto, il diritto in capo all’ex moglie di ricevere un assegno divorzile.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.