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ADOZIONE PIENA E RESCISSIONE DI OGNI RAPPORTO QUANDO L’IMMATURITA’ DEI GENITORI NON PERMETTE LA TUTELA DEI FIGLI.

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

Il Giudice deve dichiarare lo stato di adottabilità di un minore ex art. 8 legge 184/83 con rescissione di ogni rapporto con i genitori biologici quando questi ultimi sono così immaturi da non riuscire a comprendere le esigenze ed i bisogni del figlio ed il mantenimento dei legami sarebbe confusivo per lo sviluppo del minore.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 12032 emessa in data 7 maggio 2025.

Il caso oggi in esame trae origine da una sentenza emessa dal Tribunale per i Minorenni di Roma nel luglio 2024 con la quale era stato dichiarato lo stato di adottabilità di un minore con divieto di ogni contatto tra quest’ultimo e tutti i familiari. I genitori del bambino ricorrevano quindi avanti la Corte d’Appello di Roma che tuttavia confermava quanto stabilito dal giudice di primo grado, confermando anche il collocamento del minore in Casa Famiglia nell’attesa dell’individuazione di una coppia di genitori idonea all’adozione. 

In particolare i giudici di secondo grado evidenziavano come il Tribunale fosse arrivato ad una tale decisione ponendo alla base della sentenza gli accertamenti di un CTU oltre alle osservazioni degli operatori che avevano evidenziato lo stato di abbandono del minore in quanto i genitori erano risultati privi delle minime competenze genitoriali. Il padre infatti, era risultato con un funzionamento psicologico caratterizzato da una povertà cognitiva e da necessità di tipo infantile con conseguente incapacità di comprende i bisogni del figlio. Il collocamento comunitario del minore, senza la madre, aveva poi confermato la scarsa relazione tra il minore ed entrambi i genitori – a decorrere infatti, dal di lui inserimento lo stesso non aveva manifestato particolare empatia nei confronti dei genitori – ed infine,  i percorsi da ultimo intrapresi dai genitori non consentivano di esprimere una prognosi favorevole rispetto al recupero delle loro funzioni genitoriali e, in ogni caso, ove pure tale recupero fosse stato ipotizzabile, lo stesso sarebbe stato sicuramente incompatibile con i tempi evolutivi del figlio.

A fronte di tutto quanto sopra, la Corte d’Appello rigettava i gravami dei genitori osservando che oltre alle difficoltà dei genitori e l’irrecuperabilità delle competenze genitoriali nei tempi adeguati rispetto allo sviluppo del figlio, quest’ultimo non mostrava un legame di attaccamento verso i due genitori. Dal punto di vista psicologico, contrariamente a quanto richiesto dal Procuratore che aveva avanzato domanda di ripresa dei rapporti con entrambi i genitori, la Corte evidenziava come, stante il non significativo legame, non si ravvisava l’interesse del minore a mantenere un rapporto con la famiglia di origine in quanto per il bambino sarebbe risultato troppo difficile e confusivo sviluppare e saper gestire nel contempo il legame con la famiglia adottiva e quello con i genitori biologici. 

Il padre, preso atto della decisione di secondo grado, ricorreva avanti la Corte di Cassazione lamentando la nullità della sentenza per apparente motivazione e, senza però chiedere la revoca dello stato di adottabilità, lamentava la violazione del disposto dell’art. 44 lett.d) l. 184/83 non avendo la Corte vagliato la possibilità di ricorso ad adozione mite. 

La Corte, letto il ricorso dell’uomo lo dichiarava infondato e lo rigettava in relazione all’asserita nullità della sentenza gli Ermellini evidenziavano come la sentenza dei giudici di secondo grado non potesse considerarsi meramente apparente in quanto esplicitava le ragioni della decisione.

In relazione invece all’asserita violazione dell’articolo 44 lett. d) l. 184/83 gli Ermellini ricordavano al ricorrente che il caso di specie verteva in ambito di procedimento per la dichiarazione di adottabilità e la Corte d’Appello, ritenuti sussistenti lo stato di abbandono del minore, stante l’incapacità dei genitori e la necessità di interrompere il legame fra questi ultimi ed il bambino, all’esito di un’attenta valutazione, aveva escluso, alla luce dei principi di diritto ormai consolidati, che vi fosse la possibilità per una adozione in casi particolari, come richiesto dall’appellante. Gli Ermellini evidenziavano infatti, che accertato lo stato di abbandono morale e materiale del minore, non è possibile disporre l’adozione in casi particolari il cui istituto prevede come presupposto l’assenza della condizione di abbandono del minore.

La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso e confermando la decisione dei giudici di merito, coglie però l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di diritto minorile.   

Innanzitutto, viene ribadito con forza il diritto del minore a crescere ed essere educato all’interno della propria famiglia. Questo principio, sancito dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, implica che l’intervento dei pubblici poteri deve essere prioritariamente orientato a sostenere la famiglia in difficoltà, al fine di evitare l’allontanamento del minore.   

In secondo luogo, la Cassazione sottolinea come l’adozione, sia nella forma “piena” che in quella “particolare”, debba rappresentare l’extrema ratio. Ciò significa che il giudice è chiamato a valutare con estrema attenzione tutte le possibili alternative prima di dichiarare lo stato di adottabilità del minore, verificando la sussistenza di un effettivo stato di abbandono e l’irreversibilità della situazione di difficoltà familiare.   

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di dichiarare lo stato di adottabilità del minore, in considerazione della grave inadeguatezza genitoriale e dell’assenza di prospettive di recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con le esigenze di crescita del bambino.   

Tuttavia, la Corte ha anche richiamato la necessità di valutare la possibilità di un’adozione “mite” (art. 44 L. 184/83), ovvero un’adozione aperta, pur realizzando l’inserimento del minore in una nuova famiglia, consente di mantenere alcuni legami con la famiglia d’origine. Questo tipo di adozione può rappresentare una soluzione preferibile in situazioni in cui, pur sussistendo uno stato di abbandono, non è opportuno recidere completamente i legami del minore con le proprie radici.   

Ma nel caso di specie, all’esito di un percorso psicologico di ascolto e approfondimento del vissuto del piccolo, il mantenimento di rapporti con il padre sarebbe risultato pregiudizievole per il bambino, in quanto gli incontri con il padre, non richiesti dal bambino, “costituirebbero soltanto un fattore di importante destabilizzazione del minore”.

In conclusione, la sentenza della Cassazione in esame si pone nel solco della giurisprudenza consolidata in materia di diritto minorile, ribadendo il primato del diritto del minore alla crescita in famiglia e la natura di extrema ratio dell’adozione. Allo stesso tempo, la Corte invita a considerare con maggiore attenzione la possibilità di ricorrere a tipologie di adozione anche di tipo giurisprudenziale, come l’adozione “mite”, come strumento per tutelare al meglio l’interesse del minore, preservando, ove possibile, la sua identità e le sue relazioni affettive.   

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.