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La modifica delle condizioni di divorzio stabilite con accordo di negoziazione assistita

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara )

Con la recente Ordinanza n. 19388/2024 del 15 luglio 2024 la Suprema Corte di Cassazione, in tema di modifica delle condizioni di divorzio stabilite in sede di negoziazione assistita, ha espresso il seguente principio: “In tema di regime economico in favore della prole, in conseguenza della crisi familiare, la misura del contributo per il mantenimento dei figli minorenni, determinata in seno alla convenzione di negoziazione assistita per la soluzione consensuale del divorzio, ai sensi dell’art. d.l. n. 132 del 2014, conv. con modif. in l. n. 162 del 2014, è suscettibile di essere modificata, ai sensi dell’art. 337-quinquies c.c., in presenza degli stessi presupposti previsti per il caso in cui l’assegno sia stato determinato in sede giurisdizionale, poiché l’accordo produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. È, dunque, necessario l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori e anche dell’idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale, realizzato con la convenzione attributiva del menzionato assegno.”

Il caso in esame riguardava il deposito contestuale di due separati ricorsi con i quali due ex coniugi chiedevano la modifica delle condizioni di divorzio concordate in sede di negoziazione assistita nel giugno del 2019. 

Entrambi i ricorrenti chiedevano l’adozione di provvedimenti ex art. 709 ter c.p.c., proponendo anche istanze urgenti in merito al calendario di visita delle minori al padre, oltre che alla revisione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento.

I suddetti ricorsi venivano poi riuniti.

Il Tribunale di Bologna disponeva CTU sulle capacità genitoriali e, con decreto del novembre 2021, in parziale modifica delle condizioni di divorzio, regolamentava in modo differente il calendario di visita secondo quanto proposto dalla CTU, ammoniva la ex moglie ai sensi dell’art. 709 ter cpc e respingeva ogni ulteriore domanda. 

La ex moglie, allora, proponeva reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Bologna lamentando, per quanto d’interesse, l’illegittimo rigetto della domanda di aumento del contributo paterno per le figlie.

I Giudici di merito dichiaravano il ricorso inammissibile poiché ritenevano che le parti avevano liberamente concordato la misura e le modalità del mantenimento della prole in sede di negoziazione assistita, aggiungendo che l’eventuale inadempimento poteva essere sanzionato accedendo a procedure esecutive e non con la richiesta di aumento del contributo.

Veniva, altresì, evidenziato come la ex moglie non aveva provato significative modifiche reddituali dell’ex marito, limitandosi ad evidenziare la sproporzione reddituale tra le parti, circostanza che però era già nota e soprattutto era già stata considerata al momento del raggiungimento dell’accordo. 

Avverso tale decisione la ex moglie proponeva ricorso per Cassazione e, tra i vari motivi, lamentava la violazione dell’articolo 337 ter cc, non avendo la Corte d’Appello modificato l’ammontare del contributo paterno al mantenimento delle figlie. 

Secondo la ex moglie il Giudice avrebbe dovuto adottare d’ufficio i provvedimenti modificativi delle statuizioni circa il mantenimento a prescindere dagli accordi raggiunti dalla coppia, essendo chiamato a tutelare le esigenze delle minori. 

La Suprema Corte, nelle motivazioni, evidenzia come il contributo al mantenimento delle minori era stato concordemente individuato dai genitori in sede di negoziazione assistita e in tale ambito l’equilibrio tra l’autonomia privata e la tutela delle situazioni soggettive meritevoli di protezione è garantito dalla previsione dell’intervento del Procuratore della Repubblica, al quale deve essere trasmesso l’accordo per l’emissione dell’autorizzazione o del nulla osta.

Pertanto, il Giudice, chiamato a pronunciarsi in merito alla revisione delle condizioni di mantenimento della prole stabilite con accordo di negoziazione assistita, non può effettuare una nuova e autonoma valutazione dei presupposti dell’entità dell’assegno di mantenimento, né può prendere in esame fatti anteriori la definitività dell’accordo stesso, dovendosi limitare a verificare se e in quale misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato la situazione, adeguando l’importo alla nuova situazione patrimoniale. 

Alla luce delle suddette motivazioni, pertanto, la Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ex moglie alle spese.

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.