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Il giudice della separazione deve rispettare la Convenzione di Istanbul per evitare la vittimizzazione secondaria

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

Il Tribunale di Pesaro dichiarava la separazione dei coniugi rigettando le reciproche domande di addebito e disponendo l’affidamento della figlia minore in via condivisa tra i genitori. Avverso tale sentenza, proponeva gravame alla Corte d’Appello la donna chiedendo l’addebito al marito della separazione, l’affido in via esclusiva a sé della figlia e divieto di visite paterne viste le allegazioni di violenza, con sospensione del padre dall’esercizio della responsabilità genitoriale.

La Corte d’Appello affidava la minore all’ente incaricando i Servizi di procedere anche con colloqui congiunti tra genitori.

La ricorrente impugnava tale pronuncia in Cassazione rilevando, per quanto qui interessa, che i giudici di merito non avessero considerato i gravi fatti dalla stessa dedotti in primo grado sulle violenze domestiche subite durante la convivenza. La donna lamentava la violazione della Convenzione di Istanbul per avere i giudici respinto la domanda di affido esclusivo della figlia a sé e per aver previsto l’espletamento di un percorso congiunto delle parti in vista dell’avvio delle visite protette della minore da parte del padre posto che per la Convenzione di Istanbul le parti contraenti si sono impegnati ad adottare le necessarie misure legislative o di altro tipo per vietare la mediazione, la conciliazione in relazione a tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione.

Il nostro legislatore ha l’obbligo di rispettare le norme contenute negli accordi internazionali. Il giudice ha il compito di interpretare e applicare la legge interna in modo conforme alla disposizione internazionale. L’Italia ha sottoscritto la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata ad Istambul l’11 maggio 2011 e ratificata dall’Italia con l. 77/2013.

L’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per aver violato il diritto al rispetto alla vita privata e familiare (art. 8 CEDU) delle donne vittime di violenza per aver di fatto imposto il c.d. diritto alla bigenitorialità del minore anche in caso di violenza domestica. L’Italia è stata anche oggetto di censura da parte del GREVIO, il Gruppo di esperti indipendenti sul rispetto e l’applicazione della Convenzione di Istanbul.

E proprio sulla scia di tali condanne, la Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022) ha introdotto specifiche disposizioni processuali per la trattazione di processi in materia di persone, minori e famiglie in cui siano allegate condotte di violenza domestica e di genere, prevedendo un iter accelerato (art. 473 bis n. 40 c.p.c. e seguenti) e richiedendo una maggior interazione tra magistratura civile e penale.

Il tutto secondo il principio che qui si può riassumere: un marito violento non è un buon padre.

I giudizi c.d. separativi, infatti, sono i luoghi privilegiati per l’emersione della violenza domestica ed è necessario che le istituzioni, comprese i servizi sociali e i giudici, non commettano una seconda violenza rispetto a quella primaria che la donna ha subito dal partner. La Convenzione di Istanbul, infatti, prevede che il giudice nel determinare il diritto di visita e le modalità di esercizio del diritto di visita stesso debba tenere in debita considerazione gli episodi di violenza domestica (art. 31 Conv. Istanbul) sia a tutela della sicurezza e della integrità psicofisica della madre e dei minori ma anche per evitare la c.d. vittimizzazione secondaria della donna che ha subito violenza.

Così, la Riforma Cartabia ha previsto, ad esempio, che le parti vengano sentite separatamente in modo da evitare che la vittima e il maltrattante si trovino l’uno accanto all’altra davanti al giudice.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, nella pronuncia 11631/20214 ha affermato che nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale, in presenza di allegazione di fatti di violenza, il giudice è tenuto a valutare la compatibilità delle misure adottate col rischio che, nel caso concreto, si verifichino situazione di vittimizzazione secondaria. Tale valutazione deve essere fatta quando il giudice ritiene di disporre colloqui congiunti dei genitori coi Servizi al fine di evitare una interazione tra i coniugi che può essere foriera di nuovi episodi di violenza anche solo psicologica che la Convenzione mira ad evitare. 

Nel caso di specie, infatti, la sentenza impugnata aveva previsto colloqui congiunti dei genitori coi Servizi senza che fosse stata esclusa la effettiva esistenza delle condotte di violenza e senza che fosse stata valutata la compatibilità della misura adottata con il fine di evitare la vittimizzazione secondaria della donna maltrattata.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.