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Riconosciuto un assegno divorzile all’insegnante in presenza di un rilevante squilibrio reddituale con l’ex coniuge.

(A cura dell’Avv. Angela Brancati)

La vicenda portata all’attenzione della Corte di Cassazione che ha dato vita alla pronuncia n. 35434/2023 prende le mosse da una sentenza del giudice di primo grado di Lamezia Terme poi impugnata dinanzi la Corte d’Appello di Catanzaro avente ad oggetto la determinazione dell’assegno divorzile.

In particolare, il Tribunale di Lamezia Terme nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio aveva disposto quanto alle condizioni economiche, un assegno divorzile a favore della ex moglie pari ad €600,00 ed un contributo al mantenimento per il figlio di €1.000,00, oltre al 50% delle spese straordinarie.

Avverso tale sentenza proponeva impugnazione l’ex marito quanto alla parte relativa alla determinazione dell’assegno divorzile dinanzi la Corte d’Appello di Catanzaro, che analizzando la vicenda confermava le statuizioni del giudice di prime cure.

La Corte territoriale, infatti, nel respingere tanto il gravame principale del marito quanto quello incidentale della moglie, riteneva al pari del Tribunale sussistente un importante divario reddituale e patrimoniale tra le parti. Così come accertato nel corso del giudizio di primo grado la donna, insegnante, presentava un reddito medio annuo lordo oscillante tra i €35.000,00 e gli €38.000,00, mentre l’uomo, ginecologo e titolare di un centro di medicina della riproduzione, dichiarava di percepire un reddito annuo lordo di €99.0000,00 oltre che risultare proprietario di diversi immobili.

Tale disparità, sostenevano i giudici, era derivata dalla circostanza che la moglie in costanza di matrimonio si era dedicata maggiormente alla cura della famiglia e del figlio, permettendo al marito di poter svolgere la di lui attività in maniera pressoché assorbente. La stessa moglie, invero, aveva dichiarato che la scelta dell’insegnamento era dipesa ai tempi del matrimonio per consentirle di dedicarsi alla famiglia e alla casa, contribuendo sia con il proprio lavoro di madre e moglie, sia con il proprio lavoro da insegnante alla formazione del patrimonio personale e comune dei coniugi, così facilitando il marito all’espletamento della di lui attività imprenditoriale totalizzante.

Anche avverso la suddetta pronuncia proponeva ricorso per Cassazione l’ex marito affidandosi a cinque differenti motivi, lamentando in primis la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, legge divorzile, in ordine alla sussistenza dei requisiti volti al riconoscimento dell’assegno divorzile nonostante l’assenza di alcun sacrificio da parte dell’ex coniuge da compensare e riequilibrare.

Sempre il ricorrente lamentava altresì come il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avessero errato nel non considerare anche gli altri introiti percepiti dalla ex moglie e derivanti dall’attività artistica dalla stessa espletata, attività che dimostrava ampia capacità lavorativa, tale da parificare le posizioni degli ex coniugi.

La Corte di Cassazione considerava le censure sollevare dal ricorrente tutte infondate.

L’art. 5 comma 6 della legge 898/1970 nel tempo oggetto di modifiche ha oggi individuato gli indicatori che il giudice di merito è chiamato a tenere in considerazione dapprima per il riconoscimento del diritto a percepire l’assegno divorzile e poi per la determinazione del quantum. Ai fini del riconoscimento dell’assegno i Tribunali dovranno inoltre tenere in considerazione che la funzione assistenziale, compensativa e perequativa, spiegata dall’assegno divorzile non dovrà essere finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, oggi superato, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo offerto dal coniuge richiedente ed economicamente più debole alla famiglia e alla creazione del patrimonio comune e personale dell’altro coniuge.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite già intervenuta sul punto nel 2018 aveva chiarito a tal riguardo che la disparità reddituale tra i coniugi avrebbe acquisito rilevanza ai fini del riconoscimento laddove la stessa fosse stata determinata “dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare”.

Considerata la lettura dell’art. 5 comma 6 della legge divorzile in maniera evolutiva e sulla scorta delle interpretazioni che via via si sono susseguite e che hanno esplicitato la natura oggi sottesa all’assegno, la Corte di Cassazione riteneva che il giudice di secondo grado nel caso di specie avesse ben applicato i principi di diritto, affermando che pur essendo la ex moglie in grado di provvedere al proprio sostentamento avendo la stessa sufficienti ed adeguati mezzi per provvedervi, a fronte dell’accertata disparità reddituale creatasi con la fine del matrimonio, la stessa avesse comunque diritto a ricevere un assegno divorzile alla luce di una appurata “organizzazione familiare che ha permesso al marito di dedicarsi al lavoro, occupandosi la moglie della casa e del figlio”. La Corte di Cassazione aggiungeva poi che a nulla rilevava, come invece riferito dal ricorrente, che la posizione patrimoniale degli ex coniugi si fosse già formata e consolidata ancor prima dell’unione matrimoniale, poiché la natura perequativo-compensativa dell’assegno tendendo a riequilibrare il divario reddituale creatosi all’indomani della fine del matrimonio, guarda ai sacrifici compiuti dal coniuge più debole a favore delle esigenze familiari.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.