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STATO DI ABBANDONO DEL MINORE ANCHE SE I NONNI NE CHIEDONO L’AFFIDAMENTO 

Con l’ordinanza n. 2948 del 6 febbraio 2025 la Corte di Cassazione è tornata ad approfondire i presupposti della dichiarazione di adottabilità del minore evidenziando come non sia sufficiente la presenza e la disponibilità dei nonni ad occuparsi del nipote per escludere la situazione di abbandono.

Gli Ermellini, infatti, hanno ribadito che “la situazione di abbandono è configurabile non solo nei casi di materiale abbandono del minore, ma ogniqualvolta si accerti l’inadeguatezza dei genitori naturali a garantirgli il normale sviluppo psico-fisico, così da far considerare la rescissione del legame familiare come strumento adatto ad evitare al minore un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva, dovendosi considerare “situazione di abbandono”, oltre al rifiuto intenzionale e irrevocabile dell’adempimento dei doveri genitoriali, anche una situazione di fatto obiettiva del minore, che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il suo sano sviluppo psico-fisico, per il non transitorio difetto di quell’assistenza materiale e morale necessaria a tal fine”. 

Con la medesima pronuncia gli Ermellini hanno ribadito anche che “lo stato di abbandono dei minori non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità”.

La vicenda traeva origine dal ricorso presentato nel mese di novembre 2020 dal Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo in cui veniva chiesta la declaratoria dello stato di adattabilità di un minore. 

All’esito dell’istruttoria, svoltasi nel contraddittorio tra i genitori, la curatrice speciale, la nonna e gli zii materni del minore, nel mese di gennaio 2022 il Tribunale per i Minorenni territorialmente competente dichiarava lo stato di adattabilità del minore, sospendeva la responsabilità genitoriale dei genitori, nominava un tutore provvisorio, disponeva l’interruzione dei rapporti con la famiglia di origine e il collocamento etero-familiare.

I genitori appellavano la decisione di primo grado chiedendo alla Corte di Appello palermitana la revoca della sospensione dalla responsabilità genitoriale e la ripresa dei rapporti con il figlio, in subordine l’affido etero-familiare del bambino ovvero, in ulteriore subordine, che venisse disposta l’adozione del minore ai sensi dell’art. 44 comma 1 lett. d) L. 184/1983 (cd. adozione mite) al fine di evitare la definitiva interruzione dei rapporti del minore con la famiglia di origine. 

Il tutore si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello, mentre la nonna materna proponeva  appello incidentale chiedendo la revoca dello stato di adattabilità e l’affido del nipote.  

Nel mese di novembre 2022, la Corte di Appello di Palermo rigettava entrambi gli appelli proposti e avverso tale decisione i genitori proponevano ricorso per Cassazione per i seguenti motivi. 

I genitori denunciavano l’errata valutazione della Corte di Appello circa la sussistenza dello stato di abbandono, l’omessa considerazione del percorso evolutivo e di presa di coscienze effettuato tanto dal padre quanto dalla madre, l’errata esclusione della possibilità di ricorrere alla cd adozione mite stante l’asserita mancanza di necessità di salvaguardare la relazione tra bambino e nucleo di origine, poiché non si era consolidato alcun legame tra quest’ultima e il minore. 

La Corte di Cassazione trattava congiuntamente i tre motivi di ricorso e li riteneva infondati. 

In primo luogo gli Ermellini evidenziavano che i giudici di secondo grado avevano ampiamente motivato, con espliciti riferimenti fattuali, le ragioni che avevano portato a dichiarare lo stato di abbandono del minore (mancata effettuazione delle vaccinazioni e delle visite periodiche dal pediatra, ambiente estremamente carente sul piano igienico, segni di malnutrizione e di ipotonia muscolare, rifiuto materno al ricovero in comunità mamma-bambino) e che i genitori, invece, chiedevano un riesame delle circostanze fattuali che avevano portato alla decisione inammissibile in sede di legittimità, stante l’assenza di qualsivoglia violazione delle norme che disciplinano la materia. 

La Corte di Cassazione riepilogava dunque i principi cardini che i giudici di merito sono tenuti a seguire nel valutare la sussistenza o meno dello stato di abbandono morale e materiale. 

La dichiarazione di adattabilità di un minore, ricordavano i giudici di legittimità, è “extrema ratio” che si fonda sull’accertamento irreversibile della non ricuperabilità della capacità genitoriale in presenza di gravi fatti indicativi dello stato di abbandono morale e materiale da provarsi in concreto. Al contempo, il prioritario diritto del minore a crescere nella propria famiglia di origine, anche allargata, deve essere contemperato con le effettive capacità di recupero e recupero dei genitori con previsione anche di percorsi di supporto alla genitorialità.  Al fine di operare questo bilanciamento, gli Ermellini ribadivano che il giudice deve: “verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero dei genitori, sia con riferimento alle condizioni economico-abitative, senza però che l’attività lavorativa svolta e il reddito percepito assumano valenza discriminatoria, sia con riferimento alle condizioni psichiche, queste ultime da valutare, se del caso, con una indagine peritale; b) estendere tale verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, anche se, allo stato, mancanti (come nel caso in cui il minore sia collocato in casa famiglia o presso una famiglia affidataria); c) ove necessario, avvalersi di un mediatore culturale, non al fine di colmare deficit linguistici, ma di elidere la distanza tra modelli culturali familiari molto differenti, che, se non superata, osta ad un’adeguata valutazione della capacità genitoriale”. Con particolare riferimento alle figure vicarianti di cui alla lettera b), gli Ermellini evidenziavano che la sola manifestazione di disponibilità a prendersi cura dei minori da parte di parenti entro il quarto grado non può automaticamente escludere lo stato di abbandono, soprattutto se non sussistono rapporti significativi tra questi parenti e i bambini. 

Rispetto, infine, alla cd. adozione mite, la Corte di Cassazione affermava che l’adozione di cui all’art. 44 comma 1 lett. d) L. 184/1983 può costituire un istituto idoneo a non recidere totalmente il rapporto tra minore e famiglia di origine, solo qualora ne sussistano i presupposti e sia nell’interesse del bambino. 
Approfonditi dunque, i principi generali in materia di adozione, rispetto al primo e al secondo motivo di impugnazione, gli Ermellini affermavano che la Corte di Appello di Palermo aveva adeguatamente valorizzato e valutato sia le condizioni di grave deprivazione fisica e morale del bambino sia le provate carenze nelle capacità accuditive dimostrate dai genitori e il comportamento non collaborativo tenuto da tutti i familiari durante lo svolgimento del procedimento di primo e secondo grado. 

Con riferimento, invece, al terzo motivo di impugnazione la Corte di Cassazione evidenziava che i ricorrenti non avevano contestato l’assenza di un preesistente legame affettivo tra loro e il bambino, nonché presupposto necessario per ricorrere alla figura dell’adozione mite, bensì la mancata attivazione di occasioni di incontro che avrebbero potuto far sorgere questo legame. Inoltre, gli Ermellini evidenziavano che dalle difese di parte con riferimento all’allentamento del minore dalla famiglia a soli tre mesi di vita dimostrava la mancata acquisizione di qualsivoglia consapevolezza circa la grave condizione di degrado fisico, abitativo e morale in cui il neonato versava e che aveva reso necessario l’intervento a tutela del bambino. 

Alla luce dunque, di tutto quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso confermando, di conseguenza, la declaratoria di adattabilità pronunciata dal Tribunale per i Minorenni di Palermo e successivamente confermata anche dalla Corte di Appello. 

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