Il genitore non può chiedere il mantenimento per il figlio maggiorenne che studia e lavora all’estero.
(A cura dell’Avv. Maria Zaccara)
Il genitore non è legittimato attivamente a richiedere l’aumento del contributo al mantenimento del figlio maggiorenne che vive ormai stabilmente all’estero anche se per motivi di studio (Tribunale di Rimini, Sentenza n.999/2024, pubblicata in data 11.11.2024).
Decorsi sei mesi dalla separazione, un uomo – padre di un ragazzo maggiorenne che per studio si era nel frattempo trasferito all’estero per intraprendere il percorso universitario – chiedeva alla moglie di voler procedere con il divorzio alle medesime condizioni della separazione. A fronte del di lei diniego, depositava ricorso avanti il Tribunale di Rimini al fine di chiedere la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio con riconferma delle economiche condizioni della separazione, anche in punto di contributo al mantenimento per il figlio e richiesta che fosse stabilito anche a carico della moglie l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio all’estero tramite il versamento della medesima somma da lui corrisposta.
Costituitasi nel procedimento, la moglie chiedeva di aumentare il contributo al mantenimento che il padre versava per il figlio senza porsi il problema del di lui trasferimento all’estero, della rarità dei suoi ritorni in Italia e della circostanza che il ragazzo avesse anche trovato un lavoro part-time e si opponeva alla richiesta di versamento di pari somma al figlio, eccependo che il suo contributo alle esigenze del figlio avveniva da sempre anche in mancanza di una specifica statuizione del Giudice.
All’udienza di comparizione dei coniugi, l’uomo eccepiva l’inammissibilità della domanda della moglie di aumento del mantenimento per difetto di legittimazione attiva nonché la mancanza della costituzione del figlio nel procedimento ed insisteva per l’ordine di versamento del contributo al mantenimento anche a carico della madre.
Nelle more del procedimento l’uomo si ammalava e per tale motivo chiedeva la riduzione della somma a proprio carico anche perché era venuto a conoscenza che il figlio aveva trovato un lavoro part-time.
Il Tribunale, dopo tre anni di procedimento, emetteva la Sentenza sancendo la mancanza di legittimazione attiva in capo alla donna in punto richiesta di aumento del mantenimento del figlio e obbligando entrambi i genitori a versare al figlio maggiorenne la medesima somma di contribuzione al di lui mantenimento oltre alla metà delle spese straordinarie.
I Giudici, infatti, ricordavano che la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell’azione e si estrinseca nella titolarità in capo all’attore della situazione giuridica che viene fatta valere in giudizio. In giudizio possono essere fatti valere soltanto quei diritti che si affermano come diritti propri e la cui titolarità passiva si afferma in capo a colui contro il quale si propone la domanda. Il difetto di titolarità comporta l’inammissibilità della relativa domanda.
In tema di mantenimento dei figli, il genitore separato (o divorziato), al quale il figlio sia stato affidato durante la minore età, continua, pur dopo che questi sia divenuto maggiorenne, ma non sia ancora economicamente autosufficiente, ad essere legittimato iure proprio, in assenza di un’autonoma richiesta da parte dello stesso, a richiedere all’altro genitore tanto il rimborso, pro quota, delle spese già sostenute per il mantenimento del figlio, quanto il versamento di un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento. Inoltre, la legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne concorre con la diversa legittimazione del figlio, che trova invece fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento, sicché i problemi determinati dalla coesistenza di entrambe le legittimazioni si risolvono sulla base dei principi dettati in tema di solidarietà attiva.
Con particolare riferimento alla legittimazione ad agire del genitore in caso di figlio residente all’estero per motivi di studio, la giurisprudenza di Cassazione ha affermato che in materia di separazione dei coniugi, la legittimazione iure proprio del genitore a richiedere l’aumento dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non ancora autosufficiente economicamente, che non abbia formulato autonoma richiesta giudiziale, sussiste anche quando costui si allontani per motivi di studio dalla casa genitoriale, qualora detto luogo rimanga in concreto un punto di riferimento stabile al quale fare sistematico ritorno e sempre che il genitore anzidetto sia quello che, pur in assenza di coabitazione abituale o prevalente, provveda materialmente alle esigenze del figlio, anticipando ogni esborso necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio (Cassazione civile, sez. I, 31.12.2020, n. 29977). Con la medesima pronuncia, la Cassazione ha proseguito affermando che il genitore collocatario del figlio studente fuori sede ha diritto a richiedere un aumento dell’assegno di mantenimento a carico dell’altro genitore, per far fronte all’aumento delle spese sostenute per gli studi universitari del ragazzo. Sulla legittimazione della richiesta e sull’entità dell’importo non ha alcuna rilevanza la cessata coabitazione e la sporadicità dei rientri a casa, se il figlio fa comunque riferimento al genitore per reperire le risorse necessarie per soddisfare le sue esigenze. A precisarlo è la Cassazione, secondo la quale la coabitazione non è elemento determinante e la sua cessazione non fa venir meno l’esigenza di mantenimento del figlio. Per la Suprema Corte, infatti, i rientri saltuari a casa non comportano un mutamento negli assetti familiari, né il venir meno di un legame con il genitore, il quale resta “la figura di riferimento per il corrente sostentamento del figlio”, provvedendo “materialmente alle sue esigenze”.
Il medesimo orientamento è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di merito che ha evidenziato che il genitore ha legittimazione iure proprio alla richiesta di assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne non ancora economicamente autosufficiente, che non abbia formulato autonoma richiesta giudiziale, anche quando questi si allontani per motivi di studio dalla casa genitoriale, qualora detto luogo rimanga un punto di riferimento stabile al quale fare ritorno e sempre che il genitore richiedente sia quello che provveda materialmente alle esigenze del figlio, anticipando ogni esborso necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio (Tribunale Venezia, sez. II, 06.07.2023, n. 1194).
Nel caso di specie, è stato accertato che il ragazzo vive ormai stabilmente in Olanda ed è stato escluso che la casa familiare costituisca un punto di riferimento stabile per lo stesso, dal momento che non è stato dimostrato che il ragazzo faccia ritorni sistematici presso la residenza della madre, come previsto dalla Corte di Cassazione, la quale ritiene che i rientri devono essere regolari.
Inoltre, il ragazzo, dopo la laurea triennale, ha continuato il suo percorso di studi in Olanda, iscrivendosi a un master, confermando così che il suo centro di vita si è ormai stabilito lì.
Difetta, pertanto, la legittimazione ad agire della madre per chiedere l’aumento dell’assegno di mantenimento in favore del figlio, in quanto tale situazione giuridica può essere esercitata in via esclusiva dal figlio, che ha spostato il suo centro di interessi in Olanda ed è quindi diventato titolare esclusivo del diritto a chiedere l’aumento del mantenimento previsto in suo favore. Il mancato intervento del ragazzo nel procedimento e il difetto di legittimazione ad agire in capo alla parte resistente per chiedere l’aumento dell’assegno comportano, pertanto, l’inammissibilità di tale domanda.
Alla luce di quanto sopra, il Tribunale ha pronunciato la Sentenza dichiarando inammissibile la domanda di parte resistente di aumento del mantenimento per mancanza di legittimazione attiva. Ha disposto che il contributo paterno, così come previsto in separazione, venisse versato dal padre direttamente al figlio e ha disposto che anche la madre versi il medesimo importo al figlio, oltre al 50% delle spese straordinarie.
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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.
Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.