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Pochi mesi di matrimonio? Niente mantenimento.

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara)

Nel giudizio di separazione ai fini della valutazione del diritto al mantenimento del coniuge debole, va considerata anche la durata del matrimonio. Questo perché, se il rapporto tra i coniugi è stato talmente breve da non far nascere quella condizione necessaria rappresentata dall’affectio coniugalis, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento. Questo il principio espresso dall’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 20507/2024 pubblicata in data 24 luglio 2024.

Il caso oggi in esame prende le mosse da un Sentenza di separazione, intervenuta tra due coniugi che avevano convissuto solo pochi mesi, che riconosceva alla moglie un assegno di mantenimento pari ad € 3.000,00.

Avverso la suddetta Sentenza il marito proponeva Appello innanzi alla Corte d’Appello di Trieste, che però lo respingeva.

I Giudici di merito confermavano la previsione dell’assegno in favore della moglie, evidenziando il rilevante squilibrio economico e patrimoniale tra le parti.

Il marito proponeva ricorso per Cassazione e con il terzo lamentava l’omesso esame di un duplice fatto storico decisivo per il giudizio ossia la breve durata del matrimonio e la giovane età della moglie ai fini della spettanza (ovvero della concreta determinazione) del “quantum” dell’assegno di mantenimento. ex art. 156 c.c.

Gli Ermellini ritengono tale motivo fondato.

Nelle motivazioni la Suprema Corte ricorda che la separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta che il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell’obbligato.

Il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, va, quindi, declinato tenendo conto di una pluralità di parametri.

Tra le circostanze da considerare, ex art.156 c.c., rientra anche la durata del matrimonio.           

Quanto al rilievo da attribuire alla durata del matrimonio, viene ricordato che questa ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento.

Tanto è vero che in tema di separazione personale dei coniugi, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo, a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti. Al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento.

Gli Ermellini precisano che con diverse successive pronunce sul tema, è stato anche messo in luce, per le ipotesi di matrimoni di durata molto breve, che “…nell’ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento.” e che “se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sè il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione.”

Nel caso in esame viene evidenziato come la decisione impugnata non ha preso in alcuna considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell’assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione, pur avendo accertato che la moglie si era allontanata dalla casa coniugale nella primavera del 2017, dopo pochi mesi di matrimonio e poi aveva atteso un anno prima di agire per la separazione.

Alla luce delle suddette motivazioni, pertanto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.