Perde il figlio il genitore che non lo tutela dalle condotte pregiudizievoli dell’ altro genitorePerde il figlio il genitore che non lo tutela dalle condotte pregiudizievoli dell’ altro genitore
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
La legge n. 184 del 1983 disciplina, tra le altre cose, l’istituto dell’adozione di minori e all’articolo 1 afferma che il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia e all’articolo 8 sancisce che sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
Quando sopra significa che l’obiettivo prioritario della legge è la tutela del diritto del minore a crescere nella propria famiglia in quando considerato l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico.
Pertanto, il Giudice chiamato a decidere in un procedimento per la dichiarazione di adottabilità di un minore, deve prioritariamente tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di crescere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore.
Su questo tema particolarmente delicato e difficile è tornata a pronunciarsi la Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 13453/2023 pubblicata in data 17 maggio 2023.
La vicenda oggi in esame trae origine da una sentenza del Tribunale per i Minorenni di Salerno che, a seguito di una lunga istruttoria, aveva dichiarato lo stato di adottabilità di una bambina, figlia di una coppia di cui anche i primi due figli, ad oggi maggiorenni, erano stati dichiarati adottabili.
Non appena comunicata la sentenza i genitori ricorrevano in Appello lamentando la mancanza dei presupposti per la dichiarazione di adozione della figlia.
Il Giudice di secondo grado tuttavia, accertata l’inidoneità genitoriale sia della madre che del padre, confermava la sentenza di primo grado. La Corte d’Appello infatti, evidenziava come, nelle more dei procedimenti, era stata emessa sentenza penale che evidenziava i gravissimi comportamenti posti in essere dal marito nei confronti della moglie e dei figli.
Secondo i giudici di secondo grado la pronuncia penale risultava essere indicativa della totale inadeguatezza anche della madre a ricoprire responsabilmente il ruolo genitoriale.
La signora, infatti, vittima delle violenze fisiche e psichiche del marito, come d’altronde anche i figli, non aveva svolto alcuna funzione di protezione in favore dei figli.
Al contrario, la dipendenza dal marito, l’aveva resa del tutto incapace di operare scelte contrastanti con il volere del marito, anche quando gli agiti del padre erano in contrasto con i bisogni primari dei minori. La Corte d’Appello evidenziava poi, come tale condizione di “sudditanza” era ancora attuale dal momento che la signora, nonostante la condanna del marito, continuava a vivere insieme a quest’ultimo.
Nonostante l’ampia motivazione, i genitori ricorrevano in Cassazione avverso anche la seconda pronuncia. Letto il ricorso però, gli Ermellini ne dichiaravano l’infondatezza.
La Corte di Cassazione ribadiva il principio, orami consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’adozione di un minore costituisce una misura eccezionale a cui è possibile ricorrere solo quando si siano dimostrate impraticabili altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, ai fine della tutela del superiore interesse del figlio.
Il ricorso alla dichiarazione di adottabilità quindi è consentito solo in presenza di fatti gravi indicativi in modo certo dello stato di abbandono morale e materiale.
Secondo la Corte inoltre, la capacità genitoriale non va valutata solo con riferimento alla persona del genitore in quanto tale, ma anche nella prospettiva concreta dell’interrelazione tra genitore e minore attribuendo quindi rilievo anche alla concreta possibilità, da parte del genitore interessato, di superare le criticità che segnano il rapporto con un compagno e le condizioni di una vita di coppia che minano le attività di accudimento che riguardano il minore.
Considerati i principi sono menzionati, l’istruttoria eseguita dai giudici di primo e secondo grado, gli Ermellini evidenziando che la madre non si era in alcun modo dimostrata di essere capace a tutelare i figli dalle condotte pregiudiziale del padre, non riuscendo quindi ad assicurare loro un ambiente familiare sicuro e sereno nemmeno con l’aiuto ed il supporto delle Autorità, dichiarava infondato il ricorso e confermava la sentenza emessa dalla Corte d’Appello.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.