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DEVONO ESSERE TOLTI DAI SOCIAL I VIDEO E LE FOTO PUBBLICATI SENZA CONSENSO DELL’ALTRO GENITORE

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

I genitori, se d’accordo tra loro, possono pubblicare le foto/video dei figli senza necessitare del loro consenso sino a che i figli non abbiano compiuto gli anni 14. Con il Decreto Legislativo 10 agosto 2018 n. 101 che ha adeguato la normativa nazionale (D. lgs. 30 giugno 2003, n.196 Codice in materia di protezione dei dati personali) al Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) Europeo UE 679/2016 è stato, infatti, inserito l’art. 2-quinquies, comma 1, che richiede il consenso del minore che abbia compiuto i quattordici anni per il trattamento dei suoi dati personali e quindi anche per l’utilizzo della propria immagine. Prima dei 14 anni il trattamento dei dati personali del minore è lecito a condizione che il consenso sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale. Ne deriva che i genitori del minore anche in caso di dissenso del figlio, possono lecitamente pubblicare le sei foto, essendo determinante unicamente l’accordo genitoriale.

Qualora, però, uno dei due genitori non sia d’accordo, nessun immagine dei minori potrà essere pubblicata, neppure se di schiena se comunque per il contesto e le persone ritratte è chiaramente identificabile il minore. Il diritto ad inibire la diffusione del ritratto richiede, quale presupposto indefettibile, la riconoscibilità delle fattezze della persona effigiata (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4477 del 19/02/2021).

Ai sensi dei combinati art. 10 c.c e artt. 96 e 97 L. 633/1941 (Legge sul diritto d’autore), infatti, oggetto della tutela è l’interesse del soggetto a che la sua immagine non venga diffusa o esposta pubblicamente senza il di lui consenso ovvero in caso di minori di anni 14, senza il consenso dei genitori. L’art. 96, nello specifico, impedisce che l’immagine di una persona possa essere esposta, pubblicata o messa in commercio senza consenso di questa (primo limite è quindi la volontà del soggetto tutelato). L’art. 97, invece, da un lato permette la riproduzione quando questa risulti giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici e culturali, ovvero dal collegamento a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico; d’altro lato, vieta l’esposizione o la messa in commercio dell’immagine quando ciò rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione e al decoro della persona ritratta.

Il dissenso di uno dei due genitori, però, deve essere esplicitato e per superarlo il genitore che ritiene nell’interesse del figlio minore la pubblicazione di tali foto/video, dovrà fare ricorso al Giudice. L’art. 145 c.c. come modificato dalla riforma Cartabia prevede l’intervento del Giudice in caso di disaccordo tra i genitori e il diritto dei figli di essere ascoltati in ogni caso che li riguarda (e non soltanto quando ritenuto opportuno dal Giudice) qualora abbiano compiuto dodici anni, o anche al di sotto di tale età, ove siano capaci di discernimento.

Qualora, invece, nonostante il dissenso espresso, le foto venissero pubblicate al genitore contrario alla pubblicazione non resta che ricorrere al Giudice per chiedere un immediato ordine di inibitoria e di cancellazione dei contenuti dalla rete, a seconda delle circostanze, con un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., ovvero – in caso di genitori separati/divorziati – con un ricorso ex art. 473bis 39 c.p.c., che si inserisce nell’ambito delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale e delle modalità dell’affidamento e in questa sede il giudice potrà ricorrere all’art.614-bis c.p.c., condannando il genitore inadempiente al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione messa in atto.

Recentemente la Cassazione si è occupata di un caso tra ex coniugi e con l’ordinanza n. 23018 del  21 agosto 2025 ha ribadito che la tutela dell’immagine del minore costituisce un interesse primario del fanciullo in quanto l’immagine è un elemento altamente caratterizzante l’individuo, che lo rende unico e originale, come tale riconoscibile. Per tale motivo, in casi di abuso dell’immagine di un minore, l’accertamento della illiceità della diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale, effettuata senza il consenso di uno dei genitori, comporta il diritto al risarcimento del danno a condizione che sia accertata l’effettività e la serietà della lesione al diritto alla riservatezza dell’immagine, senza che la mancanza di indicazioni relative al nome o alle generalità del minore o dei suoi genitori valgano ad escluderne il pregiudizio.

Il caso giunto fino in Cassazione questa volta era iniziato nelle aule del Tribunale di Milano per iniziativa di un padre attore che aveva chiesto di accertare e dichiarare l’illegittimità della divulgazione e/o utilizzazione per fini pubblicitari delle immagini del figlio minore, visto il suo mancato consenso di genitore esercente la responsabilità genitoriale e come tale  la nullità di un contratto di sponsorizzazione intercorso tra la ex moglie ed una società di commercializzazione di prodotti di abbigliamento bambini.

L’uomo chiedeva, pertanto, la rimozione immediata dal catalogo dell’azienda e dagli altri siti internet delle foto riproducenti il minore, nonché che venisse disposta la pubblicazione della sentenza in più testate giornalistiche nazionali e internazionali e in ogni caso che i convenuti fossero condannati in solido al risarcimento dei danni causati dalla illegittima divulgazione delle immagini del minore.

La madre del minore si era difesa riferendo di aver tempestivamente avvisato il padre degli scatti della campagna pubblicitaria e che, in più di una occasione, l’ex marito aveva prestato il proprio consenso e che in ogni caso non era necessario il consenso paterno stante il carattere di ordinaria amministrazione dell’atto di autorizzazione alla realizzazione degli scatti fotografici e della loro utilizzazione a fini pubblicitari.

Il Tribunale di Milano aveva invece dato ragione al padre dichiarando illecita ex art. 96 L. n. 633 del 1941 la pubblicazione dell’immagine del minore nella campagna pubblicitaria e inibiva alla società e alla madre l’ulteriore utilizzazione delle immagini del minore. Rigettava però la domanda di risarcimento dei danni in quanto nelle pubblicazioni in questione non erano indicate le generalità del figlio minore, né si faceva riferimento in alcun modo al padre attore e la lesione del diritto del padre a prestare il consenso alla pubblicazione delle immagini del minore, non è di per sé produttiva di danni, in assenza di prove specifiche.

Anche la Corte d’Appello adita dal padre confermava l’illegittima diffusione delle foto e respingeva la richiesta di risarcimento del danno, evidenziando che non essendo state diffuse le generalità del minore all’interno del catalogo pubblicato dalla società, non vi era lesione del diritto all’immagine del minore, posto che l’assenza di elementi identificativi e anagrafici del bambino (nome, cognome, età, cittadinanza) ne aveva impedito la riconducibilità ai genitori, preservandone in tal modo la riservatezza e l’anonimato.

Ma il padre del minore non aderiva a tale ragionamento giuridico e depositava ricorso in Cassazione e qui “trovava giustizia” nel senso che gli Ermellini hanno  ribadito che l’immagine della persona costituisce in sé un elemento altamente caratterizzante l’identità dell’individuo, che lo rende unico e originale, come tale riconoscibile e come tale non può ritenersi che l’abuso dell’immagine altrui non abbia provocato alcun danno per il solo fatto che, insieme all’immagine, non sia stato pubblicato il nome o le altre generalità della persona interessata o dei suoi familiari, poiché, il bene protetto è la riservatezza dell’immagine stessa e non del nome o di altra informazione personale dell’interessato.

Dove quindi essere sempre rispettata la volontà del titolare o in caso di minori dell’esercente la responsabilità genitoriale che non sia esposta al pubblico l’immagine del figlio, ma riservata alla sfera della vita privata.

Tale volontà assume tanto più rilievo, laddove riguardi il minore, il cui interesse alla protezione della sfera privata rileva non solo nel momento della verifica della liceità della condotta, ma anche in quello dell’accertamento della sussistenza e gravità della lesione, che il giudice di merito è chiamato a valutare, tenuto conto che la protezione della sua vita privata costituisce un fondamentale interesse del minore, espresso nella Convenzione sui diritti del fanciullo, che gli Stati contraenti, compresa l’Italia, si sono impegnati di realizzare.

Una volta accertata la illecita pubblicazione delle foto, ai fini della verifica dell’esistenza del pregiudizio arrecato, il giudice di merito è chiamato a valutare l’effettività e la serietà della lesione, consistente, si ribadisce, nella esposizione al pubblico delle foto del minore, accertando come in concreto è stata realizzata la diffusione dell’immagine (per tempi, mezzi impiegati, ecc…) e tenendo conto del primario interesse del minore a vedere tutelata la sua vita privata.

Nel caso in commento, la Corte di Appello di Milano non si era uniformata a tali principi quindi sarà chiamata a rivalutare la situazione in punto di quantificazione del danno.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).