Assegno divorzile all’ex marito: la Cassazione dice sì!
(A cura della Dottoressa Elisa Cazzaniga)
Forse ricorderete che già nel settembre 2022 abbiamo parlato del riconoscimento di un contributo
economico al marito in fase di separazione (clicca qui per leggere l’articolo).
Oggi torniamo sull’argomento concentrandoci invece sull’assegno di divorzio e sul significato del
contributo al mantenimento nella fase successiva allo scioglimento o alla cessazione degli effetti
civili del matrimonio.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 10016/2023 ha infatti ritenuto legittimo riconoscere un
assegno divorzile ad un ex marito considerato che il contributo economico dato dallo stesso alla
conduzione e realizzazione familiare, ha consentito all’ ex moglie di proseguire gli studi universitari
e migliorare la propria formazione favorendo l’inserimento della stessa nel mondo del lavoro.
La vicenda trae origine dalla domanda di assegno divorzile proposta da un marito nei confronti
della moglie, in occasione del procedimento di divorzio pendente avanti il Tribunale di Ancona.
Appurato che l’uomo aveva continuato a svolgere la medesima attività lavorativa mentre la donna
conclusi gli studi aveva aumentato la propria capacità reddituale rispetto agli anni della separazione,
Il Tribunale concludeva riconoscendo un assegno divorzile all’uomo.
Nei confronti di tale decisione, la donna ricorreva in Appello ma anche il Giudice di seconda
istanza, pur accogliendo parzialmente l’appello dell’ex moglie, confermava la sussistenza delle
condizioni che giustificavano l’erogazione di un assegno di divorzio all’uomo.
Nel caso di specie, la donna aveva ripreso gli studi in costanza di matrimonio e, pur percependo nei
primi anni ’90 una borsa di studio, veniva aiutata economicamente dal marito a sostenere le spese
universitarie, seguite da quelle relative alla specializzazione e poi al dottorato. La di lei situazione
lavorativa iniziava a stabilizzarsi solo nel 2012 e questo comportava un miglioramento economico
progressivo e sempre in forte crescita.
La Corte di Appello dunque, motivava la propria decisione affermando che in sede di valutazione
dell’opportunità di riconoscere o meno l’assegno è necessario apprezzare i vantaggi ottenuti da un
coniuge e ricollegabili al contributo fornito dall’altro. Pertanto, il Giudice di secondo grado riteneva
che il marito, pur continuando a svolgere la medesima attività lavorativa, aveva comunque messo a
disposizione dell’ex moglie quanto a lei necessario per proseguire e completare gli studi universitari
grazie ai quali, impegnandosi, aveva raggiunto una posizione economica notevolmente superiore a
quella del marito e che questo dovesse essere a lui riconosciuto.
Anche contro tale decisione ricorreva la donna ma gli Ermellini ancora una volta confermavano la
legittimità del riconosciuto assegno divorzile all’ex marito, ponendo alla base del ragionamento
giuridico la funzione compensativa-perequativa del suddetto contributo.
Secondo tale criterio è necessario valutare gli effetti e le conseguenze di tutte le scelte operate dai
coniugi in costanza di matrimonio: pertanto, non devono essere tenute in considerazione solo le
opportunità di lavoro mancate – come di consueto sentiamo dire, solitamente in riferimento alle
donne che scelgono di concerto con i mariti di lasciare il lavoro per dedicarsi unicamente alla
famiglia e che poi al termine del matrimonio si trovano in difficoltà nel reperire un nuovo lavoro –,
bensì come nel caso di specie, devono essere considerati e apprezzati anche i vantaggi ottenuti da
un coniuge, ricollegabili al contributo fornito dall’altro.
Nel merito pare opportuno sottolineare le diverse funzioni che, nel tempo, la giurisprudenza ha
assegnato all’assegno divorzile: in una prima fase, sin dagli anni novanta, tale contributo aveva
essenzialmente lo scopo di permettere al coniuge economicamente debole di mantenere il tenore di
vita goduto in costanza di matrimonio; successivamente con la c.d. sentenza Grilli 11504/2017
veniva invece, riconosciuta all’assegno divorzile una funzione meramente assistenziale tale per cui
il contributo doveva essere riconosciuto solo all’ex coniuge che si trovava nell’impossibilità di
procurarsi mezzi idonei al proprio sostentamento, portando dunque tale assegno ad assomigliare
nella sostanza a quello alimentare; infine, con la sent. 18287/2018 le Sezioni Unite della Suprema
Corte riconoscevano all’assegno divorzile una funzione composita assistenziale, perequativa e
compensativa. Questi ultimi due aspetti sono quelli maggiormente evidenziati nel caso qui
analizzato poiché evidenziano la necessità di compensare e riequilibrare le posizioni economiche
dei coniugi che sono arrivate ad essere profondamente diverse proprio in ragione delle decisioni
familiari prese di comune accordo in costanza di matrimonio.
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