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Aggressività e reattività violenta sono maltrattamenti e fondano sempre l’addebito

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

Con le ordinanze n. 11208 del 26 aprile 2024 e n. 30721 del 29 novembre 2024 la Suprema Corte di Cassazione affronta un tema molto importante: l’addebito della separazione in caso di comportamenti che possono essere qualificati come maltrattamenti.

Queste due decisioni assumono una notevole rilevanza poiché si concentrano su ciò che distingue l’addebito per maltrattamenti rispetto alle altre cause di addebito della separazione intervenendo sia sull’onere della prova, sia sul nesso causale sia sull’arco temporale dei comportamenti violenti.

Con la prima ordinanza (n. 11208/24) la Cassazione – dopo avere richiamato i propri precedenti in ordine alla separazione con addebito, la quale non si fonda sulla sola violazione dei doveri posti dall’art. 143 c.c., quanto, piuttosto, sull’accertamento dell’efficacia causale di tale condizione nel determinare l’intollerabilità della convivenza –  ribadisce invece che le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione stante la intollerabilità della prosecuzione della convivenza matrimoniale, ma anche la sua addebitabilità all’autore di esse.

Inoltre,  gli Ermellini precisano che – a differenza di quanto avviene per le altre cause di addebito della separazione che richiedono una valutazione globale e una comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi – l’accertamento delle condotte violente esonera il giudice da tale dovere di comparazione; i comportamenti del coniuge vittima di violenze non assumono rilevanza dirimente, trattandosi di atti sostanzialmente non comparabili con quelli attuati con violenza, in quanto non omogenei.

Con particolare riguardo poi alle violenze fisiche, esse sono valute al punto gravi, inaccettabili e devastanti in modo definitivo dell’equilibrio di una coppia da fondare di per sé sole – anche quando la condotta violenta si è concretizzata in un unico episodio di percosse o comunque di violenza fisica a danno del coniuge – la pronuncia dell’addebito restando irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi di una situazione di crisi della coppia.

Nello specifico gli Ermellini si erano occupati di un caso iniziato nel 2020 avanti il Tribunale di Pescara: con sentenza n. 1240/2020 il suddetto Tribunale aveva pronunciato sentenza di separazione personale dei coniugi con addebito alla moglie che per anni aveva agito condotte violente nei confronti del marito; aveva respinto la richiesta di addebito formulata dalla donna contro il marito e quindi anche la domanda volta a ottenere un contributo al proprio mantenimento, e aveva disposto l’affido condiviso del figlio minore delle parti con collocamento presso il padre.

Contestando a carico del marito condotte di prevaricazione psicologica che l’avevano al punto sfinita dall’indurla a episodi di rabbia e violenza fisica, la donna ricorreva in Appello accusando i Giudici di prime cure di non aver valutato il comportamento del marito che per anni aveva agito violenza psicologica come da prove testimoniali della propria madre e nonna.

Ma la Corte rigettava il ricorso statuendo come segue: “… la diversa ricostruzione della vicenda coniugale proposta dall’appellante, fondata sulla rilevanza della prevaricazione psicologica del marito in danno della moglie non trova adeguato riscontro nelle mere dichiarazioni delle testi addotte dalla difesa di quest’ultima (rispettivamente madre e nonna della stessa) che in ogni caso non minano l’esatta ricostruzione dei presupposti per l’addebito a suo carico fondati sugli indiscussi episodi di aggressione fisica compiuti dalla moglie nei confronti del marito. Tanto può evincersi, come ineccepibilmente rilevato dal Tribunale, non solo da quanto riferito – de relato – dai testi indicati dal marito ma anche dai certificati del pronto soccorso che attestano le lesioni, dalle foto in atti e dalla circostanza che episodi diversi di violenza ed irascibilità della donna sono stati riferiti anche da testi indifferenti alle parti ed anche detto elemento corrobora una condizione di estrema ed ingiustificata irascibilità della stessa, seppur riferita ad un dato momento storico della sua vita, del tutto compatibile con quanto assunto dal marito nella richiesta di addebito. Non da ultimo peraltro va preso atto che ella stessa non nega di essersi rivolta nei confronti del marito con atteggiamenti fisicamente aggressivi, evidenziando tuttavia gli stessi erano la conseguenza della pressione psicologica che l’uomo esercitava su di lei senza considerare che per giurisprudenza di legittimità ormai consolidata e del tutto condivisibile, “i comportamenti reattivi del coniuge che sfociano in azioni violente e lesive dell’incolumità fisica dell’altro coniuge, rappresentano, in un giudizio di comparazione al fine di determinare l’addebito della separazione, causa determinante dell’intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo ed il fatto che l’altro coniuge contribuisse ad esasperare la relazione”.

In merito alla prova del nesso causale tra le violenze commesse e la crisi coniugale, dunque, prima la Corte d’Appello di Pescara e la Corte di Cassazione dopo, hanno quindi chiarito che nel caso di addebito per violenze fisiche è irrilevante la posteriorità temporale delle violenze sia rispetto all’insorgenza della crisi coniugale sia alla decisione di procedere giudizialmente.

Come anche chiarito dalla secondo ordinanza (n. 30721/24) le condotte violente nei confronti del coniuge sono idonee a fondare la domanda di addebito della separazione, anche se si tratta di violenze avvenute in passato e anche se le violenze sono state agite non solo in costanza di convivenza ma anche se agite una volta cessata la convivenza.

Per tale motivo, con la seconda ordinanza richiamata gli Ermellini censurano il comportamento della Corte d’Appello di Milano che aveva escluso il nesso causale tra i maltrattamenti perpetrati dal marito e l’intollerabilità della prosecuzione del rapporto, poiché era trascorso troppo tempo tra l’inizio delle violenze e la proposizione della domanda di separazione. Secondo la Suprema Corte, infatti, il solo fatto che tali condotte siano avvenute in passato non può, di per sé, escludere ragionevolmente la rilevanza delle stesse ai fini della pronuncia di addebito anche se le stesso sono state agite in una fase di separazione di fatto. Sino alla autorizzazione a vivere separati, infatti, permangono i doveri matrimoniali nella loro interezza.

Inoltre, i giudici milanesi avevano commesso un ulteriore errore: aver ritenuto non provate le violenze dell’uomo a danno della moglie quando non era stata da loro ammessa la prova per testi! Tale prova era proprio diretta ad acquisire la testimonianza del Maresciallo dei Carabinieri, la testimonianza del medico del Pronto Soccorso che aveva assegnato alla ricorrente venti giorni di prognosi, la testimonianza di alcune amiche.

La formula dubitativa utilizzata per escludere il rilievo delle violenze ai fini dell’addebito che hanno condotto la Corte d’Appello a ritenere insufficienti le prove fornite, imponeva una risposta sull’ammissibilità e di rilevanza delle istanze istruttorie di prova orale.

Cassata la decisione, ora la palla tornerà a Milano.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).