DICHIARATO DECADUTO IL PADRE CHE NONOSTANTE LA MORTE DELLA EX CONTINUA AD ESSERE ANAFFETTIVO E DISINTERESSATO DEL FIGLIO
(A cura della Dottoressa Elisa Cazzaniga)
La Corte di Cassazione con la decisione n. 8911/2024 ha affermato che qualora venga accertata l’incapacità di un genitore di stabilire una valida relazione affettiva con il figlio, minando il di lui regolare sviluppo psicofisico, già reso particolarmente vulnerabile dal decesso della madre, sussistono i presupposti per la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale.
L’approfondimento odierno trae origine da una pronuncia del Tribunale per i Minorenni di Napoli con cui, a seguito di ricorso ex art. 336 c.c. presentato dalla sorella del minore, veniva dichiarata la decadenza dalla responsabilità genitoriale del padre.
Con il divorzio dei genitori, il bambino veniva affidato congiuntamente agli ex coniugi ma collocato presso la madre, che purtroppo, si ammalava e decedeva nel 2019. A causa del lutto e nelle more del procedimento per la limitazione della responsabilità genitoriale aperto su ricorso della figlia maggiore dell’uomo, il bambino e il di lui fratello, divenuto poi maggiorenne, venivano temporaneamente accolti dalla sorella.
Il padre del minore, inizialmente solo limitato nell’esercizio della propria responsabilità genitoriale, veniva successivamente dichiarato decaduto con decreto del Tribunale per i Minorenni di Napoli poiché, alla luce dell’istruttoria effettuata dal giudice delegato coadiuvato dal Servizio Sociale territorialmente competente e all’esito dei percorsi di supporto psicologico e alla genitorialità disposti dal Giudice delegato, era emersa l’incapacità del padre di instaurare una relazione positiva con i figli. Il comportamento paterno nei confronti dei figli nel corso degli anni, verosimilmente anche nel periodo precedente al decesso dell’ex moglie, era stato tale da radicare negli stessi e in particolare nell’unico figlio ancora minorenne il rifiuto di vederlo. Dalle relazioni degli specialisti emergeva, infatti, che il minore avvertiva il padre come “figura affettivamente lontana e sostanzialmente indifferente alle loro sorti”.
Avverso il decreto di declaratoria della decadenza dalla responsabilità genitoriale il padre proponeva reclamo avanti la Corte di Appello di Napoli. Tuttavia, i giudici del reclamo confermavano la decisione del Tribunale per i Minorenni.
Nel corso del procedimento di reclamo, infatti, veniva espletata una CTU psicodiagnostica che individuava quale unica soluzione tutelante per il minore la conferma della dichiarazione di decadenza del padre dall’esercizio della responsabilità genitoriale.
I giudici della Corte di Appello di Napoli motivavano la propria decisione sulla base dell’approfondita istruttoria svolta dal consulente tecnico che aveva conosciuto e sentito sia le parti – padre e sorella del minore – sia i diversi soggetti facenti parte della famiglia allargata del bambino.
Il CTU aveva inoltre, conosciuto il minore in occasione dell’ascolto protetto e successivamente osservato anche la di lui relazione e interazione con il padre.
All’esito della consulenza tecnica, ritenendo di essere in possesso di elementi sufficienti per individuare la soluzione più tutelante per il minore, il Giudice di secondo grado aveva ritenuto superflua la richiesta del reclamante di integrare l’istruttoria.
La Corte di Appello di Napoli, dunque, sulla base dell’istruttoria svolta e in particolare della consulenza tecnica, confermava la decisione del Tribunale per i Minorenni.
Il padre, ritenendo ingiusta tale decisione della Corte territoriale, proponeva quindi ricorso per Cassazione avanzando quale unico motivo di doglianza la mancanza di adeguata motivazione. In particolare, il ricorrente riteneva che la Corte di Appello di Napoli avesse leso il di lui diritto di difesa non avendogli permesso di integrare l’istruttoria come richiesto all’esito della consulenza tecnica. I giudici di secondo grado, secondo il reclamante, avevano giudicato sulla base di prove disposte d’ufficio e non proposte dalle parti.
La Corte di Cassazione, tuttavia, dichiarava inammissibile il ricorso poiché il vizio di motivazione dedotto dalla difesa dell’uomo era totalmente generico e in violazione del requisito di specificità richiesto dall’art. 366 c.1 n.4 c.p.c che richiede la chiara e sintetica esposizione dei motivi per cui si propone ricorso avanti il giudice di legittimità. Di conseguenza, dichiarando l’inammissibilità del reclamo, la Corte di Cassazione confermava quanto emerso nei primi due gradi di giudizio.
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