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Irripetibili le somme date al coniuge per l’edificazione della casa coniugale: non è ingiustificato arricchimento.

(A cura della Dott.ssa Chiara Massa)

Dopo oltre cinque anni dalla separazione consensuale, moglie conveniva in giudizio l’ex coniuge chiedendo inizialmente l’accertamento del proprio diritto alla restituzione delle somme anticipate in costanza di matrimonio per l’edificazione della casa coniugale. In subordine, sosteneva di aver effettuato conferimenti in misura maggiore al 50% e per tale ragione chiedeva il riconoscimento di una quota maggioritaria di proprietà sull’immobile, non inferiore all’80%. Infine, chiedeva la condanna del convenuto al pagamento di un indennizzo per ingiustificato arricchimento, quantificato in non meno di € 95.000,00, oltre alla divisione dell’immobile in natura o per liquidazione delle quote.  

In corso di causa, a seguito dell’emersione di irregolarità e abusi edilizi sull’immobile, che ne rendevano impossibile la divisione giudiziale, l’attrice rinunciava alla domanda di attribuzione esclusiva/maggioritaria della proprietà e alla divisione giudiziale. La sua richiesta finale si è concentrata unicamente sull’accertamento e la dichiarazione dell’ingiustificato arricchimento del convenuto, chiedendo la condanna dell’ex coniuge a pagare un indennizzo ex art. 2041 c.c. pari alla diminuzione patrimoniale subita, quantificata in almeno € 47.500,00 (la metà del presunto esborso netto).

Il marito si costituiva contestando fermamente la fondatezza delle richieste: il terreno era stato acquistato di comune accordo, con quote uguali del 50% da entrambi, al fine di edificarvi la casa coniugale che per il principio di accessione (ex art. 934 c.c.), appartiene ad entrambi nella misura del 50%. 

Irripetibili le somme date dalla moglie per la realizzazione della casa coniugale in quanto si presumono finalizzate a realizzare il loro comune progetto di vita. Inoltre, ricordava il marito, l’attuale assetto patrimoniale era già stato regolamentato dagli accordi di separazione consensuale: in caso di vendita il prezzo sarebbe stato suddiviso in parti uguali.

Letti gli atti, il Tribunale di Catania ha ritenuto la domanda della ex moglie, anche nella sua forma rimodulata, infondata e l’ha rigettata.

Qualificata l’azione come richiesta di restituzione di somme anticipate per la casa coniugale, il Tribunale ha ribadito il consolidato principio secondo cui i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia (ex art. 143 c.c.) in proporzione alle proprie sostanze, indipendentemente dal regime patrimoniale scelto (nel caso specifico, la separazione dei beni). Le spese effettuate per i bisogni della famiglia, rientrando nella logica della solidarietà coniugale e del dovere di contribuzione, non danno diritto al rimborso in caso di separazione. I conferimenti eseguiti per concorrere a realizzare un progetto di vita in comune (come la costruzione della casa coniugale) sono considerati irripetibili in quanto sorretti da una giusta causa.

Nel caso in esame, i coniugi avevano acquistato il terreno per quote uguali e le somme versate dall’attrice (provenienti anche dalla vendita di un immobile ereditato) sono state considerate una forma di contribuzione di entrambi a tutte le spese e alle esigenze della famiglia in senso lato.

Il Tribunale ha accertato che l’attrice non ha fornito la prova di un accordo tra le parti che derogasse al regime generale dell’irripetibilità. L’onere di dimostrare non solo l’avvenuta consegna del denaro, ma anche il titolo giuridico implicante l’obbligo di restituzione, ricadeva sull’attrice, la quale non ha prodotto alcuna scrittura privata o altra documentazione probatoria di una volontà restitutoria da parte del convenuto.

La domanda di indennizzo ex art. 2041 c.c. è stata parimenti respinta. L’azione presuppone che l’arricchimento sia avvenuto senza giusta causa. Poiché la dazione delle somme da parte dell’attrice è stata riconosciuta come adempimento del dovere di contribuzione e parte del comune progetto matrimoniale, è stata accertata l’esistenza di una giusta causa, precludendo l’accoglimento dell’azione di ingiustificato arricchimento.

Il Tribunale ha inoltre valorizzato gli accordi di separazione consensuale prodotti dal convenuto. Tali accordi prevedevano che, in caso di vendita della casa coniugale, il ricavato residuo, dopo l’estinzione del mutuo, sarebbe stato diviso in parti uguali. Questa clausola è stata interpretata come la comune volontà dei coniugi di non vantare reciproche ragioni di credito e costituisce un contratto atipico che subentra all’originario spirito di sistemazione dei rapporti patrimoniali.

Per tutte le motivazioni esposte, il Giudice ha definitivamente pronunciato: rigetto della domanda proposta da parte; condanna parte attrice al pagamento delle spese processuali in favore del convenuto, la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. avanzata dal convenuto non è stata accolta.

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