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Elementi economici e fiscali incompleti? Il giudice della separazione e del divorzio ha ampia discrezionalità nel disporre indagini a mezzo di polizia tributaria.

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

Nei giudizi di separazione e divorzio, il potere di disporre indagini della polizia tributaria costituisce una deroga alle regole generali sul riparto dell’onere della prova, il cui esercizio è espressione della discrezionalità del giudice di merito che, però, incontra un limite in presenza di fatti precisi e circostanziati in ordine all’incompletezza o all’inattendibilità delle risultanze fiscali acquisite al processo. In tali casi, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della polizia tributaria, non potendo rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell’assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate per il tramite delle menzionate indagini.

Questo il principio affermato dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con ordinanza n. 16087 depositata il 16 giugno 2025.

Il caso nel merito riguardava un giudizio di divorzio all’esito del quale il Tribunale di Macerata, nel dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio, affidava la figlia minore in via condivisa tra i genitori, assegnava la casa alla moglie, onerava l’ex marito di versare l’assegno di mantenimento per la figlia e un assegno divorzile pari a €150,00 mensili. L’uomo ricorreva in appello chiedendo la revoca dell’assegno. La Corte d’Appello, nel rigettare l’impugnazione, osservava che il giudice di primo grado aveva correttamente applicato i criteri di legge valutando le condizioni economiche dei coniugi, l’apporto del coniuge richiedente l’assegno alla formazione del patrimonio dell’altro e comune, il sacrificio della donna che si era dedicata alla famiglia e alla cura della casa.

L’ex marito ricorreva così in Cassazione lamentandosi che i giudici di merito non avessero accolto la domanda istruttoria di espletare indagini sui redditi e sul patrimonio dell’ex coniuge, vista la palese incongruità degli introiti minimi dalla stessa dichiarati come frutto della sua attività lavorativa-autonoma rispetto alle ingenti spese documentate, come dalla medesima sostenute in relazione a detta attività.

La Corte di Cassazione, tuttavia, dichiarava inammissibile il ricorso. Il giudice, infatti, ha ampi poteri discrezionali nel decidere o meno se ammettere le istanze istruttorie aventi ad oggetto le indagini tributarie.

In particolare, il comma 9 dell’art. 5 L. Div. prevede che in caso di contestazioni circa il reddito ed il patrimonio personale e comune, il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.

Secondo i giudici di legittimità, nei giudizi di separazione e divorzio il potere di disporre indagini della polizia tributaria, derivante dall’applicazione analogica dell’art. 5, comma 9, L. n. 898 del 1970, costituisce una deroga alle regole generali sul riparto dell’onere della prova, il cui esercizio è espressione della discrezionalità del giudice di merito. In caso di dati economici incompleti,  il giudice ha il dovere di disporre le indagini della polizia tributaria, non potendo rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell’assegno.

Nel caso di specie, però, il ricorrente lamentava il mancato espletamento di indagini volte ad un accertamento induttivo sui redditi dell’ex moglie, ma senza dedurre specifici elementi relativi all’inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi. A ciò si aggiunga che la Corte d’Appello aveva esaminato il reddito dichiarato dalla donna escludendo entrate non dichiarate. E anche su questa ricostruzione del reddito, il ricorrente non aveva effettuato contestazioni specifiche risultando, dunque, l’istanza di indagini tributarie meramente generica.

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Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.