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L’arresto in semi flagranza se la vittima di maltrattamenti presenta segni sul collo

(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)

La Cassazione è recentemente intervenuta con un’importante sentenza (n. 30316/24) sull’arresto in semi flagranza in un caso di maltrattamenti in famiglia.

Un uomo aggrediva la compagna in modo violento, lasciandole dei segni rossi sul collo. Egli chiamava telefonicamente la sorella della vittima, affermando di venire a prendere la donna, altrimenti l’avrebbe “fatta fuori”. La sorella, allarmata, chiamava i Carabinieri che si presentavano sul posto, trovando la donna con dei segni rossi sul collo. Notavano una situazione di “calma apparente”, ma la donna affermava immediatamente di essere vittima di maltrattamenti da anni: sporgeva, quindi, querela.

L’uomo veniva arrestato e veniva applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e l’utilizzo del braccialetto elettronico.

Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Larino non convalidava l’arresto, per l’assenza del presupposto della quasi flagranza in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia, aggravato dalla violenza assistita del figlio minore.

Avverso la mancata convalida ricorreva per cassazione il Procuratore della Repubblica, deducendo la sussistenza della “quasi flagranza”, perché la persona offesa presentava vistosi segni di rossore sul collo. Su questo punto era stato specificato dal GIP che era possibile desumere al più la consumazione del reato di lesioni personali non aggravate, per le quali non è consentito l’arresto flagranza, ma certamente non quella del delitto di cui all’art. 572 c.p..

Nel ricorso il Procuratore sottolinea come i segni presenti sul collo della persona offesa, oltre a costituire tracce del delitto di lesioni aggravate a danno della convivente, rappresentino – unitamente alle dichiarazioni rese nell’immediatezza dalla stessa – elementi a sostegno dell’abitualità del delitto di maltrattamenti in famiglia (altrimenti non sarebbe mai possibile l’arresto in flagranza per tale reato).

La Cassazione ritiene il ricorso fondato. In primo luogo, specifica che nel verbale di arresto viene dato atto che gli operanti erano intervenuti a seguito di chiamata telefonica da parte della sorella della persona offesa, allarmata per una telefonata ricevuta dall’uomo in cui diceva “Vieniti a prendere tua sorella altrimenti la faccio fuori”. Ciò che maggiormente rileva è che gli episodi di violenza erano ancora in atto.

Essi notavano una strana situazione di calma apparente, nonostante il disordine generale presente; tale situazione veniva immediatamente spiegata dalla donna, secondo la quale da anni era minacciata dal compagno, anche alla presenza dei figli minori e sporgeva a tal proposito querela.

La donna, che presentava sul collo le tracce della violenza subita, riferiva anche di aver querelato il compagno nel 2021 per condotte maltrattanti e violente, ma aveva rimesso la querela per paura di ritorsioni.

Sulla base di tali elementi, la Suprema Corte ritiene di applicare il principio secondo cui “è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti”.

In passato la Cassazione ha ritenuto correttamente desunta la flagranza del reato sulla base della contestazione da parte delle forze dell’ordine delle condizioni dell’abitazione e delle modalità con le quali era stato richiesto l’intervento d’urgenza delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina, per sottrarsi all’aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre, ingiuriandola con epiteti vari. Gli Ermellini, quindi, annullano senza rinvio l’ordinanza, poiché l’arresto compiuto dalla Polizia Giudiziaria risulta legittimo.

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Avv. Stefania Crespi

Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.