FONDI COINTESTATI MA ACQUISTATI SOLO CON DENARO DEL MARITO? LA MOGLIE NON PUO’ SOTTRARRE LA META’ DEL CONTROVALORE SE NON DIMOSTRA LA DONAZIONE.
(A cura dell’Avv. Angela Brancati)
Fondi cointestati e controvalore: il coniuge che dimostra di aver costituito un fondo cointestato con i propri risparmi non deve riconoscere la metà all’altro, salvo il diritto di quest’ultimo di provare che la metà gli sia stata donata.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che è tornata a pronunciarsi sul punto con l’ordinanza pubblicata lo scorso 17 novembre 2025 n. 30233/2025.
Il contenzioso trae origine da un’appropriazione da parte di una moglie che nell’estate del 2016 a seguito dell’insorgere di una crisi coniugale, poi culminata in una separazione giudiziale, aveva provveduto ad appropriarsi del 50% del controvalore di fondi postali pari ad € 38.144,78 intestati ad entrambi.
Vedendosi spogliato di risparmi propri e adducendo l’esclusiva titolarità, il marito aveva deciso di intraprendere un giudizio volto alla restituzione di quanto sottrattogli dalla moglie, adducendo che l’appropriazione fosse avvenuta indebitamente dal momento che la costituzione era avvenuta anni prima grazie esclusivamente al di lui apporto. Lo stesso, infatti, riferiva di aver investito somme proprie e non anche della moglie, sebbene il fondo fosse stato cointestato tra i due.
Il Tribunale di Taranto accoglieva la richiesta dell’uomo e ne ordinava la restituzione. Avverso la pronuncia del giudice di prime cure, ricorreva in appello la moglie, la quale lamentava come il Tribunale avesse omesso di valutare la circostanza dell’avvenuta donazione da parte del marito ed in subordine quella per cui la provenienza delle somme con cui erano stati costituiti i fondi postali era familiare e non personale. La donna, invero, asseriva trattarsi di risparmi familiari conseguiti grazie anche al proprio lavoro da casalinga.
La Corte d’Appello di Lecce, nella sezione distaccata di Taranto, parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Taranto, disattendendo il primo motivo di appello poiché eccezione riconvenzionale tardivamente formulata, accoglieva il secondo motivo, ritenendo che le somme depositate sul fondo postale dovessero considerarsi in comproprietà al 50% ciascuno tra i coniugi ex art. 1298. La Corte d’Appello, infatti, riteneva che sebbene il fondo fosse stato alimentato con denaro del solo marito, i risparmi accantonati dallo stesso dovevano ritenersi comunque di entrambi i coniugi poiché frutto del lavoro casalingo della moglie.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione il marito affidandosi a due differenti motivi.
Con il primo motivo il ricorrente lamentava che la Corte territoriale pur considerando la provvista di esclusiva titolarità del marito avesse comunque ritenuto che la stessa fosse stata formata grazie al lavoro casalingo della moglie e pertanto la contitolarità dovesse ritenersi al 50% tra entrambi i coniugi.
Il marito a sostegno della propria pretesa richiamava la pronuncia della Corte di Cassazione n. 4838/2021 mediante la quale veniva asserito che pur presumendosi la contitolarità di un conto corrente cointestato tra i coniugi in regime di separazione dei beni, questa dovesse essere superata se uno dei due avesse dimostrato una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
Con il secondo motivo il ricorrente lamentava che pur avendo egli dimostrato in giudizio la provenienza degli accantonamenti, la Corte d’Appello avesse comunque basato la decisione del tutto immotivatamente su presunzioni non basate su indizi gravi, precisi e concordarti.
La Corte di Cassazione riteneva che entrambi i motivi potessero essere esaminati unitariamente in quanto connessi e in quanto entrambi fondati.
Secondo i giudici di legittimità se è vero che la cointestazione introduce una presunzione di contitolarità e pertanto il saldo del conto si divide in parti uguali tra i coniugi, la medesima presunzione “da luogo ad una inversione dell’onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici – purchè gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa”.
Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione il ricorrente aveva offerto sufficienti prove dalle quali si sarebbe potuto con certezza desumere la provenienza della provvista, non avendo tra l’altro la moglie nel giudizio di primo grado eccepito tale circostanza. I Giudici, inoltre, aggiungevano che sulla base della dimostrata provenienza della provvista, l’affermazione per cui i risparmi fossero stati frutto anche del lavoro casalingo della moglie risultava del tutto immotivata.
Per tutti i motivi di cui sopra la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del marito, cassava la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.
Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.
Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.









