La violazione degli obblighi di assistenza familiare: due delitti contro la famiglia
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
Nell’ambito dei delitti contro la famiglia assume particolare rilievo la violazione degli obblighi di assistenza familiare che è previsto da due norme: gli articoli 570 c.p. e 570 bis c.p..
Il primo comma dell’art. 570 c.p. punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro “Chiunque abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge”.
Il secondo comma prevede l’applicazione congiunta delle pene di cui al primo comma a chi “malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.
Sebbene si riferisca a “chiunque”, trattasi di reato proprio, in quanto può essere commesso solo da un membro della famiglia che abbia obblighi di assistenza familiare.
Si applica indipendente dalla sussistenza di un vincolo di coniugio tra i genitori, ma è necessario un legame stabile e duraturo.
L’abbandono del tetto coniugale integrava in passato il reato qui analizzato solo se determinava la rottura dell’unione familiare senza una giusta causa: quando il coniuge o genitore invocava una “giusta causa” – fornendone adeguata prova – la condotta di allontanamento non acquisiva disvalore dal punto di vista etico e sociale secondo la Cassazione. Oggi l’abbandono del domicilio rileva solo in relazione all’inadempimento degli obblighi assistenziali, materiali e morali.
L’espressione “condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie” è molto generica, ma si riferisce all’abbandono morale, inteso come totale disinteresse e costante indifferenza verso i figli, in modo da incidere negativamente sugli stessi.
Va sottolineato come sia un reato di evento, in quanto con le condotte di abbandono del domicilio domestico e quella contraria all’ordine o alla morale delle famiglie deve avvenire un inadempimento degli obblighi di assistenza materiale o morale. In altre parole l’abbandono del domicilio domestico e quello morale rilevano solo in caso di inadempimento degli obblighi assistenziali, privando i soggetti passivi di un supporto economico e morale.
I comportamenti previsti nel secondo comma consistono nello sperperare i beni del figlio minore o del coniuge oppure nel far mancare i mezzi di sussistenza (ossia quelli economici necessari per il mantenimento di una vita decorosa) e sono considerati più gravi rispetto a quelli del primo comma, in quanto ledono anche interessi di natura patrimoniale.
Essenziale è l’esistenza dello stato di bisogno che, secondo la Cassazione, va accertato tenendo conto delle ordinarie necessità e delle somme in precedenza versate dall’obbligato (Cass., n. 1327/19).
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 570, comma secondo, n. 2 c.p., nell’ipotesi di corresponsione parziale dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, secondo la giurisprudenza, il giudice penale deve verificare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, tenendo conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, compresa l’oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta, in relazione alla persona del debitore (Cass. n. 24050/2017).
Nell’ultimo comma vi è una clausola di sussidiarietà: la norma non si applica “se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.
La norma in esame è rivolta alla tutela delle esigenze economiche ed assistenziali dei familiari, attribuendo una particolare importanza ai rapporti tra i membri della famiglia.
Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato è sufficiente il dolo generico: il reato sussiste quando ci si sottrae volontariamente agli obblighi di assistenza materiali e morali.
Va precisato che il reato non è configurabile nei confronti di chi si trovi nell’incapacità patrimoniale di adempiere alle proprie obbligazioni assistenziali, sempre che fornisca la prova di tale indigenza; non è invece sufficiente sostenere genericamente di trovarsi in una situazione di difficoltà economica.
La Corte di Cassazione ha sostenuto che non integra il reato qui esaminato la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni, non inabili a lavoro, anche se studenti (Cass. sent. n. 8883/2018).
Recentemente la Cassazione ha rilevato come vada punito con la reclusione senza concessione della sospensione condizionale, il padre già condannato per aver fatto mancare il necessario sostegno economico alla moglie e al figlio minore, contravvenendo all’obbligo sancito dal Tribunale di versare 300 euro al mese in favore degli stessi (Cass., n. 26433/2021).
Un uomo veniva condannato in primo grado alla pena di mesi 4 e giorni 14 di reclusione, più 450 € di multa, perché, serbando una condotta contraria alla morale familiare, ometteva di versare al coniuge separato la somma mensile stabilita dal Tribunale di Milano per il mantenimento del figlio minorenne e per il coniuge. Gli veniva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso in occasione di una precedente condanna per lo stesso reato.
La Corte d’Appello – secondo la Suprema Corte – ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare l’incapacità economica dell’obbligato – intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’articolo 570 – deve essere assoluta e deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti, che non può ritenersi dimostrata sulla base della mera documentazione dello stato formale di disoccupazione dell’obbligato.
Anche per quanto riguarda l’accertamento dello stato di bisogno la Corte territoriale ha correttamente richiamato un pacifico orientamento in base al quale ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 570 secondo comma c.p., l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre quando provveda in tutto in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavoro e con l’intervento degli altri congiunti, poiché la sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo.
Non poteva essere invocata nel caso esaminato dalla Cassazione la necessità di accertare se l’inadempimento parziale dell’obbligo di corresponsione dell’assegno alimentare non avesse consentito ai beneficiari di far fronte alle loro esigenze fondamentali di vita, come vitto, alloggio, vestiario ed educazione: infatti è stato ritenuto accertato un inadempimento totale, perdurante nel tempo e non soltanto parziale, degli obblighi di contribuzione al mantenimento del figlio minore.
La Suprema Corte ha, infine, precisato che la violazione degli obblighi assistenziali è un reato omissivo permanente, la cui consumazione cessa con l’adempimento dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado.
Pertanto, è stata ravvisata la recidiva, ritenuta indice di una maggiore pericolosità, in considerazione del carattere specifico del precedente: l’imputato ha posto in essere una perdurante violazione degli obblighi genitoriali materiali e morali successivamente al passaggio in giudicato della prima condanna.
Per quanto concerne l’art. 570 bis c.p., va subito sottolineato come essa estenda l’applicazione delle pene previste dall’articolo precedente al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
La norma prevede, pertanto, condotte più “economiche” rispetto a quelle previste dall’art. 570 c.p. e riprende le fattispecie incriminatrici previste dall’art. 12-sexies della Legge n. 898/1970 e dall’art. 3 della Legge n. 54/2006, che sono state abrogate dall’art. 7, lettera b) e d) del d. lgs. n. 21/2018.
L’espressione “si sottrae” che appare nell’articolo in questione fa desumere che per la configurabilità del reato sia necessario un comportamento reiterato e, pertanto, una sola omissione non è sufficiente per integrarlo.
Con riferimento alla procedibilità, la Suprema Corte ha sottolineato come il reato di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento e l’istruzione dei figli sia perseguibile d’ufficio (Cass., sent. n. 7277/ 2020).
Esso è configurabile in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti anche nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo di matrimonio, sussistendo continuità normativa tra la nuova disposizione e la fattispecie già disciplinata dall’art. 3 L. 54/2006.
E ciò in base ad una storica sentenza della Corte Costituzionale (C. Cost., n. 189/2019), nonché ad un orientamento ormai consolidato, anche recentemente ribadito dalla Cassazione.
Ed infatti secondo la Suprema Corte in passato il reato di cui all’articolo 3 L. 54/2006 era configurabile nel caso di omesso versamento da parte del genitore dell’assegno periodico disposto dall’autorità giudiziaria civile per il mantenimento anche dei figli nati fuori dal matrimonio: all’adozione di tale soluzione interpretativa non può ritenersi di ostacolo la circostanza che l’art. 570 bis c.p. indichi espressamente come soggetto attivo del reato “il coniuge”, in quanto una lettura sistematica di tale disposizione induce a ritenere che legislatore abbia parificato qualsiasi genitore (Cass., sent. n. 20721/21).
Secondo la giurisprudenza di legittimità le difficoltà economiche in cui versa l’obbligato non escludono la sussistenza del reato in questione, qualora non risulti provato che le difficoltà medesime si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell’impossibilità di adempiere, sia pure in parte, l’obbligazione: incombe all’imputato l’onere di allegazione di idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibilità di adempiere.
Inoltre, in base ad una recente sentenza della Suprema Corte il reato è integrato, non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza, ma dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile, “cosicché l’inadempimento costituisce di per sé oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza”: l’imputato non aveva provveduto al pagamento
delle somme stabilite dal giudice civile per il mantenimento delle figlie minori, avendo
corrisposto somme mensili dell’importo di 300-400 Euro a fronte dell’importo di 800 Euro stabilito
dal Tribunale per i minorenni con provvedimento emesso nel 2009 e comunque anche inferiori all’importo ridotto a 600 Euro mensili nell’accordo stragiudiziale non omologato
stipulato nel 2011, adducendo come motivazione la sua impossibilità a provvedervi (Cass., sent. n. 24454/21).
Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.