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Avv.
Maria Grazia
Di Nella

Avv. Alice Di Lallo

Avv. Angela Brancati

Avv. Maria Zaccara

Avv. Cecilia Gaudenzi

Dott. ssa Elisa Cazzaniga

Chiara Massa

Da Instagram

Quante volte l’abbiamo sentito dire? E quante volte è stato usato come pretesto per sminuire la parola di una vittima?

Nel contesto della violenza domestica, la ritrattazione o la remissione della querela non fermano il processo penale. Non lo fanno perché non sono segni di volubilità, ma spesso indici di una soggezione ancora in atto.

Lo ha ribadito la Cassazione: questi comportamenti non solo non cancellano il reato, ma possono essere spie della persistenza della violenza, che si manifesta in forme cicliche, manipolatorie e psicologicamente devastanti.

La vittima può arrivare a negare i fatti, a minimizzarli, persino a giustificare l’aggressore. Ma lo fa non perché il pericolo sia cessato, ma perché ne è ancora dentro.

Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che non serve la volontà della vittima per proseguire il procedimento. Perché?
Perché spesso la persona offesa - soprattutto quando è legata all’aggressore da vincoli affettivi, economici o familiari - non è sempre libera di decidere.

Ed infatti la Convenzione di Istanbul impone di agire in modo da prevenire recidive, escalation e letalità.

La remissione della querela può dunque essere un falso segnale di pace, può essere il frutto di minacce, ricatti, paura per sé e per i figli.
Non è una prova di inattendibilità. È la prova di quanto sia difficile spezzare il legame con chi ti fa del male.

Allora chiediamoci: quante ritrattazioni sono l’effetto più subdolo della violenza?

Post scritto da @avvcrespi
Per leggere l’articolo completo, un click su bio e poi blog penale

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Quante volte l’abbiamo sentito dire? E quante volte è stato usato come pretesto per sminuire la parola di una vittima?
 
Nel contesto della violenza domestica, la ritrattazione o la remissione della querela non fermano il processo penale. Non lo fanno perché non sono segni di volubilità, ma spesso indici di una soggezione ancora in atto.
 
Lo ha ribadito la Cassazione: questi comportamenti non solo non cancellano il reato, ma possono essere spie della persistenza della violenza, che si manifesta in forme cicliche, manipolatorie e psicologicamente devastanti.
 
La vittima può arrivare a negare i fatti, a minimizzarli, persino a giustificare l’aggressore. Ma lo fa non perché il pericolo sia cessato, ma perché ne è ancora dentro.
 
Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che non serve la volontà della vittima per proseguire il procedimento. Perché?
Perché spesso la persona offesa - soprattutto quando è legata all’aggressore da vincoli affettivi, economici o familiari - non è sempre libera di decidere.
 
Ed infatti la Convenzione di Istanbul impone di agire in modo da prevenire recidive, escalation e letalità.
 
La remissione della querela può dunque essere un falso segnale di pace, può essere  il frutto di minacce, ricatti, paura per sé e per i figli.
Non è una prova di inattendibilità. È la prova di quanto sia difficile spezzare il legame con chi ti fa del male.
 
Allora chiediamoci: quante ritrattazioni sono l’effetto più subdolo della violenza?
 
Post scritto da @avvcrespi
Per leggere l’articolo completo, un click su bio e poi blog penale

“Non voglio andare a scuola!” Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase dai nostri figli?

A volte diventa una sorta di faticosa litania che per alcuni ragazzi si trasforma invece in un rigido rifiuto scolastico.

Proprio ieri il Corriere della Sera ha pubblicato gli esiti di due sondaggio negli USA che così rivelano:
2 studenti su 5 (42%), che hanno sofferto di assenteismo lo scorso anno, non si sentono fisicamente in grado di recarsi a scuola;
1 su 5 sostiene di essere troppo stanco per andarci (20%);
il 28% dei bambini che soffre di rifiuto scolastico ha nella maggior parte dei casi un’età compresa tra 10 e 13 anni.

In Italia, anche grazie alla Legge Caivano la frequenza degli studenti in obbligo scolastico è più costante anche se gli ultimi dati ISTAT 2025 rilevano che il 9,8% dei giovani tra 18 e 24 anni ha interrotto gli studi senza un diploma o una qualifica.

Vediamo insieme cosa prevede la legge!

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“Non voglio andare a scuola!” Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase dai nostri figli?

A volte diventa una sorta di faticosa litania che per alcuni ragazzi si trasforma invece in un rigido rifiuto scolastico.

Proprio ieri il Corriere della Sera ha pubblicato gli esiti di due sondaggio negli USA che così rivelano:
2 studenti su 5 (42%), che hanno sofferto di assenteismo lo scorso anno, non si sentono fisicamente in grado di recarsi a scuola;
1 su 5 sostiene di essere troppo stanco per andarci (20%);
il 28% dei bambini che soffre di rifiuto scolastico ha nella maggior parte dei casi un’età compresa tra 10 e 13 anni.

In Italia, anche grazie alla Legge  Caivano la frequenza degli studenti in obbligo scolastico è più costante anche se gli ultimi dati ISTAT 2025 rilevano che il 9,8% dei giovani tra 18 e 24 anni  ha interrotto gli studi senza un diploma o una qualifica.

Vediamo insieme cosa prevede la legge!

Il padre biologico se conosciuto deve essere avvisato della pendeva di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità di un minore.

Il Tribunale per i Minorenni è obbligato ad avvisare i presunti genitori dell’avvio del procedimento in modo che questi possano, se lo ritengono, chiedere la sospensione del procedimento e procedere così al riconoscimento del figlio.

E se il presunto genitore biologico non viene avvisato e quindi nulla sa del procedimento?

La Corte di Cassazione ha ribadito che la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è nulla!

Nel caso di specie, la minore era stata riconosciuta alla nascita dalla sola madre. Il padre era noto al TM in quanto era stato individuato dai servizi sociali ma, nonostante questo, nulla sapeva del procedimento.

Il TM non può dichiarare adottabile un minore se non avvisa il presunto genitore e non concede a quest’ultimo la facoltà di sospendere la procedura per provvedere al riconoscimento (art. 10 e 11 L. 184/1983).

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Il padre biologico se conosciuto deve essere avvisato della pendeva di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità di un minore.

Il Tribunale per i Minorenni è obbligato ad avvisare i presunti genitori dell’avvio del procedimento in modo che questi possano, se lo ritengono, chiedere la sospensione del procedimento e procedere così al riconoscimento del figlio.

E se il presunto genitore biologico non viene avvisato e quindi nulla sa del procedimento?

La Corte di Cassazione ha ribadito che la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è nulla!

Nel caso di specie, la minore era stata riconosciuta alla nascita dalla sola madre. Il padre era noto al TM in quanto era stato individuato dai servizi sociali ma, nonostante questo, nulla sapeva del procedimento.

Il TM non può dichiarare adottabile un minore se non avvisa il presunto genitore e non concede a quest’ultimo la facoltà di sospendere la procedura per provvedere al riconoscimento (art. 10 e 11 L. 184/1983).

Le somme spese da un coniuge per le spese connesse alla celebrazione del matrimonio e per le future esigenze della famiglia rientrano nell’obbligo di contribuzione reciproca e proporzionale ex artt. 143 e 316-bis c.c. e, pertanto, sono irripetibili.

Anche se dopo pochi mesi la coppia scoppia e inizia la guerra in Tribunale, non sussiste il diritto di un coniuge di chiedere il rimborso all’altro per tali spese, poiché esse si considerano sostenute nell’interesse della famiglia e non costituiscono donazioni fatte in vista di un futuro matrimonio ai sensi dell’articolo 785 Cc, che, se il matrimonio viene annullato, perdono validità.

In questo caso, dopo alcuni anni di convivenza nella casa di proprietà di lui, una coppia decideva di sposarsi: la donna e i di lei genitori si facevano carico in modo pressoché integrale dei costi del matrimonio sia per la cerimonia nuziale che alcune future esigenze della vita familiare anticipando anche la parte del futuro marito che a voce prometteva di restituire appena possibile la sua parte.

Finito dopo pochi mesi il matrimonio, la donna sollecitava il rimborso e a fronte del diniego del marito chiedeva decreto ingiuntivo.

Il marito si opponeva negando ogni debito e richiamando il dovere coniugale reciproco di contribuzione alle spese e il tribunale di Pescara gli dava ragione!

Le somme spese per e post celebrazione del matrimonio non possono essere ripetute a seguito dello scioglimento della coppia salvo diverso accordo scritto tra coniugi!

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Le somme spese da un coniuge per le spese connesse alla celebrazione del matrimonio e per le future esigenze della famiglia rientrano nell’obbligo di contribuzione reciproca e proporzionale ex artt. 143 e 316-bis c.c. e, pertanto, sono irripetibili.

Anche se dopo pochi mesi la coppia scoppia e inizia la guerra in Tribunale, non sussiste il diritto di un coniuge di chiedere il rimborso all’altro per tali spese, poiché esse si considerano sostenute nell’interesse della famiglia e non costituiscono donazioni fatte in vista di un futuro matrimonio ai sensi dell’articolo 785 Cc, che, se il matrimonio viene annullato, perdono validità.

In questo caso, dopo alcuni anni di convivenza nella casa di proprietà di lui, una coppia decideva di sposarsi: la donna e i di lei genitori si facevano carico in modo pressoché integrale dei costi del matrimonio sia per la cerimonia nuziale che alcune future esigenze della vita familiare anticipando anche la parte del futuro marito che a voce prometteva di restituire appena possibile la sua parte.

Finito dopo pochi mesi il matrimonio, la donna sollecitava il rimborso e a fronte del diniego del marito chiedeva decreto ingiuntivo.

Il marito si opponeva negando ogni debito e richiamando il dovere coniugale  reciproco di contribuzione alle spese e il tribunale di Pescara gli dava ragione!

Le somme spese per e post celebrazione del matrimonio non possono essere ripetute a seguito dello scioglimento della coppia salvo diverso accordo scritto tra coniugi!

➡️ Il danno da abbandono da parte di un genitore ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha età !!

➡️ Con l’ordinanza n.31552/2024 del 9 dicembre 2024 la Cassazione ha affrontato il tema del risarcimento del danno subito da un figlio da tempo maggiorenne per mancato riconoscimento da parte del padre.

➡️Il caso: un uomo nato nel 1976 si decideva a farsi riconoscere dal padre di cui conosceva l’identità che non lo aveva mai cercato. Il Tribunale di Monza dichiarata la paternità, aveva condannato il padre a un risarcimento per il danno non patrimoniale subito dal figlio, limitato però al solo periodo della minore età.

➡️Il figlio impugnava la pronuncia ma anche la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello, sostenendo che la sofferenza per l’assenza di un genitore sarebbe “maggiormente percepibile” nell’infanzia, e “meno intensa” in età adulta.

➡️ Il figlio non si dava per vinto e adiva la Cassazione che ha chiarito che il danno da abbandono genitoriale ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha scadenza anagrafica, soprattutto quando l’assenza è prolungata, consapevole e mai interrotta. L’idea che un figlio adulto possa “non percepire più” l’assenza affettiva viene definita astratta e scollegata dalla realtà del caso. Secondo la Cassazione, non solo la relazione non è mai nata, ma il figlio è stato privato anche della possibilità di costruirla: questa impossibilità è, di per sé, il cuore del danno. E la sola attribuzione dello status di figlio non basta a sanare anni di vuoto affettivo.
➡️ Cassata la Sentenza ora la Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione dovrà rivalutare il danno
🔗 Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell`Avv. Maria Zaccara: un click sul link in bio ed uno su Blog.

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➡️ Il danno da abbandono da parte di un genitore ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha età !!

➡️ Con l’ordinanza n.31552/2024 del 9 dicembre 2024 la Cassazione ha affrontato il tema del risarcimento del danno subito da un figlio da tempo maggiorenne per mancato riconoscimento da parte del padre.

➡️Il caso: un uomo nato nel 1976 si decideva a farsi riconoscere dal padre di cui conosceva l’identità che non lo aveva mai cercato. Il Tribunale di Monza dichiarata la paternità, aveva condannato il padre a un risarcimento per il danno non patrimoniale subito dal figlio, limitato però al solo periodo della minore età.

➡️Il figlio impugnava la pronuncia ma anche la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello, sostenendo che la sofferenza per l’assenza di un genitore sarebbe “maggiormente percepibile” nell’infanzia, e “meno intensa” in età adulta.

➡️ Il figlio non si dava per vinto e adiva la Cassazione che ha chiarito che il danno da abbandono genitoriale ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha scadenza anagrafica, soprattutto quando l’assenza è prolungata, consapevole e mai interrotta. L’idea che un figlio adulto possa “non percepire più” l’assenza affettiva viene definita astratta e scollegata dalla realtà del caso. Secondo la Cassazione, non solo la relazione non è mai nata, ma il figlio è stato privato anche della possibilità di costruirla: questa impossibilità è, di per sé, il cuore del danno. E la sola attribuzione dello status di figlio non basta a sanare anni di vuoto affettivo.
➡️ Cassata la Sentenza ora la Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione dovrà rivalutare il danno
🔗 Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell'Avv. Maria Zaccara: un click sul link in bio ed uno su Blog.

Mai cavalcare la rabbia dei clienti! Questa lezione l’ho imparata sulla mia pelle quando fresca di studi e piena di entusiasmo iniziavo la professione in questo ambito del diritto.
La separazione porta con sé molti e difficili cambiamenti e un buon avvocato di diritto di famiglia deve essere chiaro nel rappresentare le difficoltà del percorso di separazione e a non fare propria la “guerra” del cliente. Per questi la competenza nella materia del diritto di famiglia non è sufficiente. Chi si muove in questo ambito deve avere una preparazione multidisciplinare: oltre a conoscere le norme, occorre avere una competenza emotiva per saper accogliere il dolore del cliente, per sapere schermarsi e restare altro dalla situazione che sta tutelando.

Di questo e di molto altro ho parlato con la giornalista @labensangi. Trovate l’intervista sul numero di F oggi in edicola 🩷

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Mai cavalcare la rabbia dei clienti! Questa lezione l’ho imparata sulla mia pelle quando fresca di studi e piena di entusiasmo iniziavo la professione in questo ambito del diritto.
La separazione porta con sé molti e difficili cambiamenti e un buon avvocato di diritto di famiglia deve essere chiaro nel rappresentare le difficoltà del percorso di separazione e a non fare propria la “guerra” del cliente. Per questi la competenza nella materia del diritto di famiglia non è sufficiente. Chi si muove in questo ambito deve avere una preparazione multidisciplinare: oltre a conoscere le norme, occorre avere una competenza emotiva per saper accogliere il dolore del cliente, per sapere schermarsi e restare altro dalla situazione che sta tutelando. 

Di questo e di molto altro ho parlato con la giornalista @labensangi. Trovate l’intervista sul numero di F oggi in edicola 🩷

Anche agli studenti del secondo ciclo di istruzione sarà vietato l’utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e, più in generale, in orario scolastico.

Lo ha sancito il Ministero dell’Istruzione e del merito con la circolare n. 3393 del 16 giugno 2025 dopo aver spiegato che tale intervento è necessario alla luce degli effetti negativi dell’uso eccessivo o non corretto dello smartphone e dei social media sulla salute, sul benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche.

Importanti studi anche Internazionali hanno, infatti, rilevato un preoccupate calo nel rendimento scolastico, una significativa diffusione di fenomeni di dipendenza con conseguente incapacità di controllare l’uso degli smartphone (oltre il 25% degli adolescenti), sintomi da astinenza, effetti negativi sul sonno, trascuratezza nei confronti di altre attività con conseguenze negative sulla vita quotidiana, sulla concentrazione e sulle relazioni.

Le istituzioni scolastiche dovranno quindi aggiornare i propri regolamenti prevedendo misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto in questione e le specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero contravvenirlo.

Eccezioni: l’uso del telefono cellulare sarà sempre ammesso nei casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato come supporto
rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per motivate necessità personali.

Resta ovviamente confermato l’impiego degli altri dispositivi tecnologici e digitali a supporto dell’innovazione dei processi di insegnamento e di apprendimento, come pc, tablet e lavagne elettroniche, secondo le modalità programmate dalle singole scuole.

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Anche agli studenti del secondo ciclo di istruzione sarà vietato l’utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e, più in generale, in orario scolastico.

Lo ha sancito il Ministero dell’Istruzione e del merito con la circolare n. 3393 del 16 giugno 2025 dopo aver spiegato che tale intervento è necessario alla luce degli effetti negativi dell’uso eccessivo o non corretto dello smartphone e dei social media sulla salute, sul benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche.

Importanti studi anche Internazionali hanno, infatti, rilevato un preoccupate calo nel rendimento scolastico, una significativa diffusione di fenomeni di dipendenza con conseguente incapacità di controllare l’uso degli smartphone (oltre il 25% degli adolescenti), sintomi da astinenza, effetti negativi sul sonno, trascuratezza nei confronti di altre attività con conseguenze negative sulla vita quotidiana, sulla concentrazione e sulle relazioni.

Le istituzioni scolastiche dovranno quindi aggiornare i propri regolamenti prevedendo misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto in questione e le specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero contravvenirlo. 

Eccezioni: l’uso del telefono cellulare sarà sempre ammesso nei casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato come supporto
rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per motivate necessità personali.

Resta ovviamente confermato l’impiego degli altri dispositivi tecnologici e digitali a supporto dell’innovazione dei processi di insegnamento e di apprendimento, come pc, tablet e lavagne elettroniche, secondo le modalità programmate dalle singole scuole.

La spesa per le ripetizioni deve essere preventivamente concordata tra i genitori!

Se non c’è il preventivo accordo ovvero un oggettivo motivo di difficoltà del minore nell’apprendimento, molti Tribunali non dispongono il rimborso della spesa delle ripetizioni al genitore che l’ha anticipata.

La Cassazione, infatti, è granitica nel ritenere che in caso di mancato accordo preventivo sulle spese cd "straordinarie" e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare volta per volta la rispondenza delle spese all`interesse del minore, commisurando l`entità della spesa rispetto all`utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori.

Ecco allora che il Tribunale di Civitavecchia con la sentenza n. 945 emessa in data 6 agosto 2025 ha sancito che corrispondono senza dubbio all`interesse del minore:

- le spese per l`acquisto di occhiali da vista, visita tricologica; visita allergologica; visita nutrizionista; visita neurologica essendo finalizzate ad affrontare situazioni patologiche;
- le spese per viaggi- studio perché realizzano una corretta socializzazione nell`ambiente scolastico frequentato;
- le spese per il sostegno scolastico nelle materie scientifiche e letterarie;
- le spese lo sport e per abbigliamento-tecnico sportivo perché spesa finalizzata ad un corretto sviluppo psico-fisico nella fase adolescenziale.

Diverso il trattamento riservato alle ripetizioni private: se non c’è consenso preventivo e il diniego è giustificato da motivazioni educative, la spesa non può essere rimborsata.

Nel caso di specie anche perché le ripetizioni erano state organizzate nel periodo corrispondente a quello del "sostegno" scolastico e quindi per il Giudice, ero una ingiustificata duplicazione di aiuti al ragazzo.

Viene quindi parzialmente accolta l’opposizione del padre al precetto in relazione alle sole ripetizioni e compensate le spese di causa.

A voi è mai successo di aver discusso sul punto? Qual’è la vostra esperienza?

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La spesa per le ripetizioni deve essere preventivamente concordata tra i genitori! 

Se non c’è il preventivo accordo ovvero un oggettivo motivo di difficoltà del minore nell’apprendimento, molti Tribunali non dispongono il rimborso della spesa delle ripetizioni al genitore che l’ha anticipata.

La Cassazione, infatti, è granitica nel ritenere che in caso di mancato accordo preventivo sulle spese cd "straordinarie" e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare volta per volta la rispondenza delle spese all'interesse del minore, commisurando l'entità della spesa rispetto all'utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori.

Ecco allora che il Tribunale di Civitavecchia con la sentenza n. 945 emessa in data 6 agosto 2025 ha sancito che corrispondono senza dubbio all'interesse del minore:

- le spese per l'acquisto di occhiali da vista, visita tricologica; visita allergologica; visita nutrizionista; visita neurologica  essendo finalizzate ad affrontare situazioni patologiche;
- le spese per viaggi- studio perché realizzano una corretta socializzazione nell'ambiente scolastico frequentato;
- le spese per il sostegno scolastico nelle materie scientifiche e letterarie;
- le spese lo sport e per abbigliamento-tecnico sportivo perché spesa finalizzata ad un corretto sviluppo psico-fisico nella fase adolescenziale. 

Diverso il trattamento riservato alle ripetizioni private: se non c’è consenso preventivo e il diniego è giustificato da motivazioni educative, la spesa non può essere rimborsata.

Nel caso di specie anche perché le ripetizioni erano state organizzate nel periodo corrispondente a quello del "sostegno" scolastico e quindi per il Giudice, ero una ingiustificata duplicazione di aiuti al ragazzo. 

Viene quindi parzialmente accolta l’opposizione del padre al precetto in relazione alle sole ripetizioni e compensate le spese di causa. 

A voi è mai successo di aver discusso sul punto? Qual’è la vostra esperienza?
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