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Diritto di Famiglia

Diritto di Famiglia internazionale

Diritto Patrimoniale di Famiglia

Diritti dei Minori

Diritto delle Successioni e Donazioni

Diritto delle Persone

Diritto dell’Immigrazione

Da Instagram

Caregiver letteralmente “colui che si prende cura” in Italia non è un profilo professionale e non è regolato da alcuna normativa specifica; ciò nonostante - secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili - coloro che si dedicano quotidianamente di una persona con gravi disabilità sono un esercito invisibile di oltre 7 milioni di persone.

Tenuto conto che in Italia questo ruolo è svolto al 75% da donne, generalmente mogli che ospitano il malato in casa e che dedicano in media tre quarti della loro giornata ad attività assistenziali, il fenomeno non poteva non essere approfondito dal settimanale F da sempre attento al mondo femminile e alle problematiche che lo attraversano.
Sul tema trovate la mia ultima intervista sul numero di F in edicola da oggi. Grazie @labenesangi!

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Caregiver letteralmente “colui che si prende cura” in Italia non è un profilo professionale e non è regolato da alcuna normativa specifica; ciò nonostante - secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili - coloro che si dedicano quotidianamente di una persona con gravi disabilità sono un esercito invisibile di oltre 7 milioni di persone.

Tenuto conto che in Italia questo ruolo è svolto al 75% da donne, generalmente mogli che ospitano il malato in casa e che dedicano in media tre quarti della loro giornata ad attività assistenziali, il fenomeno non poteva non essere approfondito dal settimanale F da sempre attento al mondo femminile e alle problematiche che lo attraversano.
Sul tema trovate la mia ultima intervista sul numero di F in edicola da oggi. Grazie @labenesangi!

Anche se il minore con la madre si è allontanato dalla casa familiare per un certo periodo, può essere disposta l’assegnazione della casa familiare e ordinato il rilascio al padre. Ciò che infatti deve essere accertata è la ragione dell’allontanamento e verificare se si tratta di una scelta temporanea o definitiva. Questo il principio affermato dalla recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 24754/2025, 8 settembre 2025.
➡️ Nel caso concreto, il Tribunale di Roma aveva affidato la figlia in via esclusiva alla madre, disponendo anche l’assegnazione della casa familiare, di proprietà del padre. La Corte d’Appello revocava però tale assegnazione, ritenendo che la bambina avesse vissuto lì troppo poco, solo 18 mesi, e che il legame con l’abitazione fosse ormai cessato visto l’allontanamento della stessa insieme alla madre nelle more del primo procedimento.
➡️ La Cassazione ha invece accolto il ricorso della madre: il temporaneo trasferimento in altre abitazioni non recide il legame affettivo e di continuità con la casa familiare, che rimane tale se in passato è stata luogo stabile di convivenza del nucleo.
⚖️ In sintesi: ciò che conta è l’interesse del minore, non la durata della permanenza o l’allontanamento momentaneo.
🔗 Sul nostro Blog trovate l’approfondimento dell’Avv. Cecilia Gaudenzi: un click sul link in bio e uno su Blog.
❓Voi che ne pensate? È giusto che il “temporaneo allontanamento” non faccia perdere la casa familiare?
#DirittoDiFamiglia #CasaFamiliare #Cassazione #Separazione #Affido #Genitori #Figli #Giustizia #StudioLegale #Legge #CorteDiCassazione

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Anche se il minore con la madre si è allontanato dalla casa familiare per un certo periodo, può essere disposta l’assegnazione della casa familiare e ordinato il rilascio al padre. Ciò che infatti deve essere accertata è la ragione dell’allontanamento e verificare se si tratta di una scelta temporanea o definitiva. Questo il principio affermato dalla recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 24754/2025, 8 settembre 2025.
➡️ Nel caso concreto, il Tribunale di Roma aveva affidato la figlia in via esclusiva alla madre, disponendo anche l’assegnazione della casa familiare, di proprietà del padre. La Corte d’Appello revocava però tale assegnazione, ritenendo che la bambina avesse vissuto lì troppo poco, solo 18 mesi, e che il legame con l’abitazione fosse ormai cessato visto l’allontanamento della stessa insieme alla madre nelle more del primo procedimento.
➡️ La Cassazione ha invece accolto il ricorso della madre: il temporaneo trasferimento in altre abitazioni non recide il legame affettivo e di continuità con la casa familiare, che rimane tale se in passato è stata luogo stabile di convivenza del nucleo.
⚖️ In sintesi: ciò che conta è l’interesse del minore, non la durata della permanenza o l’allontanamento momentaneo.
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❓Voi che ne pensate? È giusto che il “temporaneo allontanamento” non faccia perdere la casa familiare?
#DirittoDiFamiglia #CasaFamiliare #Cassazione #Separazione #Affido #Genitori #Figli #Giustizia #StudioLegale #Legge #CorteDiCassazione

Da quest’anno scolastico 2025/2026 saranno operativi i nuovi regolamenti approvati in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nello scorso mese di luglio 2025 che riformano il voto in condotta e la disciplina della valutazione degli studenti della scuola secondaria.

Confermata la bocciatura con il 5 in condotta, a giugno 2026 saranno ammessi alla classe successiva le studentesse e gli studenti che, in sede di scrutinio finale, avranno ottenuto una valutazione superiore a 6/10. Chi, invece, riporterà 6 in condotta, vedrà sospeso il giudizio di ammissione alla classe successiva e dovrà redigere un “compito di cittadinanza” , un testo di massimo 1.200 parole focalizzato su uno o più temi di educazione civica, scelti in relazione alla condotta dello studente. I temi potrebbero includere riflessioni sul rispetto delle regole e delle persone, analisi delle conseguenze di comportamenti aggressivi o irrispettosi, proposta di comportamenti correttivi o attività di volontariato, cittadinanza digitale e uso responsabile della tecnologia.

A valutare la prova sarà il consiglio di classe, tenuto conto della pertinenza al tema, chiarezza, capacità argomentativa e maturità raggiunta; solo se la prova sarà superata lo studente potrà accedere all’anno successivo o, in quinta, all’esame di Stato.

Il voto in condotta insomma torna ad essere un voto importante: secondo il Ministro Valditara, è un indicatore del rispetto delle regole e delle persone e dell’impegno verso la comunità scolastica.

Ecco allora che a determinare il voto sarà il comportamento degli studenti tenuto lungo l’intero anno scolastico e terrà conto, in particolare, di eventuali episodi di violenza o aggressione ai danni del personale scolastico e degli altri studenti.

In caso poi di comportamenti particolarmente gravi il Consiglio di Istituto dovrà prevedere - come alternativa alla sospensione dello studente dalla frequentazione scolastica - anche attività di approfondimento sulle conseguenze dei propri comportamenti o lo svolgimento di attività di cittadinanza solidale presso enti o associazioni previamente individuati dalle scuole.
Più scuola e non meno.. a chi si comporta male!

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Da quest’anno scolastico 2025/2026 saranno operativi i nuovi regolamenti approvati in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nello scorso mese di luglio 2025 che riformano il voto in condotta e la disciplina della valutazione degli studenti della scuola secondaria. 

Confermata la bocciatura con il 5 in condotta, a  giugno 2026 saranno ammessi alla classe successiva le studentesse e gli studenti che, in sede di scrutinio finale, avranno ottenuto una valutazione superiore a 6/10. Chi, invece, riporterà 6 in condotta, vedrà sospeso il giudizio di ammissione alla classe successiva e dovrà redigere un “compito di cittadinanza” , un testo di massimo 1.200 parole focalizzato su uno o più temi di educazione civica, scelti in relazione alla condotta dello studente. I temi potrebbero includere riflessioni sul rispetto delle regole e delle persone, analisi delle conseguenze di comportamenti aggressivi o irrispettosi, proposta di comportamenti correttivi o attività di volontariato, cittadinanza digitale e uso responsabile della tecnologia.

A valutare la prova sarà il consiglio di classe, tenuto conto della pertinenza al tema, chiarezza, capacità argomentativa e maturità raggiunta; solo se la prova sarà superata lo studente potrà accedere all’anno successivo o, in quinta, all’esame di Stato.

Il voto in condotta insomma torna ad essere un voto importante: secondo il Ministro Valditara, è un indicatore del rispetto delle regole e delle persone e dell’impegno verso la comunità scolastica.

Ecco allora che a determinare il voto sarà il comportamento degli studenti tenuto lungo l’intero anno scolastico e terrà conto, in particolare, di eventuali episodi di violenza o aggressione ai danni del personale scolastico e degli altri studenti.

In caso poi di comportamenti particolarmente gravi il Consiglio di Istituto dovrà prevedere - come alternativa alla sospensione dello studente dalla frequentazione scolastica - anche attività di approfondimento sulle conseguenze dei propri comportamenti o lo svolgimento di attività di cittadinanza solidale presso enti o associazioni previamente individuati dalle scuole.
Più scuola e non meno.. a chi si comporta male!

Quante volte l’abbiamo sentito dire? E quante volte è stato usato come pretesto per sminuire la parola di una vittima?

Nel contesto della violenza domestica, la ritrattazione o la remissione della querela non fermano il processo penale. Non lo fanno perché non sono segni di volubilità, ma spesso indici di una soggezione ancora in atto.

Lo ha ribadito la Cassazione: questi comportamenti non solo non cancellano il reato, ma possono essere spie della persistenza della violenza, che si manifesta in forme cicliche, manipolatorie e psicologicamente devastanti.

La vittima può arrivare a negare i fatti, a minimizzarli, persino a giustificare l’aggressore. Ma lo fa non perché il pericolo sia cessato, ma perché ne è ancora dentro.

Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che non serve la volontà della vittima per proseguire il procedimento. Perché?
Perché spesso la persona offesa - soprattutto quando è legata all’aggressore da vincoli affettivi, economici o familiari - non è sempre libera di decidere.

Ed infatti la Convenzione di Istanbul impone di agire in modo da prevenire recidive, escalation e letalità.

La remissione della querela può dunque essere un falso segnale di pace, può essere il frutto di minacce, ricatti, paura per sé e per i figli.
Non è una prova di inattendibilità. È la prova di quanto sia difficile spezzare il legame con chi ti fa del male.

Allora chiediamoci: quante ritrattazioni sono l’effetto più subdolo della violenza?

Post scritto da @avvcrespi
Per leggere l’articolo completo, un click su bio e poi blog penale

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Quante volte l’abbiamo sentito dire? E quante volte è stato usato come pretesto per sminuire la parola di una vittima?
 
Nel contesto della violenza domestica, la ritrattazione o la remissione della querela non fermano il processo penale. Non lo fanno perché non sono segni di volubilità, ma spesso indici di una soggezione ancora in atto.
 
Lo ha ribadito la Cassazione: questi comportamenti non solo non cancellano il reato, ma possono essere spie della persistenza della violenza, che si manifesta in forme cicliche, manipolatorie e psicologicamente devastanti.
 
La vittima può arrivare a negare i fatti, a minimizzarli, persino a giustificare l’aggressore. Ma lo fa non perché il pericolo sia cessato, ma perché ne è ancora dentro.
 
Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che non serve la volontà della vittima per proseguire il procedimento. Perché?
Perché spesso la persona offesa - soprattutto quando è legata all’aggressore da vincoli affettivi, economici o familiari - non è sempre libera di decidere.
 
Ed infatti la Convenzione di Istanbul impone di agire in modo da prevenire recidive, escalation e letalità.
 
La remissione della querela può dunque essere un falso segnale di pace, può essere  il frutto di minacce, ricatti, paura per sé e per i figli.
Non è una prova di inattendibilità. È la prova di quanto sia difficile spezzare il legame con chi ti fa del male.
 
Allora chiediamoci: quante ritrattazioni sono l’effetto più subdolo della violenza?
 
Post scritto da @avvcrespi
Per leggere l’articolo completo, un click su bio e poi blog penale

“Non voglio andare a scuola!” Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase dai nostri figli?

A volte diventa una sorta di faticosa litania che per alcuni ragazzi si trasforma invece in un rigido rifiuto scolastico.

Proprio ieri il Corriere della Sera ha pubblicato gli esiti di due sondaggio negli USA che così rivelano:
2 studenti su 5 (42%), che hanno sofferto di assenteismo lo scorso anno, non si sentono fisicamente in grado di recarsi a scuola;
1 su 5 sostiene di essere troppo stanco per andarci (20%);
il 28% dei bambini che soffre di rifiuto scolastico ha nella maggior parte dei casi un’età compresa tra 10 e 13 anni.

In Italia, anche grazie alla Legge Caivano la frequenza degli studenti in obbligo scolastico è più costante anche se gli ultimi dati ISTAT 2025 rilevano che il 9,8% dei giovani tra 18 e 24 anni ha interrotto gli studi senza un diploma o una qualifica.

Vediamo insieme cosa prevede la legge!

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“Non voglio andare a scuola!” Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase dai nostri figli?

A volte diventa una sorta di faticosa litania che per alcuni ragazzi si trasforma invece in un rigido rifiuto scolastico.

Proprio ieri il Corriere della Sera ha pubblicato gli esiti di due sondaggio negli USA che così rivelano:
2 studenti su 5 (42%), che hanno sofferto di assenteismo lo scorso anno, non si sentono fisicamente in grado di recarsi a scuola;
1 su 5 sostiene di essere troppo stanco per andarci (20%);
il 28% dei bambini che soffre di rifiuto scolastico ha nella maggior parte dei casi un’età compresa tra 10 e 13 anni.

In Italia, anche grazie alla Legge  Caivano la frequenza degli studenti in obbligo scolastico è più costante anche se gli ultimi dati ISTAT 2025 rilevano che il 9,8% dei giovani tra 18 e 24 anni  ha interrotto gli studi senza un diploma o una qualifica.

Vediamo insieme cosa prevede la legge!

Il padre biologico se conosciuto deve essere avvisato della pendeva di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità di un minore.

Il Tribunale per i Minorenni è obbligato ad avvisare i presunti genitori dell’avvio del procedimento in modo che questi possano, se lo ritengono, chiedere la sospensione del procedimento e procedere così al riconoscimento del figlio.

E se il presunto genitore biologico non viene avvisato e quindi nulla sa del procedimento?

La Corte di Cassazione ha ribadito che la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è nulla!

Nel caso di specie, la minore era stata riconosciuta alla nascita dalla sola madre. Il padre era noto al TM in quanto era stato individuato dai servizi sociali ma, nonostante questo, nulla sapeva del procedimento.

Il TM non può dichiarare adottabile un minore se non avvisa il presunto genitore e non concede a quest’ultimo la facoltà di sospendere la procedura per provvedere al riconoscimento (art. 10 e 11 L. 184/1983).

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Il padre biologico se conosciuto deve essere avvisato della pendeva di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità di un minore.

Il Tribunale per i Minorenni è obbligato ad avvisare i presunti genitori dell’avvio del procedimento in modo che questi possano, se lo ritengono, chiedere la sospensione del procedimento e procedere così al riconoscimento del figlio.

E se il presunto genitore biologico non viene avvisato e quindi nulla sa del procedimento?

La Corte di Cassazione ha ribadito che la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è nulla!

Nel caso di specie, la minore era stata riconosciuta alla nascita dalla sola madre. Il padre era noto al TM in quanto era stato individuato dai servizi sociali ma, nonostante questo, nulla sapeva del procedimento.

Il TM non può dichiarare adottabile un minore se non avvisa il presunto genitore e non concede a quest’ultimo la facoltà di sospendere la procedura per provvedere al riconoscimento (art. 10 e 11 L. 184/1983).

Le somme spese da un coniuge per le spese connesse alla celebrazione del matrimonio e per le future esigenze della famiglia rientrano nell’obbligo di contribuzione reciproca e proporzionale ex artt. 143 e 316-bis c.c. e, pertanto, sono irripetibili.

Anche se dopo pochi mesi la coppia scoppia e inizia la guerra in Tribunale, non sussiste il diritto di un coniuge di chiedere il rimborso all’altro per tali spese, poiché esse si considerano sostenute nell’interesse della famiglia e non costituiscono donazioni fatte in vista di un futuro matrimonio ai sensi dell’articolo 785 Cc, che, se il matrimonio viene annullato, perdono validità.

In questo caso, dopo alcuni anni di convivenza nella casa di proprietà di lui, una coppia decideva di sposarsi: la donna e i di lei genitori si facevano carico in modo pressoché integrale dei costi del matrimonio sia per la cerimonia nuziale che alcune future esigenze della vita familiare anticipando anche la parte del futuro marito che a voce prometteva di restituire appena possibile la sua parte.

Finito dopo pochi mesi il matrimonio, la donna sollecitava il rimborso e a fronte del diniego del marito chiedeva decreto ingiuntivo.

Il marito si opponeva negando ogni debito e richiamando il dovere coniugale reciproco di contribuzione alle spese e il tribunale di Pescara gli dava ragione!

Le somme spese per e post celebrazione del matrimonio non possono essere ripetute a seguito dello scioglimento della coppia salvo diverso accordo scritto tra coniugi!

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Le somme spese da un coniuge per le spese connesse alla celebrazione del matrimonio e per le future esigenze della famiglia rientrano nell’obbligo di contribuzione reciproca e proporzionale ex artt. 143 e 316-bis c.c. e, pertanto, sono irripetibili.

Anche se dopo pochi mesi la coppia scoppia e inizia la guerra in Tribunale, non sussiste il diritto di un coniuge di chiedere il rimborso all’altro per tali spese, poiché esse si considerano sostenute nell’interesse della famiglia e non costituiscono donazioni fatte in vista di un futuro matrimonio ai sensi dell’articolo 785 Cc, che, se il matrimonio viene annullato, perdono validità.

In questo caso, dopo alcuni anni di convivenza nella casa di proprietà di lui, una coppia decideva di sposarsi: la donna e i di lei genitori si facevano carico in modo pressoché integrale dei costi del matrimonio sia per la cerimonia nuziale che alcune future esigenze della vita familiare anticipando anche la parte del futuro marito che a voce prometteva di restituire appena possibile la sua parte.

Finito dopo pochi mesi il matrimonio, la donna sollecitava il rimborso e a fronte del diniego del marito chiedeva decreto ingiuntivo.

Il marito si opponeva negando ogni debito e richiamando il dovere coniugale  reciproco di contribuzione alle spese e il tribunale di Pescara gli dava ragione!

Le somme spese per e post celebrazione del matrimonio non possono essere ripetute a seguito dello scioglimento della coppia salvo diverso accordo scritto tra coniugi!

➡️ Il danno da abbandono da parte di un genitore ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha età !!

➡️ Con l’ordinanza n.31552/2024 del 9 dicembre 2024 la Cassazione ha affrontato il tema del risarcimento del danno subito da un figlio da tempo maggiorenne per mancato riconoscimento da parte del padre.

➡️Il caso: un uomo nato nel 1976 si decideva a farsi riconoscere dal padre di cui conosceva l’identità che non lo aveva mai cercato. Il Tribunale di Monza dichiarata la paternità, aveva condannato il padre a un risarcimento per il danno non patrimoniale subito dal figlio, limitato però al solo periodo della minore età.

➡️Il figlio impugnava la pronuncia ma anche la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello, sostenendo che la sofferenza per l’assenza di un genitore sarebbe “maggiormente percepibile” nell’infanzia, e “meno intensa” in età adulta.

➡️ Il figlio non si dava per vinto e adiva la Cassazione che ha chiarito che il danno da abbandono genitoriale ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha scadenza anagrafica, soprattutto quando l’assenza è prolungata, consapevole e mai interrotta. L’idea che un figlio adulto possa “non percepire più” l’assenza affettiva viene definita astratta e scollegata dalla realtà del caso. Secondo la Cassazione, non solo la relazione non è mai nata, ma il figlio è stato privato anche della possibilità di costruirla: questa impossibilità è, di per sé, il cuore del danno. E la sola attribuzione dello status di figlio non basta a sanare anni di vuoto affettivo.
➡️ Cassata la Sentenza ora la Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione dovrà rivalutare il danno
🔗 Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell`Avv. Maria Zaccara: un click sul link in bio ed uno su Blog.

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➡️ Il danno da abbandono da parte di un genitore ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha età !!

➡️ Con l’ordinanza n.31552/2024 del 9 dicembre 2024 la Cassazione ha affrontato il tema del risarcimento del danno subito da un figlio da tempo maggiorenne per mancato riconoscimento da parte del padre.

➡️Il caso: un uomo nato nel 1976 si decideva a farsi riconoscere dal padre di cui conosceva l’identità che non lo aveva mai cercato. Il Tribunale di Monza dichiarata la paternità, aveva condannato il padre a un risarcimento per il danno non patrimoniale subito dal figlio, limitato però al solo periodo della minore età.

➡️Il figlio impugnava la pronuncia ma anche la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello, sostenendo che la sofferenza per l’assenza di un genitore sarebbe “maggiormente percepibile” nell’infanzia, e “meno intensa” in età adulta.

➡️ Il figlio non si dava per vinto e adiva la Cassazione che ha chiarito che il danno da abbandono genitoriale ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha scadenza anagrafica, soprattutto quando l’assenza è prolungata, consapevole e mai interrotta. L’idea che un figlio adulto possa “non percepire più” l’assenza affettiva viene definita astratta e scollegata dalla realtà del caso. Secondo la Cassazione, non solo la relazione non è mai nata, ma il figlio è stato privato anche della possibilità di costruirla: questa impossibilità è, di per sé, il cuore del danno. E la sola attribuzione dello status di figlio non basta a sanare anni di vuoto affettivo.
➡️ Cassata la Sentenza ora la Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione dovrà rivalutare il danno
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