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Diritto di Famiglia

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Diritto Patrimoniale di Famiglia

Diritti dei Minori

Diritto delle Successioni e Donazioni

Diritto delle Persone

Diritto dell’Immigrazione

Da Instagram

➡ Cosa accade se la moglie che riceve in comodato dal marito un immobile per abitarlo e per utilizzarlo durante le visite al figlio lo affitta a terzi?
➡ il Tribunale di Grosseto con la sentenza 606/2025 conferma l’orientamento costante per cui il comodante, di fronte ad un comportamento del comodatario che costituisca inadempimento degli obblighi di cui all`art. 1804 c.c., può senz`altro recedere dal contratto, causandone l`estinzione e facendo sorgere in capo al comodatario l`obbligo della immediata restituzione del bene, oltre a quello del risarcimento del danno;
➡ in particolare, l’affitto a terzi costituisce un abuso dell’immobile oggetto del comodato dovendo la moglie servirsi della cosa per la specifica esigenza di abitarla per esercitare il diritto di visita.
➡ Pertanto, il Tribunale di Grosseto afferma che iI trasferimento della donna in altra abitazione e la di lei intenzione di affittare a terzi l`immobile il cui godimento gli era stato concesso in virtù del rapporto personale fiduciario con il comodante sono condotte idonee a legittimare la richiesta del primo a ottenere l`immediata restituzione della cosa e il risarcimento dei danni.

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➡ Cosa accade se la moglie che riceve in comodato dal marito un immobile per abitarlo e per utilizzarlo durante le visite al figlio lo affitta a terzi?
➡ il Tribunale di Grosseto con la sentenza 606/2025 conferma l’orientamento costante per cui il comodante, di fronte ad un comportamento del comodatario che costituisca inadempimento degli obblighi di cui all'art. 1804 c.c., può senz'altro recedere dal contratto, causandone l'estinzione e facendo sorgere in capo al comodatario l'obbligo della immediata restituzione del bene, oltre a quello del risarcimento del danno;
➡ in particolare, l’affitto a terzi costituisce un abuso dell’immobile oggetto del comodato dovendo la moglie servirsi della cosa per la specifica esigenza di abitarla per esercitare il diritto di visita.
➡ Pertanto, il Tribunale di Grosseto afferma che iI trasferimento della donna in altra abitazione e la di lei intenzione di affittare a terzi l'immobile il cui godimento gli era stato concesso in virtù del rapporto personale fiduciario con il comodante sono condotte idonee a legittimare la richiesta del primo a ottenere l'immediata restituzione della cosa e il risarcimento dei danni.

Un padre era stato accusato di non aver mai versato il mantenimento in favore del figlio minore (300 euro mensili), previsto da un provvedimento del giudice civile.
In primo grado, il Tribunale lo aveva ritenuto non punibile per la particolare tenuità del fatto, rilevando, da un lato, che il minore aveva comunque ricevuto regali, dall’altro, che le spese erano state in parte sostenute da altri familiari dell’uomo.

Proponeva ricorso il Procuratore Generale, deducendo la violazione di legge in relazione all’art. 131-bis cod, pen. e illogicità della motivazione, poiché mancavano gli indici dimostrativi della tenuità dell’offesa e della non abitualità del comportamento dell’imputato.

La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso (sent. n. 15785/25).

Sostiene, in primo luogo, che l’omesso pagamento dell’assegno protratto nel tempo non può considerarsi tenue: se la condotta è abituale e reiterata (“prolungata”) non vi può essere tenuità del fatto (art. 131-bis, comma 3 c.p.).

Inoltre, secondo la Suprema Corte, i regali non equivalgono al mantenimento: donare oggetti, fare acquisti per il figlio o contribuire informalmente al suo sostentamento non sono sufficienti per ritenere adempiuto l’obbligo di mantenimento.

Anche il pagamento da parte di terzi non libera l’obbligato: se i nonni o altri parenti intervengono per garantire il mantenimento del minore, questo non esonera il genitore obbligato dalla responsabilità penale prevista dall’art. 570-bis c.p.. In buona sostanza l’obbligo di mantenimento ha natura personale e inderogabile, e con qualsiasi forma di elusione, si commette reato.

Del pari inconferente, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità in esame, è il riferimento effettuato nella sentenza impugnata al forte legame affettivo esistente tra padre e figlio: tale elemento non è previsto per l’integrazione del delitto contestato.

Secondo voi è giusto ritenere il genitore responsabile, anche se il figlio ha ricevuto supporto dai parenti dell’obbligato?

Post scritto da @avvcrespi

#minori #genitori #mantenimento

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Un padre era stato accusato di non aver mai versato il mantenimento in favore del figlio minore (300 euro mensili), previsto da un provvedimento del giudice civile.
In primo grado, il Tribunale lo aveva ritenuto non punibile per la particolare tenuità del fatto, rilevando, da un lato, che il minore aveva comunque ricevuto regali, dall’altro, che le spese erano state in parte sostenute da altri familiari dell’uomo.
 
Proponeva ricorso il Procuratore Generale, deducendo la violazione di legge in relazione all’art. 131-bis cod, pen. e illogicità della motivazione, poiché mancavano gli indici dimostrativi della tenuità dell’offesa e della non abitualità del comportamento dell’imputato.
 
La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso (sent. n. 15785/25).
 
Sostiene, in primo luogo, che l’omesso pagamento dell’assegno protratto nel tempo non può considerarsi tenue: se la condotta è abituale e reiterata (“prolungata”) non vi può essere tenuità del fatto (art. 131-bis, comma 3 c.p.).
 
Inoltre, secondo la Suprema Corte, i regali non equivalgono al mantenimento: donare oggetti, fare acquisti per il figlio o contribuire informalmente al suo sostentamento non sono sufficienti per ritenere adempiuto l’obbligo di mantenimento.
 
Anche il pagamento da parte di terzi non libera l’obbligato: se i nonni o altri parenti intervengono per garantire il mantenimento del minore, questo non esonera il genitore obbligato dalla responsabilità penale prevista dall’art. 570-bis c.p.. In buona sostanza l’obbligo di mantenimento ha natura personale e inderogabile, e con qualsiasi forma di elusione, si commette reato.
 
Del pari inconferente, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità in esame, è il riferimento effettuato nella sentenza impugnata al forte legame affettivo esistente tra padre e figlio: tale elemento non è previsto per l’integrazione del delitto contestato.
 
Secondo voi è giusto ritenere il genitore responsabile, anche se il figlio ha ricevuto supporto dai parenti dell’obbligato?
 
Post scritto da @avvcrespi
 
#minori #genitori #mantenimento

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1928/2025) ha stabilito che, in rispetto del principio di proporzionalità, se l’assegno di mantenimento per i figli è pari a circa la metà dello stipendio del genitore, va ridotto.
➡️ Nel caso specifico, un padre divorziato era stato obbligato a versare €600 al mese per la figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie, nonostante percepisse uno stipendio di €1.300,00. La madre, invece, aveva un reddito doppio rispetto al suo. L’uomo aveva modificato il proprio ruolo da socio a dipendente per ottenere una retribuzione fissa, ma la Corte d’Appello aveva ritenuto “irrilevante” questo cambiamento, confermando l’assegno già stabilito anni prima in sede di separazione.
➡️ Secondo la Cassazione, però, il principio di proporzionalità (art. 337-ter c.c.) non può essere ignorato: entrambi i genitori devono contribuire al mantenimento dei figli in base alle rispettive possibilità economiche.
➡️ La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa al giudice di secondo grado, evidenziando che un assegno che incide per quasi metà dello stipendio del genitore non è sostenibile né equo, soprattutto in presenza di forti disparità economiche tra i genitori.
🔗 Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell`Avv. Cecilia Gaudenzi: un click sul link in bio ed uno su Blog.
❓E poi se volete tornate qui e ditemi: siete d’accordo?
#DirittoDiFamiglia #AssegnoDiMantenimento #Cassazione #Proporzionalità #Separazione #Divorzio #Genitori #Figli #Giustizia #StudioLegale #Legge #CorteDiCassazione

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Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1928/2025) ha stabilito che, in rispetto del principio di proporzionalità, se l’assegno di mantenimento per i figli è pari a circa la metà dello stipendio del genitore, va ridotto.
➡️ Nel caso specifico, un padre divorziato era stato obbligato a versare €600 al mese per la figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie, nonostante percepisse uno stipendio di €1.300,00. La madre, invece, aveva un reddito doppio rispetto al suo. L’uomo aveva modificato il proprio ruolo da socio a dipendente per ottenere una retribuzione fissa, ma la Corte d’Appello aveva ritenuto “irrilevante” questo cambiamento, confermando l’assegno già stabilito anni prima in sede di separazione.
➡️ Secondo la Cassazione, però, il principio di proporzionalità (art. 337-ter c.c.) non può essere ignorato: entrambi i genitori devono contribuire al mantenimento dei figli in base alle rispettive possibilità economiche.
➡️ La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa al giudice di secondo grado, evidenziando che un assegno che incide per quasi metà dello stipendio del genitore non è sostenibile né equo, soprattutto in presenza di forti disparità economiche tra i genitori.
🔗 Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell'Avv. Cecilia Gaudenzi: un click sul link in bio ed uno su Blog.
❓E poi se volete tornate qui e ditemi: siete d’accordo? 
#DirittoDiFamiglia #AssegnoDiMantenimento #Cassazione #Proporzionalità #Separazione #Divorzio #Genitori #Figli #Giustizia #StudioLegale #Legge #CorteDiCassazione

Il figlio 27 enne, laureato e con partita IVA, non ha più diritto al mantenimento anche se i redditi che dichiara sono molto bassi!

Il ragazzo pluri maggiorenne che ha concluso la sua formazione si presume infatti autonomo dal punto di vista economico e la partita IVA è segno di un potenziale professionale.

Lo ha chiarito la Corte d’Appello di Torino con l’ordinanza notificata in data 16 luglio 2025 adita da un padre contro un provvedimento provvisorio emesso dal Tribunale di Verbania in sede di divorzio che aveva confermato il mantenimento del figlio di 26 anni e l’assegnazione della casa familiare alla madre.

La madre, infatti, si era opposta alla richiesta di revoca del padre, dicendo che il figlio si dava da fare ma era difficile farsi strada. Il Tribunale le da ragione e in via temporanea confermava il mantenimento al ragazzo ma ne disponeva la testimonianza, ritenendo che la sua allegata indipendenza economica dovesse essere indagata.

Il padre reclamava il provvedimento provvisorio riferendo che il ragazzo si era laureato nel 2021, aveva quasi 27 anni, era titolare di partita IVA da tempo, aveva una stanza che usava come ufficio ed era in fase di consolidamento della clientela.
Inoltre nelle more della decisione del reclamo il ragazzo per ben tre volte non si presentava a rendere testimonianza adducendo “impegni professionali”.

La Corte d’Appello non ha dubbi! Richiamando la Cassazione, revoca il mantenimento al ragazzo con decorrenza dalla domanda nonchè l’assegnazione della casa ribadendo che in presenza di un figlio in età adulta, in possesso di adeguata formazione e inserito nel mondo del lavoro, si presume il raggiungimento dell`autosufficienza economica in assenza di qualsiasi disabilità, impedimento o percorso di studi incompleto.

Il maggiorenne, una volta completato il percorso formativo scelto, deve dimostrare di aver intrapreso azioni concrete per raggiungere l`autonomia economica, inclusa l`attiva ricerca di opportunità lavorative offerte dal mercato, anche ridimensionando le proprie aspirazioni se necessario.

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Il figlio 27 enne, laureato e con partita IVA, non ha più diritto al mantenimento anche se i redditi che dichiara sono molto bassi!

Il ragazzo pluri maggiorenne che ha concluso la sua formazione  si presume infatti autonomo dal punto di vista economico e la partita IVA è segno di un potenziale professionale.

Lo ha chiarito la Corte d’Appello di Torino con l’ordinanza notificata in data 16 luglio 2025 adita da un padre contro un provvedimento provvisorio emesso dal Tribunale di Verbania in sede di divorzio che aveva confermato il mantenimento del figlio di 26 anni e l’assegnazione della casa familiare alla madre.

La madre, infatti, si era opposta alla richiesta di revoca del padre, dicendo che il figlio  si dava da fare ma era difficile farsi strada. Il Tribunale le da ragione e in via temporanea confermava il mantenimento al ragazzo ma ne disponeva la testimonianza, ritenendo che la sua allegata indipendenza economica dovesse essere indagata. 

Il padre reclamava il provvedimento provvisorio riferendo che il ragazzo si era laureato nel 2021, aveva quasi 27 anni, era titolare di partita IVA da tempo, aveva una stanza che usava come ufficio ed era in fase di consolidamento della clientela. 
Inoltre nelle more della decisione del reclamo il ragazzo per ben tre volte non si presentava a rendere testimonianza adducendo “impegni professionali”.

La Corte d’Appello non ha dubbi! Richiamando la Cassazione, revoca il mantenimento al ragazzo con decorrenza dalla domanda nonchè l’assegnazione della casa ribadendo che in presenza di un figlio in età adulta, in possesso di adeguata formazione e inserito nel mondo del lavoro, si presume il raggiungimento dell'autosufficienza economica in assenza di qualsiasi disabilità, impedimento o percorso di studi incompleto. 

Il maggiorenne, una volta completato il percorso formativo scelto, deve dimostrare di aver intrapreso azioni concrete per raggiungere l'autonomia economica, inclusa l'attiva ricerca di opportunità lavorative offerte dal mercato, anche ridimensionando le proprie aspirazioni se necessario.

➡️ Con l’Ordinanza del 6 luglio 2025, il Tribunale di Milano ha riaffermato un principio fondamentale in tema di possesso familiare: anche in caso di crisi coniugale, l’allontanamento volontario da casa non equivale a rinuncia al possesso, né legittima lo spoglio da parte dell’altro coniuge.

➡️Il Giudice ha accolto la richiesta di un marito, ordinando la reintegrazione nel possesso dell`immobile dopo che la moglie aveva interrotto le trattative, depositato ricorso per separazione e cambiato la serratura, impedendo l`ingresso del coniuge.

➡️Il Giudice valorizza alcuni elementi fattuali decisivi, il ricorrente, infatti:

– non aveva mai formalmente rinunciato alla detenzione dell’immobile;

– era in possesso delle chiavi dell’abitazione fino al momento dello spoglio;

– aveva comunicato tramite i propri legali che l’allontanamento era solo temporaneo e finalizzato ad agevolare il percorso separativo, non costituendo un “rilascio” della casa familiare. Inoltre, la promessa di non entrare senza preavviso di 24 ore configurava una modalità convenzionale e rispettosa della convivenza familiare, non una rinuncia al potere di fatto sull’immobile.

➡️Tutti questi elementi, hanno portato il Giudice a riconoscere la persistenza di una situazione possessoria tutelabile, la cui interruzione unilaterale, mediante il cambio della serratura da parte della moglie, ha integrato uno spoglio vietato.

➡️ Alla luce di quanto sopra il Giudice ha condannato la resistente alla reintegrazione del ricorrente nella codetenzione qualificata dell’immobile nonché alla rifusione delle spese di lite.

🔗 Vuoi leggere l’approfondimento dell`Avv. Maria Zaccara? un click sul link in bio ed uno su Blog.

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➡️ Con l’Ordinanza del 6 luglio 2025, il Tribunale di Milano ha riaffermato un principio fondamentale in tema di possesso familiare: anche in caso di crisi coniugale, l’allontanamento volontario da casa non equivale a rinuncia al possesso, né legittima lo spoglio da parte dell’altro coniuge.

➡️Il Giudice ha accolto la richiesta di un marito, ordinando la reintegrazione nel possesso dell'immobile dopo che la moglie aveva interrotto le trattative, depositato ricorso per separazione e cambiato la serratura, impedendo l'ingresso del coniuge.

➡️Il Giudice valorizza alcuni elementi fattuali decisivi, il ricorrente, infatti:

– non aveva mai formalmente rinunciato alla detenzione dell’immobile;

– era in possesso delle chiavi dell’abitazione fino al momento dello spoglio;

– aveva comunicato tramite i propri legali che l’allontanamento era solo temporaneo e finalizzato ad agevolare il percorso separativo, non costituendo un “rilascio” della casa familiare. Inoltre, la promessa di non entrare senza preavviso di 24 ore configurava una modalità convenzionale e rispettosa della convivenza familiare, non una rinuncia al potere di fatto sull’immobile.

➡️Tutti questi elementi, hanno portato il Giudice a riconoscere la persistenza di una situazione possessoria tutelabile, la cui interruzione unilaterale, mediante il cambio della serratura da parte della moglie, ha integrato uno spoglio vietato.

➡️ Alla luce di quanto sopra il Giudice ha condannato la resistente alla reintegrazione del ricorrente nella codetenzione qualificata dell’immobile nonché alla rifusione delle spese di lite.

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Per noi avvocati il mese di luglio è come il mese di dicembre! L’imminente chiusura dello studio nel mese di agosto è vissuta dai clienti come “la fine del mondo”! Tutti vogliono partire per le vacanze, più leggeri. Ecco allora la corsa all’accordo., al deposito del ricorso per separazione, all’invio di una lettera di apertura dei trattative… insomma per noi Avvocati luglio è un tour de force che ci impegna più che mai!!
Ma anche in questi giorni di fatica, troviamo il tempo per per sorridere con voi di noi e delle nostre ansie !! Ecco le frasi che in questi giorni affiorano più spesso nella nostra mente.. 🤣
Quanti come noi? Ti ritrovi anche tu?

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Per noi avvocati il mese di luglio è come il mese di dicembre! L’imminente chiusura dello studio nel mese di agosto è vissuta dai clienti come “la fine del mondo”! Tutti vogliono partire per le vacanze, più leggeri. Ecco allora la corsa all’accordo., al deposito del ricorso per separazione, all’invio di una lettera di apertura dei trattative… insomma per noi Avvocati luglio è un tour de force che ci impegna più che mai!! 
Ma anche in questi giorni di fatica, troviamo il tempo per per sorridere con voi di noi e delle nostre ansie !! Ecco le frasi che in questi giorni affiorano più spesso nella nostra mente.. 🤣
Quanti come noi? Ti ritrovi anche tu?

Affidamento super-esclusivo al padre perché la persistente ed elevata conflittualità coniugale è tale da pregiudicare l`interesse dei minori e rendere impraticabile l’affido condiviso e la madre ha agito con comportamento altamente pregiudizievole.

Così si è espressa la Cassazione con ordinanza n. 16274 del 17 giugno 2025 che ha respinto il ricorso di una madre che in forte conflitto con l’ex marito, in sede di divorzio vedeva stravolto l’assetto genitoriale disposto in separazione.

Durante il procedimento di divorzio, infatti, il padre preoccupato per i figli, chiedeva di avere il collocamento dei figli e stante l’impossibilità di gestirli insieme alla madre, il cambio di affidamento.

Disposta CTU genitoriale e l’audizioni dei minori, emergeva che la donna non riusciva a tutelare i figli dal conflitto coniugale, li faceva partecipi della lotta, non gestiva il figlio che accumulava tantissime assenze da scuola, rifiutava di iscrivere la figlia alla scuola media da sempre frequentata con il solo motivo di andare contro al padre, non accoglieva la richiesta di far seguire i figli da uno psicologo.

Il Tribunale quindi disponeva l’affidamento super-esclusivo dei minori al padre, che appariva più idoneo ad assicurare il migliore sviluppo della loro personalità ma lasciava l’assegnazione della casa familiare alla donna e le riconosceva anche un assegno divorzile di €1.000, più un contributo di mantenimento per i figli di €600 ciascuno.

Ma la sentenza non piaceva all’uomo che adiva la Corte d’Appello che concludeva confermandogli l’affidamento super/esclusivo ma manteneva l’assegnazione della casa alla madre pur revocando alla donna l’assegno divorzile.

Impugnata dalla donna la decisione, la Cassazione riteneva legittime perchè ben motivate le decisioni in merito ai minori ma invece cassava con rinvio le questioni sull’assegno divorzile: la situazione lavorativa della donna era precaria e il reddito molto basso. Milano dovrà rivalutare la situazione della donna!

#DirittoDiFamiglia #AffidamentoMinori #AssegnoDivorzile #ConflittoGenitoriale #CasaFamiliare #MantenimentoFigli #TutelaMinori

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Affidamento super-esclusivo al padre perché la persistente ed elevata conflittualità coniugale è tale da pregiudicare l'interesse dei minori e rendere impraticabile l’affido condiviso e la madre ha agito con comportamento altamente pregiudizievole.

Così si è espressa la Cassazione con ordinanza n. 16274 del 17 giugno 2025 che ha respinto il ricorso di una madre che in forte conflitto con l’ex marito, in sede di divorzio vedeva stravolto l’assetto genitoriale disposto in separazione. 

Durante il procedimento di divorzio, infatti, il padre preoccupato per i figli, chiedeva di avere il collocamento dei figli e stante l’impossibilità di gestirli insieme alla madre, il cambio di affidamento.

Disposta CTU genitoriale e l’audizioni dei minori, emergeva che la donna non riusciva a tutelare i figli dal conflitto coniugale, li faceva partecipi della lotta, non gestiva il figlio che accumulava tantissime assenze da scuola, rifiutava di iscrivere la figlia alla scuola media da sempre frequentata con il solo motivo di andare contro al padre, non accoglieva la richiesta di far seguire i figli da uno psicologo.

Il Tribunale quindi disponeva l’affidamento super-esclusivo dei minori al padre, che appariva più idoneo ad assicurare il migliore sviluppo della loro personalità ma lasciava l’assegnazione della casa familiare alla donna e le riconosceva anche un assegno divorzile di €1.000, più un contributo di mantenimento per i figli di €600 ciascuno.

Ma la sentenza non piaceva all’uomo che adiva la Corte d’Appello che concludeva confermandogli l’affidamento super/esclusivo ma manteneva l’assegnazione della casa alla madre pur revocando alla donna l’assegno divorzile.

Impugnata dalla donna la decisione, la Cassazione riteneva legittime perchè ben motivate le decisioni in merito ai minori ma invece cassava con rinvio le questioni sull’assegno divorzile: la situazione lavorativa della donna era precaria e il reddito molto basso. Milano dovrà rivalutare la situazione della donna! 

#DirittoDiFamiglia #AffidamentoMinori #AssegnoDivorzile #ConflittoGenitoriale #CasaFamiliare #MantenimentoFigli #TutelaMinori

Risarcita con € 10.000,00 la moglie tradita pubblicamente proprio quando la coppia stava cercando un bambino.

Dopo anni di relazione, una coppia di ballerini professionisti nel 2000 apriva una scuola di ballo e contemporaneamente continuava a partecipare a gare di ballo nazionali ed internazionali.

Nel 2007 la coppia si sposava e poco dopo- in prospettiva di avere un bambino - l’uomo chiedeva alla moglie di rinunciare alla carriera agonistica e di iniziare una serie di accertamenti per una eventuale PMA.

Nell’autunno 2011 la donna però scopriva dal cellulare una relazione extraconiugale del marito con una allieva della scuola di ballo, e successivamente trovava tra la biancheria un biglietto d’amore dell’amante.

L’uomo si scusava ma la donna ben presto si rendeva conto che l’uomo continuava la relazione con la giovane allieva e che il tradimento era oggetto di pettegolezzi e maldicenze, visto che l’uomo e l’allieva si scambiavano abbracci, baci coccole, ecc anche durante le gare di ballo a cui partecipavano.

Alla donna non rimaneva di andarsene da casa ed intraprendere un giudizio di separazione che si concludeva con l’addebito a carico del marito.

Forte dell’addebito, la donna chiedeva l’applicazione delle tabelle di Milano per il danno non patrimoniale da morte del congiunto e per il danno patrimoniale da diffamazione.

Inutile la difesa del marito: la circostanza che la moglie dopo due anni si fosse rifatta una vita con un nuovo compagno e una nuova scuola di ballo non diminuiva la gravità del comportamento agito in lesione dell’onore, della dignità personale e della salute della donna.

Il Tribunale da ragione alla donna perché l’agito dell’uomo ha superato la normale tollerabilità generando maldicenze e pettegolezzi ma non applica le tabelle richieste: il tradimento non può essere equiparato al dolore derivante dalla perdita di una persona cara.

Il criterio risarcitorio non potrà che essere equitativo ex articolo 1226 cc: €10.000,00 oltre interessi e spese di causa per altri €5000,00.

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Risarcita con € 10.000,00 la moglie tradita pubblicamente proprio quando la coppia stava cercando un bambino.

Dopo anni di relazione, una coppia di ballerini professionisti nel 2000 apriva una scuola di ballo e contemporaneamente continuava a partecipare a gare di ballo nazionali ed internazionali.

Nel 2007 la coppia si sposava e poco dopo-  in prospettiva di avere un bambino - l’uomo chiedeva alla moglie di rinunciare alla carriera agonistica e di iniziare una serie di accertamenti per una eventuale PMA.

Nell’autunno 2011 la donna però scopriva dal cellulare una relazione extraconiugale del marito con una allieva della scuola di ballo, e successivamente trovava  tra la biancheria un biglietto d’amore dell’amante.

L’uomo si scusava ma la donna ben presto si rendeva conto che l’uomo continuava la relazione con la giovane allieva e che il tradimento era oggetto di pettegolezzi e maldicenze, visto che l’uomo e l’allieva si scambiavano abbracci, baci coccole, ecc anche durante le gare di ballo a cui partecipavano.

Alla donna non rimaneva di andarsene da casa ed intraprendere un giudizio di separazione che si concludeva con l’addebito a carico del marito.

Forte dell’addebito, la donna chiedeva l’applicazione delle tabelle di Milano per il danno non patrimoniale da morte del congiunto e per il danno patrimoniale da diffamazione.

Inutile la difesa del marito: la circostanza che la moglie dopo due anni si fosse rifatta una vita con un nuovo compagno e una nuova scuola di ballo non diminuiva la gravità del comportamento agito in lesione dell’onore, della dignità personale e della salute della donna.

Il Tribunale da ragione alla donna perché l’agito dell’uomo ha superato la normale tollerabilità generando maldicenze e pettegolezzi ma non applica le tabelle richieste: il tradimento non può essere equiparato al dolore derivante dalla perdita di una persona cara.

Il criterio risarcitorio non potrà che essere equitativo ex articolo 1226 cc: €10.000,00 oltre interessi e spese di causa per altri €5000,00.
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