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Da Instagram

Risarcita con € 10.000,00 la moglie tradita pubblicamente proprio quando la coppia stava cercando un bambino.

Dopo anni di relazione, una coppia di ballerini professionisti nel 2000 apriva una scuola di ballo e contemporaneamente continuava a partecipare a gare di ballo nazionali ed internazionali.

Nel 2007 la coppia si sposava e poco dopo- in prospettiva di avere un bambino - l’uomo chiedeva alla moglie di rinunciare alla carriera agonistica e di iniziare una serie di accertamenti per una eventuale PMA.

Nell’autunno 2011 la donna però scopriva dal cellulare una relazione extraconiugale del marito con una allieva della scuola di ballo, e successivamente trovava tra la biancheria un biglietto d’amore dell’amante.

L’uomo si scusava ma la donna ben presto si rendeva conto che l’uomo continuava la relazione con la giovane allieva e che il tradimento era oggetto di pettegolezzi e maldicenze, visto che l’uomo e l’allieva si scambiavano abbracci, baci coccole, ecc anche durante le gare di ballo a cui partecipavano.

Alla donna non rimaneva di andarsene da casa ed intraprendere un giudizio di separazione che si concludeva con l’addebito a carico del marito.

Forte dell’addebito, la donna chiedeva l’applicazione delle tabelle di Milano per il danno non patrimoniale da morte del congiunto e per il danno patrimoniale da diffamazione.

Inutile la difesa del marito: la circostanza che la moglie dopo due anni si fosse rifatta una vita con un nuovo compagno e una nuova scuola di ballo non diminuiva la gravità del comportamento agito in lesione dell’onore, della dignità personale e della salute della donna.

Il Tribunale da ragione alla donna perché l’agito dell’uomo ha superato la normale tollerabilità generando maldicenze e pettegolezzi ma non applica le tabelle richieste: il tradimento non può essere equiparato al dolore derivante dalla perdita di una persona cara.

Il criterio risarcitorio non potrà che essere equitativo ex articolo 1226 cc: €10.000,00 oltre interessi e spese di causa per altri €5000,00.

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Risarcita con € 10.000,00 la moglie tradita pubblicamente proprio quando la coppia stava cercando un bambino.

Dopo anni di relazione, una coppia di ballerini professionisti nel 2000 apriva una scuola di ballo e contemporaneamente continuava a partecipare a gare di ballo nazionali ed internazionali.

Nel 2007 la coppia si sposava e poco dopo-  in prospettiva di avere un bambino - l’uomo chiedeva alla moglie di rinunciare alla carriera agonistica e di iniziare una serie di accertamenti per una eventuale PMA.

Nell’autunno 2011 la donna però scopriva dal cellulare una relazione extraconiugale del marito con una allieva della scuola di ballo, e successivamente trovava  tra la biancheria un biglietto d’amore dell’amante.

L’uomo si scusava ma la donna ben presto si rendeva conto che l’uomo continuava la relazione con la giovane allieva e che il tradimento era oggetto di pettegolezzi e maldicenze, visto che l’uomo e l’allieva si scambiavano abbracci, baci coccole, ecc anche durante le gare di ballo a cui partecipavano.

Alla donna non rimaneva di andarsene da casa ed intraprendere un giudizio di separazione che si concludeva con l’addebito a carico del marito.

Forte dell’addebito, la donna chiedeva l’applicazione delle tabelle di Milano per il danno non patrimoniale da morte del congiunto e per il danno patrimoniale da diffamazione.

Inutile la difesa del marito: la circostanza che la moglie dopo due anni si fosse rifatta una vita con un nuovo compagno e una nuova scuola di ballo non diminuiva la gravità del comportamento agito in lesione dell’onore, della dignità personale e della salute della donna.

Il Tribunale da ragione alla donna perché l’agito dell’uomo ha superato la normale tollerabilità generando maldicenze e pettegolezzi ma non applica le tabelle richieste: il tradimento non può essere equiparato al dolore derivante dalla perdita di una persona cara.

Il criterio risarcitorio non potrà che essere equitativo ex articolo 1226 cc: €10.000,00 oltre interessi e spese di causa per altri €5000,00.

Il diritto di utilizzare la casa al mare nei mesi estivi riconosciuto e regolato dai coniugi in sede di separazione consensuale non si configura come diritti di abitazione né come un’assegnazione trascrivibile nei registri immobiliari. Lo ha chiarito il Tribunale di Siracusa con la sentenza del 26 giugno 2025 con cui ha rigettato la richiesta avanzata da una donna che – in base a un accordo di separazione consensuale omologato nel 2005 – rivendicava il diritto di abitazione su una villetta al mare nei mesi di agosto e settembre, per anni riconosciutole e poi improvvisamente impeditole.
La donna lamentava che il marito - che le aveva concesso la possibilità di fare rientro a Siracusa almeno d’estate come risarcimento per le sofferenze subite - dopo anni di rispetto dell’accordo, nel 2010 aveva diviso l’immobile con pareti fisse, limitandole l’uso di una sola porzione e poi nell’estate 2022 le aveva impedito completamente l’ingresso cambiando le chiavi dell’abitazione.
La donna, pertanto, che si era vista costretta ad affittare un’altra casa per il periodo estivo, adiva il Tribunale di Siracusa chiedendo il risarcimento per l’impedimento al godimento dell’immobile e il danno psicologico subito.
Ma il Tribunale respingeva tutte le domande della donna negando che l’accordo di separazione le avesse riconosciuto un diritto di abitazione: il diritto di abitazione, previsto dagli artt. 1022 e ss. c.c., richiede infatti stabilità, continuità e trascrizione nei registri immobiliari, elementi assenti nel caso in esame.
Non è un diritto reale ma un diritto personale atipico di godimento, limitato nel tempo e con finalità turistico-ricreativa, non riconducibile a un bisogno abitativo stabile, opponibile nei limiti del titolo, ma privo dei caratteri di assolutezza e tipicità dei diritti reali.
Attenzione agli accordi e a come regolate l’utilizzo delle seconde case!

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Il diritto di utilizzare la casa al mare nei mesi estivi riconosciuto e regolato dai coniugi in sede di separazione consensuale non si configura come diritti di abitazione né come un’assegnazione trascrivibile nei registri immobiliari. Lo ha chiarito il Tribunale di Siracusa con la sentenza del 26 giugno 2025 con cui ha rigettato la richiesta avanzata da una donna che – in base a un accordo di separazione consensuale omologato nel 2005 – rivendicava il diritto di abitazione su una villetta al mare nei mesi di agosto e settembre, per anni riconosciutole e poi improvvisamente impeditole. 
La donna lamentava che il marito - che le aveva concesso la possibilità di fare rientro a Siracusa almeno d’estate come risarcimento per le sofferenze subite - dopo anni di rispetto dell’accordo, nel 2010 aveva diviso l’immobile con pareti fisse, limitandole l’uso di una sola porzione e poi nell’estate 2022 le aveva impedito completamente l’ingresso cambiando le chiavi dell’abitazione. 
La donna, pertanto, che si era vista costretta ad affittare un’altra casa per il periodo estivo, adiva il Tribunale di Siracusa chiedendo il risarcimento per l’impedimento al godimento dell’immobile e il danno psicologico subito.
Ma il Tribunale respingeva tutte le domande della donna negando che l’accordo di separazione le avesse riconosciuto un diritto di abitazione: il diritto di abitazione, previsto dagli artt. 1022 e ss. c.c., richiede infatti stabilità, continuità e trascrizione nei registri immobiliari, elementi assenti nel caso in esame. 
Non è un diritto reale ma un diritto personale atipico di godimento, limitato nel tempo e con finalità turistico-ricreativa, non riconducibile a un bisogno abitativo stabile, opponibile nei limiti del titolo, ma privo dei caratteri di assolutezza e tipicità dei diritti reali.
Attenzione agli accordi e a come regolate l’utilizzo delle seconde case!

In caso di contestazioni circa il reddito ed il patrimonio personale e comune dei coniugi, il tribunale deve disporre indagini sui redditi, sui patrimoni e sull`effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.
Questo è previsto dal comma 9 dell’art. 5 della L. Div. 898/1970 che si applica in via analogica anche ai giudizi separativi.
La Corte di Cassazione, ordinanza n. 16087/2025, ha affermato che il Giudice di merito nel disporre le indagini a mezzo di polizia tributaria ha in via generale ampia discrezionalità ma quando vengono dedotti fatti precisi e circostanziati in ordine all`incompletezza o all`inattendibilità delle risultanze fiscali acquisite al processo, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della Polizia Tributaria!
Non può rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell`assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate per il tramite delle menzionate indagini.

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In caso di contestazioni circa il reddito ed il patrimonio personale e comune dei coniugi, il tribunale deve disporre indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.
Questo è previsto dal comma 9 dell’art. 5 della L. Div. 898/1970 che si applica in via analogica anche ai giudizi separativi.
La Corte di Cassazione, ordinanza n. 16087/2025, ha affermato che il Giudice di merito nel disporre le indagini a mezzo di polizia tributaria ha in via generale ampia discrezionalità ma quando vengono dedotti fatti precisi e circostanziati in ordine all'incompletezza o all'inattendibilità delle risultanze fiscali acquisite al processo, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della Polizia Tributaria! 
Non può rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell'assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate per il tramite delle menzionate indagini.

La resistenza dell’avvocato a restituire al cliente atti e documenti costituisce illecito disciplinare!

Solo la corrispondenza riservata può essere trattenuta e trasmessa al nuovo difensore.

Lo ha chiarito il CNF con una recente sentenza che ha punito l’avvocato che una volta ricevuto dal cliente la remissione del mandato - in attesa di vedersi pagati gli onorari - non restituiva al cliente atti e documenti relativi al mandato professionale.

Nello specifico, l`avvocato tratteneva copie di atti giudiziali, perizie, e documenti utili per proseguire il contenzioso con un nuovo avvocato.

A fronte di ciò, il cliente segnalava all’Ordine degli Avvocati tale professionista rivendicando il proprio diritto a ricevere la documentazione e lamentando la violazione del diritto alla difesa e … aveva ragione!

Il CNF ribadisce che:

- L’avvocato, una volta terminato l’incarico o revocato il mandato, può trattenere soltanto la corrispondenza riservata - disciplinata all`art."48 - ma solo nei limiti strettamente necessari alla difesa e per tempi contenuti. Al di fuori di questa eccezione, la trattenuta costituisce illecito.
- Il cliente deve avere piena possibilità di consultare la documentazione, indipendentemente dal rapporto con il professionista.
- Trattenere documenti senza giustificazione mina la fiducia verso l`avvocato e ostacola l`effettivo esercizio del diritto.

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La resistenza dell’avvocato a restituire al cliente atti e documenti costituisce illecito disciplinare!

Solo la corrispondenza riservata può essere trattenuta e trasmessa al nuovo difensore.

Lo ha chiarito il CNF con una recente sentenza che ha punito l’avvocato che una volta ricevuto dal cliente la remissione del mandato - in attesa di vedersi pagati gli onorari - non restituiva al cliente atti e documenti relativi al mandato professionale.

Nello specifico, l'avvocato tratteneva copie di atti giudiziali, perizie, e documenti utili per proseguire il contenzioso con un nuovo avvocato.

A fronte di ciò, il cliente segnalava all’Ordine degli Avvocati tale professionista rivendicando il proprio diritto a ricevere la documentazione e lamentando la violazione del diritto alla difesa e … aveva ragione!

Il CNF ribadisce che:

- L’avvocato, una volta terminato l’incarico o revocato il mandato, può trattenere soltanto la corrispondenza riservata - disciplinata all'art."48 - ma solo nei limiti strettamente necessari alla difesa e per tempi contenuti. Al di fuori di questa eccezione, la trattenuta costituisce illecito.
- Il cliente deve avere piena possibilità di consultare la documentazione, indipendentemente dal rapporto con il professionista.
- Trattenere documenti senza giustificazione mina la fiducia verso l'avvocato e ostacola l'effettivo esercizio del diritto.

Crescere in un ambiente violento può essere deleterio per un minore perché potrebbe distruggere il suo equilibrio e segnarlo per sempre.

La Cassazione torna a parlare di violenza assistita e lo fa con due sentenze importanti (n. 17857 e n. 18985 del 2025).

Con la prima la Suprema Corte afferma che la tutela dei bambini non può dipendere da perizie o segni visibili: è la reiterazione delle violenze, la loro presenza continua e invasiva, a determinare la gravità.

Quando un minore assiste a più episodi di maltrattamenti, anche se non ne è il bersaglio diretto, il rischio per il suo sviluppo psico-fisico è reale. E per configurare l’aggravante non servono “prove cliniche”, ma un quadro probatorio solido: testimonianze, fotografie, racconti coerenti.

Entrambe le sentenze precisano che non basta una singola aggressione per l’aggravante: la violenza assistita sussiste se il minore è coinvolto in più occasioni come spettatore alla violenza contro un genitore.

Con queste pronunce, la Corte ribadisce un principio essenziale: proteggere un bambino significa guardare il contesto in cui cresce, poiché potenzialmente distruttivo anche quando la violenza non lo colpisce direttamente.

E tu cosa ne pensi? Basta una sola scena di violenza per lasciare un segno indelebile? O serve che il trauma sia ripetuto davanti ai suoi occhi?

Post scritto da @avvcrespi

Per leggere l’articolo completo un click su link in bio e poi su blog penale

#maltrattamenti #minori #genitori

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Crescere in un ambiente violento può essere deleterio per un minore perché potrebbe distruggere il suo equilibrio e segnarlo per sempre.
 
La Cassazione torna a parlare di violenza assistita e lo fa con due sentenze importanti (n. 17857 e n. 18985 del 2025).
 
Con la prima la Suprema Corte afferma che la tutela dei bambini non può dipendere da perizie o segni visibili: è la reiterazione delle violenze, la loro presenza continua e invasiva, a determinare la gravità.
 
Quando un minore assiste a più episodi di maltrattamenti, anche se non ne è il bersaglio diretto, il rischio per il suo sviluppo psico-fisico è reale. E per configurare l’aggravante non servono “prove cliniche”, ma un quadro probatorio solido: testimonianze, fotografie, racconti coerenti.
 
Entrambe le sentenze precisano che non basta una singola aggressione per l’aggravante: la violenza assistita sussiste se il minore è coinvolto in più occasioni come spettatore alla violenza contro un genitore.
 
Con queste pronunce, la Corte ribadisce un principio essenziale: proteggere un bambino significa guardare il contesto in cui cresce, poiché potenzialmente distruttivo anche quando la violenza non lo colpisce direttamente.
 
E tu cosa ne pensi? Basta una sola scena di violenza per lasciare un segno indelebile? O serve che il trauma sia ripetuto davanti ai suoi occhi?
 
Post scritto da @avvcrespi
 
Per leggere l’articolo completo un click su link in bio e poi su blog penale
 
#maltrattamenti #minori #genitori

Finita la scuola è tempo di decidere come organizzare il tempo dei figli fino alla partenza delle vacanze.
Se già è difficile trovare un accordo quando la coppia è unita, quando i genitori sono separati spesso diventa difficilissimo.
C’è chi preferisce mandare i figli al mare con i nonni, chi ritiene educativo l’oratorio, chi approfitta dell’estate per far fare loro uno stage di lingua o un allenamento intenso di tennis/equitazione/basket.
Ma che succede se non c’è modo di mettersi d’accordo? I ragazzi stanno sul divano? Chi paga?
Scorri il carosello con le istruzioni per calmare l`ansia!

#estate #avvdinella #figli #vacanze

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Finita la scuola è tempo di decidere come organizzare il tempo dei figli fino alla partenza delle vacanze.
Se già è difficile trovare un accordo quando la coppia è unita, quando i genitori sono separati spesso diventa difficilissimo.
C’è chi preferisce mandare i figli al mare con i nonni, chi ritiene educativo l’oratorio, chi approfitta dell’estate per far fare loro uno stage di lingua o un allenamento intenso di tennis/equitazione/basket.
Ma che succede se non c’è modo di mettersi d’accordo? I ragazzi stanno sul divano? Chi paga? 
Scorri il carosello con le istruzioni per calmare l'ansia!

#estate #avvdinella #figli #vacanze

Corso di inglese del figlio? Il rimborso spetta anche senza accordo preventivo tra i genitori.
Con l’Ordinanza n. 17017/2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale sulle spese straordinarie per i figli. Il genitore che anticipa i costi di un corso di inglese privato ha diritto al rimborso dell’altro genitore, anche senza il suo consenso preventivo.
Secondo la Cassazione, imparare l’inglese è ormai una consuetudine sociale radicata, tanto da rendere queste spese “ordinarie” per diffusione e utilità. Perciò, non serve l’assenso preventivo per chiedere il rimborso.
Il caso nasce da un ricorso per decreto ingiuntivo della madre, dopo che l’ex marito si era rifiutato di rimborsare spese per riguardanti il corso privato di inglese frequentato dal figlio, delle visite mediche prescritte dal medico di base e dei lavori urgenti presso l’abitazione assegnata a seguito di un furto.
Dopo la decisione di primo grado che confermava il decreto ingiuntivo emesso, l’uomo ricorreva in secondo grado che, riformando la decisione del Giudice di Pace, revocava il titolo esecutivo. La donna ricorreva pertanto in Cassazione che sottolineava che le spese ordinarie, prevedibili e ricorrenti (come quelle sopra elencate) non richiedono accordo preventivo e che anche le spese straordinarie “vere” possono essere rimborsate senza accordo, se sono nell’interesse del minore.
In conclusione pertanto, se la spesa è utile, prevedibile e in linea con lo stile di vita del figlio, va rimborsata anche in assenza di un sì formale dell’altro genitore.
📌 Una pronuncia importante per tanti genitori separati: tutelare l’interesse dei figli resta la priorità.
#dirittofamiglia #cassazione #spesestraordinarie #genitoriseparati #corsoinglese #figli #rimborso #tutelafigli #legale #giurisprudenza #separazione #divorzio

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Corso di inglese del figlio? Il rimborso spetta anche senza accordo preventivo tra i genitori. 
Con l’Ordinanza n. 17017/2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale sulle spese straordinarie per i figli. Il genitore che anticipa i costi di un corso di inglese privato ha diritto al rimborso dell’altro genitore, anche senza il suo consenso preventivo.
Secondo la Cassazione, imparare l’inglese è ormai una consuetudine sociale radicata, tanto da rendere queste spese “ordinarie” per diffusione e utilità. Perciò, non serve l’assenso preventivo per chiedere il rimborso.
Il caso nasce da un ricorso per decreto ingiuntivo della madre, dopo che l’ex marito si era rifiutato di rimborsare spese per riguardanti il corso privato di inglese frequentato dal figlio, delle visite mediche prescritte dal medico di base e dei lavori urgenti presso l’abitazione assegnata a seguito di un furto. 
Dopo la decisione di primo grado che confermava il decreto ingiuntivo emesso, l’uomo ricorreva in secondo grado che, riformando la decisione del Giudice di Pace, revocava il titolo esecutivo. La donna ricorreva pertanto in Cassazione che sottolineava che le spese ordinarie, prevedibili e ricorrenti (come quelle sopra elencate) non richiedono accordo preventivo e che anche le spese straordinarie “vere” possono essere rimborsate senza accordo, se sono nell’interesse del minore.
In conclusione pertanto, se la spesa è utile, prevedibile e in linea con lo stile di vita del figlio, va rimborsata anche in assenza di un sì formale dell’altro genitore.
📌 Una pronuncia importante per tanti genitori separati: tutelare l’interesse dei figli resta la priorità.
#dirittofamiglia #cassazione #spesestraordinarie #genitoriseparati #corsoinglese #figli #rimborso #tutelafigli #legale #giurisprudenza #separazione #divorzio

La casa della suocera se abitata dal figlio e dalla di lui famiglia per oltre 13 anni, anche dopo il divorzio resta alla ex che vi vive con la figlia minore, nonostante la suocera ne pretenda la restituzione.

Fatto: dopo il matrimonio del figlio, la donna destinava alla nuova coppia il primo piano della sua casa e per 13 anni la coppia vi abitava senza problemi.

Intervenuta la separazione, la suocera tornava in possesso della casa perché il figlio concordava con la moglie che le avrebbe pagato il canone di locazione di una diversa abitazione, garantendole il ritorno nella casa familiare al primo mancato pagamento di una mensilità del canone di locazione.

A fronte dell’inadempimento dell’uomo, la donna subiva lo sfratto e in sede di divorzio chiedeva l’assegnazione della casa familiare dalla quale era rimasta lontana per 3 anni, per poter viverci con la figlia minore.

Il Tribunale di Massa e la Corte d’Appello di Genova assegnavano la casa alla donna respingendo anche la domanda della suocera che era intervenuta a sostegno del figlio nel reclamo contro il provvedimento presidenziale.

Adita la Cassazione dalla suocera, gli Ermellini non hanno dubbi:
Non importa se tra la madre e il figlio non fosse mai stato stipulato con contratto di comodato! La natura di comodato familiare era da presumere vista la destinazione al nuovo nucleo familiare per 13 anni dell’intero primo piano.

Non importa che l`ex moglie, insieme alla figlia minore, si fosse trasferita altrove, in quanto ciò era avvenuto sotto la condizione risolutiva del mancato contributo dell`ex marito al pagamento del canone di locazione dell`altra abitazione.

Non importa che la suocera rivendicasse la sua casa poiché non era stato dimostrato un urgente, imprevisto bisogno che giustificasse la risoluzione di questo tipo di comodato!

Il comodato familiare, infatti, è da inquadrare nell`ambito del comodato a tempo indeterminato, e può essere risolto solo se vi è uno stato di bisogno del comodante.

Nel caso in esame la suocera poteva godere di tutto il piano terra, come sempre fatto!

Che dolce nonnina!! 😳

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La casa della suocera se abitata dal figlio e dalla di lui famiglia per oltre 13 anni, anche dopo il divorzio resta alla ex che vi vive con la figlia minore, nonostante la suocera ne pretenda la restituzione.

Fatto: dopo il matrimonio del figlio, la donna destinava alla nuova coppia il primo piano della sua casa e per 13 anni la coppia vi abitava senza problemi.

Intervenuta la separazione, la suocera tornava in possesso della casa perché il figlio concordava con la moglie che le avrebbe pagato il canone di locazione di una diversa abitazione, garantendole il ritorno nella casa familiare al primo mancato pagamento di una mensilità del canone di locazione.

A fronte dell’inadempimento dell’uomo, la donna subiva lo sfratto e in sede di divorzio chiedeva l’assegnazione della casa familiare dalla quale era rimasta lontana per 3 anni, per poter viverci con la figlia minore.

Il Tribunale di Massa e la Corte d’Appello di Genova assegnavano la casa alla donna respingendo anche la domanda della suocera che era intervenuta a sostegno del figlio nel reclamo contro il provvedimento presidenziale.

Adita la Cassazione dalla suocera, gli Ermellini non hanno dubbi: 
Non importa se tra la madre e il figlio non fosse mai stato stipulato con contratto di comodato! La natura di comodato familiare era da presumere vista la destinazione al nuovo nucleo familiare per 13 anni dell’intero primo piano.

Non importa che l'ex moglie, insieme alla figlia minore, si fosse trasferita altrove, in quanto ciò era avvenuto sotto la condizione risolutiva del mancato contributo dell'ex marito al pagamento del canone di locazione dell'altra abitazione.

Non importa che la suocera rivendicasse la sua casa poiché non era stato dimostrato un urgente, imprevisto bisogno che giustificasse la risoluzione di questo tipo di comodato! 

Il comodato familiare, infatti,  è da inquadrare nell'ambito del comodato a tempo indeterminato, e può essere risolto solo se vi è uno stato di bisogno del comodante. 

Nel caso in esame la suocera poteva godere di tutto il piano terra, come sempre fatto!

Che dolce nonnina!! 😳
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