Anche se il minore con la madre si è allontanato dalla casa familiare per un certo periodo, può essere disposta l’assegnazione della casa familiare e ordinato il rilascio al padre. Ciò che infatti deve essere accertata è la ragione dell’allontanamento e verificare se si tratta di una scelta temporanea o definitiva. Questo il principio affermato dalla recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 24754/2025, 8 settembre 2025.
➡️ Nel caso concreto, il Tribunale di Roma aveva affidato la figlia in via esclusiva alla madre, disponendo anche l’assegnazione della casa familiare, di proprietà del padre. La Corte d’Appello revocava però tale assegnazione, ritenendo che la bambina avesse vissuto lì troppo poco, solo 18 mesi, e che il legame con l’abitazione fosse ormai cessato visto l’allontanamento della stessa insieme alla madre nelle more del primo procedimento.
➡️ La Cassazione ha invece accolto il ricorso della madre: il temporaneo trasferimento in altre abitazioni non recide il legame affettivo e di continuità con la casa familiare, che rimane tale se in passato è stata luogo stabile di convivenza del nucleo.
⚖️ In sintesi: ciò che conta è l’interesse del minore, non la durata della permanenza o l’allontanamento momentaneo.
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❓Voi che ne pensate? È giusto che il “temporaneo allontanamento” non faccia perdere la casa familiare?
#DirittoDiFamiglia #CasaFamiliare #Cassazione #Separazione #Affido #Genitori #Figli #Giustizia #StudioLegale #Legge #CorteDiCassazione
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Da quest’anno scolastico 2025/2026 saranno operativi i nuovi regolamenti approvati in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nello scorso mese di luglio 2025 che riformano il voto in condotta e la disciplina della valutazione degli studenti della scuola secondaria.

Confermata la bocciatura con il 5 in condotta, a giugno 2026 saranno ammessi alla classe successiva le studentesse e gli studenti che, in sede di scrutinio finale, avranno ottenuto una valutazione superiore a 6/10. Chi, invece, riporterà 6 in condotta, vedrà sospeso il giudizio di ammissione alla classe successiva e dovrà redigere un “compito di cittadinanza” , un testo di massimo 1.200 parole focalizzato su uno o più temi di educazione civica, scelti in relazione alla condotta dello studente. I temi potrebbero includere riflessioni sul rispetto delle regole e delle persone, analisi delle conseguenze di comportamenti aggressivi o irrispettosi, proposta di comportamenti correttivi o attività di volontariato, cittadinanza digitale e uso responsabile della tecnologia.

A valutare la prova sarà il consiglio di classe, tenuto conto della pertinenza al tema, chiarezza, capacità argomentativa e maturità raggiunta; solo se la prova sarà superata lo studente potrà accedere all’anno successivo o, in quinta, all’esame di Stato.

Il voto in condotta insomma torna ad essere un voto importante: secondo il Ministro Valditara, è un indicatore del rispetto delle regole e delle persone e dell’impegno verso la comunità scolastica.

Ecco allora che a determinare il voto sarà il comportamento degli studenti tenuto lungo l’intero anno scolastico e terrà conto, in particolare, di eventuali episodi di violenza o aggressione ai danni del personale scolastico e degli altri studenti.

In caso poi di comportamenti particolarmente gravi il Consiglio di Istituto dovrà prevedere - come alternativa alla sospensione dello studente dalla frequentazione scolastica - anche attività di approfondimento sulle conseguenze dei propri comportamenti o lo svolgimento di attività di cittadinanza solidale presso enti o associazioni previamente individuati dalle scuole.
Più scuola e non meno.. a chi si comporta male!
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Quante volte l’abbiamo sentito dire? E quante volte è stato usato come pretesto per sminuire la parola di una vittima?

Nel contesto della violenza domestica, la ritrattazione o la remissione della querela non fermano il processo penale. Non lo fanno perché non sono segni di volubilità, ma spesso indici di una soggezione ancora in atto.

Lo ha ribadito la Cassazione: questi comportamenti non solo non cancellano il reato, ma possono essere spie della persistenza della violenza, che si manifesta in forme cicliche, manipolatorie e psicologicamente devastanti.

La vittima può arrivare a negare i fatti, a minimizzarli, persino a giustificare l’aggressore. Ma lo fa non perché il pericolo sia cessato, ma perché ne è ancora dentro.

Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: questo significa che non serve la volontà della vittima per proseguire il procedimento. Perché?
Perché spesso la persona offesa - soprattutto quando è legata all’aggressore da vincoli affettivi, economici o familiari - non è sempre libera di decidere.

Ed infatti la Convenzione di Istanbul impone di agire in modo da prevenire recidive, escalation e letalità.

La remissione della querela può dunque essere un falso segnale di pace, può essere il frutto di minacce, ricatti, paura per sé e per i figli.
Non è una prova di inattendibilità. È la prova di quanto sia difficile spezzare il legame con chi ti fa del male.

Allora chiediamoci: quante ritrattazioni sono l’effetto più subdolo della violenza?

Post scritto da @avvcrespi
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Il padre biologico se conosciuto deve essere avvisato della pendeva di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità di un minore.

Il Tribunale per i Minorenni è obbligato ad avvisare i presunti genitori dell’avvio del procedimento in modo che questi possano, se lo ritengono, chiedere la sospensione del procedimento e procedere così al riconoscimento del figlio.

E se il presunto genitore biologico non viene avvisato e quindi nulla sa del procedimento?

La Corte di Cassazione ha ribadito che la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è nulla!

Nel caso di specie, la minore era stata riconosciuta alla nascita dalla sola madre. Il padre era noto al TM in quanto era stato individuato dai servizi sociali ma, nonostante questo, nulla sapeva del procedimento.

Il TM non può dichiarare adottabile un minore se non avvisa il presunto genitore e non concede a quest’ultimo la facoltà di sospendere la procedura per provvedere al riconoscimento (art. 10 e 11 L. 184/1983).
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Le somme spese da un coniuge per le spese connesse alla celebrazione del matrimonio e per le future esigenze della famiglia rientrano nell’obbligo di contribuzione reciproca e proporzionale ex artt. 143 e 316-bis c.c. e, pertanto, sono irripetibili.

Anche se dopo pochi mesi la coppia scoppia e inizia la guerra in Tribunale, non sussiste il diritto di un coniuge di chiedere il rimborso all’altro per tali spese, poiché esse si considerano sostenute nell’interesse della famiglia e non costituiscono donazioni fatte in vista di un futuro matrimonio ai sensi dell’articolo 785 Cc, che, se il matrimonio viene annullato, perdono validità.

In questo caso, dopo alcuni anni di convivenza nella casa di proprietà di lui, una coppia decideva di sposarsi: la donna e i di lei genitori si facevano carico in modo pressoché integrale dei costi del matrimonio sia per la cerimonia nuziale che alcune future esigenze della vita familiare anticipando anche la parte del futuro marito che a voce prometteva di restituire appena possibile la sua parte.

Finito dopo pochi mesi il matrimonio, la donna sollecitava il rimborso e a fronte del diniego del marito chiedeva decreto ingiuntivo.

Il marito si opponeva negando ogni debito e richiamando il dovere coniugale reciproco di contribuzione alle spese e il tribunale di Pescara gli dava ragione!

Le somme spese per e post celebrazione del matrimonio non possono essere ripetute a seguito dello scioglimento della coppia salvo diverso accordo scritto tra coniugi!
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➡️ Il danno da abbandono da parte di un genitore ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha età !!

➡️ Con l’ordinanza n.31552/2024 del 9 dicembre 2024 la Cassazione ha affrontato il tema del risarcimento del danno subito da un figlio da tempo maggiorenne per mancato riconoscimento da parte del padre.

➡️Il caso: un uomo nato nel 1976 si decideva a farsi riconoscere dal padre di cui conosceva l’identità che non lo aveva mai cercato. Il Tribunale di Monza dichiarata la paternità, aveva condannato il padre a un risarcimento per il danno non patrimoniale subito dal figlio, limitato però al solo periodo della minore età.

➡️Il figlio impugnava la pronuncia ma anche la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello, sostenendo che la sofferenza per l’assenza di un genitore sarebbe “maggiormente percepibile” nell’infanzia, e “meno intensa” in età adulta.

➡️ Il figlio non si dava per vinto e adiva la Cassazione che ha chiarito che il danno da abbandono genitoriale ha natura permanente e non può considerarsi automaticamente concluso con la maggiore età. La sofferenza non ha scadenza anagrafica, soprattutto quando l’assenza è prolungata, consapevole e mai interrotta. L’idea che un figlio adulto possa “non percepire più” l’assenza affettiva viene definita astratta e scollegata dalla realtà del caso. Secondo la Cassazione, non solo la relazione non è mai nata, ma il figlio è stato privato anche della possibilità di costruirla: questa impossibilità è, di per sé, il cuore del danno. E la sola attribuzione dello status di figlio non basta a sanare anni di vuoto affettivo.
➡️ Cassata la Sentenza ora la Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione dovrà rivalutare il danno
🔗 Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell`Avv. Maria Zaccara: un click sul link in bio ed uno su Blog.
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Anche agli studenti del secondo ciclo di istruzione sarà vietato l’utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e, più in generale, in orario scolastico.

Lo ha sancito il Ministero dell’Istruzione e del merito con la circolare n. 3393 del 16 giugno 2025 dopo aver spiegato che tale intervento è necessario alla luce degli effetti negativi dell’uso eccessivo o non corretto dello smartphone e dei social media sulla salute, sul benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche.

Importanti studi anche Internazionali hanno, infatti, rilevato un preoccupate calo nel rendimento scolastico, una significativa diffusione di fenomeni di dipendenza con conseguente incapacità di controllare l’uso degli smartphone (oltre il 25% degli adolescenti), sintomi da astinenza, effetti negativi sul sonno, trascuratezza nei confronti di altre attività con conseguenze negative sulla vita quotidiana, sulla concentrazione e sulle relazioni.

Le istituzioni scolastiche dovranno quindi aggiornare i propri regolamenti prevedendo misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto in questione e le specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero contravvenirlo.

Eccezioni: l’uso del telefono cellulare sarà sempre ammesso nei casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato come supporto
rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per motivate necessità personali.

Resta ovviamente confermato l’impiego degli altri dispositivi tecnologici e digitali a supporto dell’innovazione dei processi di insegnamento e di apprendimento, come pc, tablet e lavagne elettroniche, secondo le modalità programmate dalle singole scuole.
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La spesa per le ripetizioni deve essere preventivamente concordata tra i genitori!

Se non c’è il preventivo accordo ovvero un oggettivo motivo di difficoltà del minore nell’apprendimento, molti Tribunali non dispongono il rimborso della spesa delle ripetizioni al genitore che l’ha anticipata.

La Cassazione, infatti, è granitica nel ritenere che in caso di mancato accordo preventivo sulle spese cd "straordinarie" e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare volta per volta la rispondenza delle spese all`interesse del minore, commisurando l`entità della spesa rispetto all`utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori.

Ecco allora che il Tribunale di Civitavecchia con la sentenza n. 945 emessa in data 6 agosto 2025 ha sancito che corrispondono senza dubbio all`interesse del minore:

- le spese per l`acquisto di occhiali da vista, visita tricologica; visita allergologica; visita nutrizionista; visita neurologica essendo finalizzate ad affrontare situazioni patologiche;
- le spese per viaggi- studio perché realizzano una corretta socializzazione nell`ambiente scolastico frequentato;
- le spese per il sostegno scolastico nelle materie scientifiche e letterarie;
- le spese lo sport e per abbigliamento-tecnico sportivo perché spesa finalizzata ad un corretto sviluppo psico-fisico nella fase adolescenziale.

Diverso il trattamento riservato alle ripetizioni private: se non c’è consenso preventivo e il diniego è giustificato da motivazioni educative, la spesa non può essere rimborsata.

Nel caso di specie anche perché le ripetizioni erano state organizzate nel periodo corrispondente a quello del "sostegno" scolastico e quindi per il Giudice, ero una ingiustificata duplicazione di aiuti al ragazzo.

Viene quindi parzialmente accolta l’opposizione del padre al precetto in relazione alle sole ripetizioni e compensate le spese di causa.

A voi è mai successo di aver discusso sul punto? Qual’è la vostra esperienza?
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Dott.ssa Chiara Massa ✨Appassionata di diritto della persona, dei minorenni e delle famiglie, svolge pratica forense presso lo Studio, affiancando le colleghe con attenzione, dedizione e sensibilità.

#studiolegale #avvdinella #dirittodifamiglia #avvocato
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Con la sentenza n. 19715/2025, la Cassazione chiarisce che il mancato versamento delle spese straordinarie previste in sede di separazione o divorzio può integrare il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare previsto dall’art. 570 bis c.p..

Nel caso esaminato, l’imputato era stato condannato per non aver corrisposto l’assegno di mantenimento per i figli, l’assegno divorzile e il 50% delle spese straordinarie, quali spese mediche, scolastiche e sanitarie. La difesa contestava che il mancato pagamento delle spese straordinarie potesse assumere rilievo penale, ritenendo che tale inadempimento avesse natura meramente civilistica.

La Cassazione respinge tale tesi, affermando che il reato può essere integrato non solo dalla mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento, ma anche dall’omesso versamento delle spese straordinarie, qualora siano previste in un titolo giudiziale o in un accordo omologato e siano riconducibili a esigenze fondamentali dei figli.

Secondo la Corte, la fattispecie penale di cui all’art. 570-bis c.p. va ricondotta alla violazione di obblighi economici che discendono dalla solidarietà familiare residuale, anche dopo la cessazione del matrimonio. Le spese straordinarie, quando relative a bisogni certi o imprevedibili, ma rilevanti e indispensabili (come cure mediche, istruzione, spese scolastiche), costituiscono parte integrante dell’obbligo di mantenimento.
Il mancato adempimento assume rilevanza penale se grave e protratto nel tempo, tale da incidere concretamente sull’equilibrio economico della famiglia e sul livello di vita dei figli.

Quindi il reato ex art. 570-bis c.p. può essere integrato anche dall’omesso pagamento delle spese straordinarie, in quanto parte essenziale degli obblighi di assistenza familiare in senso lato.

Secondo te è corretto punire penalmente il mancato pagamento delle spese straordinarie?

Post scritto da @avvcrespi
Per leggere l’articolo completo un click in bio e poi su blog penale
#spese #mantenimento #cassazione
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Ma siete una forza della natura!! Ho aperto il box domande anonime per consentire anche di essere più liberi nei pensieri ma .. nessun ha condiviso un pensiero sulle vacanze appena trascorse 😂
Siete veramente già tutti belli pronti per ricominciare?!😳
Sembra proprio di si!

C’è chi vuole riprendere gli studi scegliendo un Master, chi vuole approfondire la Riforma Cartabia, chi modificare un accordo raggiunto…chi ancora organizzare una festa di compleanno!!

Ci date una carica incredibile! Grazie per la vostra presenza attenta.

Buon rientro a tutti 🩷

#studiolegale
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Dott.ssa Elisa Cazzaniga ✨Abilitata all`esercizio della professione forense nel mese di giugno 2025, si dedica alla protezione dei diritti dei minori, collaborando con lo studio in maniera professionale e attenta per assicurare il benessere e la tutela dei più fragili.

#studiolegale #avvdinella #dirittodifamiglia #avvocato
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Il 24enne che ha concluso il ciclo di studi e ha anche svolto - seppur per un periodo - un’attività lavorativa ha dimostrato di essere un grado di mantenersi e quindi non ha più diritto all’assegnazione della casa familiare.

Lo ha chiarito il Tribunale di Asti accogliendo la domanda di un padre proprietario di un immobile che era stato assegnato alla moglie in sede di separazione in quanto collocataria del figlio minore. Con il passare degli anni, infatti, il figlio aveva ampiamente superato la maggiore età e finiti gli studi aveva anche trovato un’occupazione, anche se temporanea, acquisendo una certa autonomia economica.

Nonostante la madre avesse sostenuto che il ragazzo avesse perso il lavoro e quindi fosse in quel momento dipendente da lei, richiamando la giurisprudenza più recente che ha evidenziato che non sia possibile prolungare indefinitamente tale diritto come forma di sostegno economico, il Tribunale di Asti ha ordinato alla donna la restituzione dell’abitazione all’ex marito proprietario.

L’istituto dell’assegnazione serve esclusivamente a tutelare la stabilità abitativa del figlio fino a quando questo è minorenne o non autosufficiente; venuto meno il motivo che giustificava l’assegnazione, il diritto di godimento dell’immobile da parte del genitore collocatario cessa, rendendo l’occupazione dell’appartamento senza titolo.

Il diritto di assegnazione della casa coniugale, infatti, non è un sostegno economico a tempo indeterminato per il figlio ormai adulto.

Negata invece la domanda di condanna all’indennitá di occupazione richiesta dal padre a carico dell’ex moglie perché non ha provato che il ritardo nel rilascio dell’immobile gli ha fatto perdere occasioni di locazione o vendita a terzi.
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Avv. Angela Brancati ✨ Specializzata in diritto delle successioni e donazioni, accompagna i clienti nella pianificazione e gestione del patrimonio familiare, collaborando con studi notarili per garantire soluzioni precisi attente e puntuali.

#avvdinella #studiolegale #dirittodifamiglia
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Un minore viene condannato per vari reati, tra cui sequestro di persona e vi0lenza se$$uale, poiché – con altri coimputati, prima e al fine di commettere vi0lenza se$$uale - intimava con violenza alla parte offesa di entrare nei bagni pubblici, obbligandola a chiudere la porta a chiave; poco dopo la obbligava a m@sturb@rsi.

Presenta ricorso per cassazione, contestando la condanna per sequestro di persona, perché dovrebbe ritenersi assorbito nella vi0lenza se$$uale.

La Corte giudica il ricorso parzialmente fondato: il comportamento dell’imputato - per quanto astrattamente idoneo ad integrare il sequestro di persona per l’avvenuta privazione della libertà personale - è assorbito nella successiva condotta di vi0lenza se$$uale. Infatti, il sequestro di persona concorre con la vi0lenza se$$uale quando la privazione della libertà personale non si esaurisce nella costrizione - attuata per compiere gli atti se$$uali - ma si prolunga prima o dopo tale costrizione (sent. 21566/25).
Quindi, il sequestro di persona è assorbito nella vi0lenza se$$uale, quando la privazione della libertà personale si protrae per il tempo strettamente necessario a commettere l’abu$o se$$uale, come avvenuto nel caso di specie, per la sostanziale concomitanza tra sequestro ed abu$o o la contestuale cessazione delle suddette condotte.
La Corte di Appello riconosce che l’imputato (con il suo pugno al volto parato a stento dalla persona offesa e con le esplicite minacce di ulteriori percosse) abbia costretto un ragazzo a chiudere a chiave il bagno e a m@sturb@rsi: egli ha potuto uscire dal bagno dopo che i coimputati hanno desistito dalle pretese di ulteriori atti se$$uali, andando via.
Non argomenta in ordine al trascorso tempo apprezzabile (anteriore e successivo) tra vi0lenza se$$uale e la privazione della libertà personale, affermando apoditticamente che “altro tempo è certamente trascorso tra l’intimazione … e l’abuso se$$uale”.
Risultato? Annullamento con rinvio.

Siete d’accordo con questo ragionamento?

Post scritto da @avvcrespi
#minori #cassazione
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Avv. Cecilia Gaudenzi ✨Esperta in diritto delle persone, offre un supporto legale su misura, pensato per minori e adulti che vivono momenti di fragilità o vulnerabilità. Il suo approccio unisce una solida preparazione giuridica a un`attenzione sincera per gli aspetti umani delle situazioni, mettendo sempre al centro la persona e i suoi bisogni.

#studiolegale #avvdinella #dirittodifamiglia #avvocato
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Ti stai separando e stai pensando di prelevare la metà delle somme presenti su di un conto cointestato. Prima di farlo poniti queste domande: Hai mai versato qualche importo su questo conto cointestato? Che spese devi affrontare? Familiari o spese personali?

Il Tribunale di Napoli ha appena ordinato ad un ex marito la restituzione delle somme prelevate da un conto corrente cointestato ma alimentato esclusivamente dallo stipendio della moglie insegnante.

Il giudice ha ritenuto provata, tramite documentazione e lista movimenti, la provenienza esclusiva delle somme dal lavoro della ricorrente, respingendo le eccezioni sollevate dall’uomo, che non ha dimostrato alcuna contribuzione al conto, né che il denaro prelevato fosse stato usato per esigenze familiari. Il conto era stato qualificato dagli stessi coniugi come “conto di risparmio”, distinto da altro conto cointestato usato per le spese familiari.

Il prelievo era avvenuto quando la crisi coniugale era conclamata tanto che l’uomo era già uscito da casa e naturalmente in assenza del consenso della titolare effettiva, pertanto veniva ritenuto indebito.
Richiamando i principi di diritto - art. 1854 e 1298 c.c. - e la giurisprudenza consolidata (Cass. civ. 4066/2009, 26991/2013, 18540/2013), il Tribunale ha affermato che nei rapporti interni la cointestazione formale non implica comunione sostanziale, se viene dimostrata la provenienza esclusiva delle somme da uno dei contitolari.

Il Tribunale ha quindi condannato l’ex coniuge alla restituzione della somma prelevata, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, e al pagamento delle spese di lite, liquidate in €237,00 per spese vive e €5.077,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge.
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Avv.Maria Zaccara ✨Da sempre appassionata di diritto della persona, dei minori e della famiglia, ha scelto di specializzarsi in questo ambito con competenza e sensibilità. Convinta che il diritto non sia solo tecnica, ma anche ascolto e comprensione, attribuisce grande valore all’empatia come strumento essenziale per accompagnare al meglio i clienti. Crede in un diritto in continua evoluzione e per questo continua a formarsi e aggiornarsi, con l’obiettivo di offrire un supporto competente, umano e sempre attento alle reali esigenze delle persone.

#studiolegale #avvdinella #dirittodifamiglia #avvocato
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Non sempre trattenere è forza.
A volte è paura, altre volte è solo abitudine.
Lasciare andare, invece… richiede fiducia. In sé stessi, negli altri, nel tempo.. aprendosi a ciò che verrà.
E forse è proprio lì che si misura la vera forza: nella scelta di non aggrapparsi a ciò che non ha più spazio per crescere.

E voi? State approfittando della pausa estiva per lasciare andare? Cosa state imparando?

#avvdinellas #forza
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