La resistenza dell’avvocato a restituire al cliente atti e documenti costituisce illecito disciplinare!

Solo la corrispondenza riservata può essere trattenuta e trasmessa al nuovo difensore.

Lo ha chiarito il CNF con una recente sentenza che ha punito l’avvocato che una volta ricevuto dal cliente la remissione del mandato - in attesa di vedersi pagati gli onorari - non restituiva al cliente atti e documenti relativi al mandato professionale.

Nello specifico, l`avvocato tratteneva copie di atti giudiziali, perizie, e documenti utili per proseguire il contenzioso con un nuovo avvocato.

A fronte di ciò, il cliente segnalava all’Ordine degli Avvocati tale professionista rivendicando il proprio diritto a ricevere la documentazione e lamentando la violazione del diritto alla difesa e … aveva ragione!

Il CNF ribadisce che:

- L’avvocato, una volta terminato l’incarico o revocato il mandato, può trattenere soltanto la corrispondenza riservata - disciplinata all`art."48 - ma solo nei limiti strettamente necessari alla difesa e per tempi contenuti. Al di fuori di questa eccezione, la trattenuta costituisce illecito.
- Il cliente deve avere piena possibilità di consultare la documentazione, indipendentemente dal rapporto con il professionista.
- Trattenere documenti senza giustificazione mina la fiducia verso l`avvocato e ostacola l`effettivo esercizio del diritto.
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Crescere in un ambiente violento può essere deleterio per un minore perché potrebbe distruggere il suo equilibrio e segnarlo per sempre.

La Cassazione torna a parlare di violenza assistita e lo fa con due sentenze importanti (n. 17857 e n. 18985 del 2025).

Con la prima la Suprema Corte afferma che la tutela dei bambini non può dipendere da perizie o segni visibili: è la reiterazione delle violenze, la loro presenza continua e invasiva, a determinare la gravità.

Quando un minore assiste a più episodi di maltrattamenti, anche se non ne è il bersaglio diretto, il rischio per il suo sviluppo psico-fisico è reale. E per configurare l’aggravante non servono “prove cliniche”, ma un quadro probatorio solido: testimonianze, fotografie, racconti coerenti.

Entrambe le sentenze precisano che non basta una singola aggressione per l’aggravante: la violenza assistita sussiste se il minore è coinvolto in più occasioni come spettatore alla violenza contro un genitore.

Con queste pronunce, la Corte ribadisce un principio essenziale: proteggere un bambino significa guardare il contesto in cui cresce, poiché potenzialmente distruttivo anche quando la violenza non lo colpisce direttamente.

E tu cosa ne pensi? Basta una sola scena di violenza per lasciare un segno indelebile? O serve che il trauma sia ripetuto davanti ai suoi occhi?

Post scritto da @avvcrespi

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#maltrattamenti #minori #genitori
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Corso di inglese del figlio? Il rimborso spetta anche senza accordo preventivo tra i genitori.
Con l’Ordinanza n. 17017/2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale sulle spese straordinarie per i figli. Il genitore che anticipa i costi di un corso di inglese privato ha diritto al rimborso dell’altro genitore, anche senza il suo consenso preventivo.
Secondo la Cassazione, imparare l’inglese è ormai una consuetudine sociale radicata, tanto da rendere queste spese “ordinarie” per diffusione e utilità. Perciò, non serve l’assenso preventivo per chiedere il rimborso.
Il caso nasce da un ricorso per decreto ingiuntivo della madre, dopo che l’ex marito si era rifiutato di rimborsare spese per riguardanti il corso privato di inglese frequentato dal figlio, delle visite mediche prescritte dal medico di base e dei lavori urgenti presso l’abitazione assegnata a seguito di un furto.
Dopo la decisione di primo grado che confermava il decreto ingiuntivo emesso, l’uomo ricorreva in secondo grado che, riformando la decisione del Giudice di Pace, revocava il titolo esecutivo. La donna ricorreva pertanto in Cassazione che sottolineava che le spese ordinarie, prevedibili e ricorrenti (come quelle sopra elencate) non richiedono accordo preventivo e che anche le spese straordinarie “vere” possono essere rimborsate senza accordo, se sono nell’interesse del minore.
In conclusione pertanto, se la spesa è utile, prevedibile e in linea con lo stile di vita del figlio, va rimborsata anche in assenza di un sì formale dell’altro genitore.
📌 Una pronuncia importante per tanti genitori separati: tutelare l’interesse dei figli resta la priorità.
#dirittofamiglia #cassazione #spesestraordinarie #genitoriseparati #corsoinglese #figli #rimborso #tutelafigli #legale #giurisprudenza #separazione #divorzio
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La casa della suocera se abitata dal figlio e dalla di lui famiglia per oltre 13 anni, anche dopo il divorzio resta alla ex che vi vive con la figlia minore, nonostante la suocera ne pretenda la restituzione.

Fatto: dopo il matrimonio del figlio, la donna destinava alla nuova coppia il primo piano della sua casa e per 13 anni la coppia vi abitava senza problemi.

Intervenuta la separazione, la suocera tornava in possesso della casa perché il figlio concordava con la moglie che le avrebbe pagato il canone di locazione di una diversa abitazione, garantendole il ritorno nella casa familiare al primo mancato pagamento di una mensilità del canone di locazione.

A fronte dell’inadempimento dell’uomo, la donna subiva lo sfratto e in sede di divorzio chiedeva l’assegnazione della casa familiare dalla quale era rimasta lontana per 3 anni, per poter viverci con la figlia minore.

Il Tribunale di Massa e la Corte d’Appello di Genova assegnavano la casa alla donna respingendo anche la domanda della suocera che era intervenuta a sostegno del figlio nel reclamo contro il provvedimento presidenziale.

Adita la Cassazione dalla suocera, gli Ermellini non hanno dubbi:
Non importa se tra la madre e il figlio non fosse mai stato stipulato con contratto di comodato! La natura di comodato familiare era da presumere vista la destinazione al nuovo nucleo familiare per 13 anni dell’intero primo piano.

Non importa che l`ex moglie, insieme alla figlia minore, si fosse trasferita altrove, in quanto ciò era avvenuto sotto la condizione risolutiva del mancato contributo dell`ex marito al pagamento del canone di locazione dell`altra abitazione.

Non importa che la suocera rivendicasse la sua casa poiché non era stato dimostrato un urgente, imprevisto bisogno che giustificasse la risoluzione di questo tipo di comodato!

Il comodato familiare, infatti, è da inquadrare nell`ambito del comodato a tempo indeterminato, e può essere risolto solo se vi è uno stato di bisogno del comodante.

Nel caso in esame la suocera poteva godere di tutto il piano terra, come sempre fatto!

Che dolce nonnina!! 😳
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L’uomo che viene a scoprire di essere padre di un bimbo per il quale è pendente giudizio di adottabilita ha diritto di avere tutte le notizie necessarie dal Tribunale per i Minorenni relative a tale procedimento e ha facoltà di richiedere la sospensione del processo al fine di chiede l’accertamento della propria paternità.

Tale diritto di legittimazione è riconosciuto a pena di nullità della sentenza di adottabilità, di adozione e anche dell’affidamento preadottivo.

Quanto sopra è stato affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4019 del 14 febbraio 2024 e costituisce un importante riconoscimento del diritto del genitore biologico a rivendicare la paternità di un figlio non riconosciuto alla nascita.

Non avete riconosciuto vostro figlio alla nascita? Non tutto è perduto..
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MILANO ha approvato le nuove Linee Guida per la determinazione e attribuzione delle spese extra assegno di mantenimento per figli minori e figli maggiorenni non economicamente indipendenti.

Dopo mesi di intenso confronto tra magistrati della Corte d’Appello e del Tribunale nonché avvocati facente parte del Consiglio dell’Ordine e dell’Osservatorio sulla Giustizia Civili di Milano sono stati offerti chiarimenti sulla gestione delle scelte e relativi costi dei figli anche in regime di affidamento esclusivo chiarendo la necessaria concertazione tra i genitori, delineate importanti modifiche spetto al regime passato e prevista una semplificazione per le spese straordinarie dei minori con disabilità ex art. 2, comma 1, lett. a) Dlgs 62/2024 alle cui maggiori spese viene dedicato un capitolo specifico.

Tra le modifiche si segnala che:
- la spesa per la mensa scolastica non è più ricompresa nel mantenimento ordinario e quindi a carico del genitore prevalentemente collocatario, ma è spesa straordinaria e quindi extrassegno e, inoltre, avendo natura essenziale, è obbligatoria: ne consegue che per tale spesa non è richiesto il preventivo consenso dei genitori.
- la spesa per la baby-sitter è spese straordinaria obbligatoria se entrambi i genitori lavorano ed i figli frequentano le scuole primarie di primo e secondo grado.
- la spesa per le sedute psicologiche e l’acquisto del cellulare sono spese straordinarie per le quali è richiesto il preventivo consenso dei genitori.
- qualora la singola spesa da sostenere ammonti ad una cifra superiore al 10% del reddito mensile netto di uno dei genitori, ciascun genitore dovrà provvedere al pagamento diretto - nella percentuale concordata o stabilita giudizialmente.

Volete leggere il testo integrale del nuovo Protocollo? Lo trovate pubblicato sul nostro blog!
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Irrilevanti i 30 anni di matrimonio, la dedizione alla famiglia e la mancanza di un reddito: il coniuge che viene beccato con l’amante dai figli e/o ammette con loro tale relazione extraconiugale perde il diritto ad essere mantenuto e l’assegnazione della casa.

Il fatto: dopo 30 anni di matrimonio una donna si innamora dell’odontoiatra di famiglia e iniziano una relazione che ben presto diventa importante al punto che lei si allontana da casa per qualche tempo.

Al rientro, il marito rivela alla moglie di aver scoperto tale relazione confermata anche dai figli che l’avevano vista con il dottore in atteggiamenti che non lasciavano dubbi sulla natura della relazione.

Il matrimonio è compromesso e lei se ne deve andare da casa: i figli - a fronte del comportamento adulterino ammesso dalla madre in un momento di debolezza - vogliono vivere con il padre.

La donna, inoltre, all’esito di una forte lite, approfittando delle ore di lavoro del marito, cambia la serratura impedendo a tutti di fare rientro a casa.

All’uomo non resta che depositare ricorso per separazione chiedendo addebito e assegnazione della casa e il Tribunale e la Corte d’Appello di Bari gli danno ragione.

Inutili i tentativi della donna di giustificarsi riferendo che la crisi era da ricondurre al comportamento dispotico del marito che avrebbe agito minacce, ingiurie, umiliazioni e vessazioni fisiche motivo del suo allontanamento. Inutili le denunce presentate nell’imminenza del procedimento di separazione. I testi non sono stati adeguati e le denunce inconsistenti.

La testimonianza dei figli, invece, non lascia dubbi: addebito alla madre che viene lasciata priva di contributo al mantenimento e della possibilità di vendere casa perché assegnata al padre.

Attenzione all’amore!
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Un bambino si trova in un parco con il padre per imparare ad andare in bicicletta senza rotelle.
Durante una manovra, urta involontariamente una donna anziana, che cade e batte la testa.
La donna, soccorsa immediatamente dal padre, muore poco dopo in ospedale per un’emorragia cerebrale.

Il padre (e anche la madre) viene indagato per omicidio colposo: secondo l’impostazione accusatoria, avrebbe dovuto vigilare meglio sul figlio.

Ma, poi, il PM chiede l’archiviazione: l’evento è stato improvviso, imprevedibile e il padre era lì, accanto al bambino, pronto a intervenire. L’evento fatale sarebbe la conseguenza di una “sfortunata casualità”; “non consentiva al padre del bambino, pur a fianco dello stesso, di intuire per tempo e/o di poter intervenire per scongiurare la disgrazia”.
Insomma non avrebbe potuto fare nulla di più di quanto ha fatto.

Il GIP ha accolto la richiesta del PM e, quindi, ha archiviato il procedimento.
Per la madre ha escluso a priori la responsabilità, perché non presente.
Al padre non può essere addebitato di non aver posto in essere la condotta esigibile idonea ad evitare l’evento: egli ha, infatti, vigilato sul minore e si è attivato per aiutare la signora.

Occorre svolgere una riflessione: non ogni evento tragico ha un colpevole. Non tutto può e deve essere punito.

Voi cosa ne pensate? È giusto escludere in questo caso la responsabilità penale del padre?

Post scritto da @avvcrespi

#minori #genitori
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📜 Può un fratello validamente accettare l’eredità per conto degli altri fratelli?
La Cassazione dice di sì!
L’accettazione dell’eredità, infatti, non è un atto personalissimo e può essere validamente compiuta da un terzo: è sufficiente che il potere di accettare sia espressamente conferito (art. 1388 c.c.). Il terzo, poi, può anche accettare in modo tacito, ad esempio con la vendita di un bene ereditario. In caso di accettazione tacita, ogni successiva rinuncia da parte del chiamato all’eredità è inefficace.
È quanto affermato dalla Cass. n. 15301/2025.
Il caso? Due fratelli in lite: lui conferiva procura generale alla sorella per gestire la successione del padre e la donna vendeva un immobile dell’asse ereditario. L’indomani della vendita, il fratello – che nulla sapeva ancora della vendita - formalizzava la rinuncia all’eredità.
Saputa della vendita, però, l’uomo chiedeva alla sorella la metà del prezzo incassato sostenendo che la vendita fatta anche a suo nome in forza della procura conferitale, equivalesse ad un’accettazione tacita e che pertanto la successiva rinuncia fosse inefficacie.
A fronte del diniego della sorella, l’uomo chiedeva al Tribunale di Palermo di condannarla alla restituzione della sua parte del ricavato della vendita, ma il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che l’uomo avesse rinunciato all’eredità e che la procura non fosse sufficiente a costituire un’accettazione, neanche tacita. Allo stesso modo decideva la Corte d’Appello.
Il fratello non si fermava: proponeva ricorso in Cassazione e vinceva!
✍️ Posto che la procura rilasciata a suo tempo conteneva espressamente il potere di accettare l’eredità, che la vendita di un bene ereditario realizzata prima della rinuncia aveva effetti diretti sul rappresentato, ex art. 1388 c.c. e che la vendita è già di per sé una tacita accettazione, la sorella è obbligata a riconoscere al fratello la metà del prezzo!
📌 Una volta accettata, anche tacitamente, l’eredità non può più essere rinunciata. Semel heres, semper heres.
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Rapporto nonni-nipoti impedito da condotte ostative di uno dei due genitori? La Cassazione chiarisce che la domanda di regolamentare il tempo dei nonni ex art. 337 ter e seguenti può essere articolata dall’altro genitore all’interno del procedimento di separazione con indubbio risparmio di tempi e denaro.

Accogliendo il ricorso di un padre contro la ex che impediva ai bambini di vedere la sua famiglia, la Suprema Corte sancisce la legittimazione del genitore a svolgere - oltre alle domande relative al proprio calendario di frequentazione - anche quella di regolamentazione dei rapporti fra ascendenti e nipoti alla luce dell primario interesse dei minori a veder tutelato il loro rapporto significativo con le famiglie di origine dei genitori.

Sia il Tribunale di Agrigento che la Corte d’Appello di Palermo avevano in realtà dichiarato inammissibile la domanda articolata dall’uomo ma questi non si dava per vinto e ricorreva in Cassazione ove vedeva accolta la sua pretesa.

La legittimazione del genitore, chiarisce la Cassazione, concorre con quella dei nonni a richiedere al Tribunale per i Minorenni la tutela del loro diritto ai sensi dell’art. 327 bis cc ma prevale allorquando pende già un procedimento separazione/divorzio/regolamentazione dei ruoli genitoriali, poiché il cumulo processuale delle domande da parte del genitore presenta una ratio non irragionevole (legata all`identità soggettiva delle parti in causa e alla possibilità di adottare in un unico contesto i provvedimenti più opportuni per la tutela dei minori).

Nessun dubbio invece in merito alla inammissibilità della domanda dei nonni all’interno del procedimento di separazione: la famiglia di origine non ha voce nelle separazioni!!
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➡️ Niente assegnazione della casa se è contro l’interesse del minore. Lo afferma la Cassazione con la recente Ordinanza n.14460/2025.
➡️ Il caso trae origine dalla Sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva respinto il gravame proposto dalla madre di una minore avverso la Sentenza del Tribunale di Frosinone che nel pronunciare la separazione personale tra i coniugi aveva affidato in via condivisa la figlia minore collocandola presso la madre, regolato la frequentazione paterna ma aveva rigettato la domanda di assegnazione della casa coniugale della madre
➡️ La Corte d’Appello aveva ritenuto che:
* La casa coniugale non era più, da tempo, il centro della vita affettiva e relazionale della minore;
* La bambina, nata nel 2013, viveva da oltre sei anni in un nuovo contesto stabile, scolastico e familiare;
* Il ritorno nella casa originaria avrebbe rischiato di riattivare conflitti mai del tutto sopiti, anche per la presenza della nonna paterna, causa dell’allontanamento.
➡️ La madre proponeva ricorso per Cassazione, richiamando l’art. 337-sexies c.c. e la giurisprudenza secondo cui la casa familiare andrebbe assegnata al genitore collocatario, per preservare l’habitat domestico del minore.
➡️ Ma la Cassazione ha respinto il ricorso, sottolineando che:
* Il principio richiamato dalla ricorrente è valido in astratto, ma non applicabile quando la casa familiare non rappresenta più il fulcro della vita del minore;
* Il trasferimento della bambina e il nuovo radicamento affettivo e sociale costituiscono elementi prevalenti;
* Anche se il lungo tempo trascorso era dipeso dalla durata del giudizio, l’interesse del minore deve essere valutato al momento della decisione, in base al contesto di vita effettivo e attuale.
#Assegnazione #casafamiliare
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Il danno non patrimoniale derivante dalla perdita di un animale d’affezione è oggi risarcibile, ai sensi dell’art. 2 Cost., quale lesione della sfera affettiva e relazionale della persona.

Con la decisione n. 51 del 25 gennaio 2025, il Tribunale di Prato ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita di un animale d’affezione, segnando un`importante apertura nella tutela del rapporto uomo-animale.

Il caso riguarda la morte della cagnolina Adel, affidata a una pensione estiva nel 2021. I proprietari, una famiglia con figli minori, ritenevano la struttura ancora gestita dall’Associazione Tutela Animali, con cui avevano avuto esperienze positive. Al loro ritorno, però, hanno trovato l’animale morto e abbandonato, senza alcun preavviso né assistenza veterinaria nonostante i sintomi evidenti di sofferenza. L’autopsia ha confermato che Adel è deceduta tra il 7 e l’8 agosto in condizioni gravi di disidratazione e diarrea. Testimonianze hanno evidenziato l’inazione consapevole del gestore, che non solo ha rifiutato l’aiuto, ma si è reso irreperibile. Il Tribunale ha escluso ogni responsabilità dell’A.T.A., ritenendo che avesse cessato la gestione già nel 2020, mentre ha condannato il gestore per responsabilità contrattuale e aquiliana, per violazione dell’obbligo di custodia e mancata richiesta di soccorso. Sono stati riconosciuti:

1.373 € per danni patrimoniali (pensione, autopsia, costo dell’animale)
6.000 € alla proprietaria e 4.000 € a ciascun familiare per danni morali
Oltre 7.000 € di spese legali

Il Tribunale ha affermato che la perdita dell’animale può costituire un’offesa alla sfera affettiva della persona, discostandosi dalla giurisprudenza restrittiva del 2008.

#DannoMorale #AnimaliDAffezione #TribunaleDiPrato #DirittiAnimali #Risarcimento #CustodiaAnimali #AffettoAnimale #TutelaAnimali
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Responsabili di omicidio colposo i genitori che omettono di esercitare la dovuta vigilanza durante la festa del figlio, e una minore annega.

È quanto affermato dalla Cassazione respingendo il ricorso di una coppia di genitori condannata dopo la morte di una ragazzina che aveva partecipato alla festa del figlio e, senza la sorveglianza di alcun adulto, si era tuffata in mare ed era annegata.

La tragedia si era consumata durante la festa del figlio della coppia che per il compleanno aveva invitato ventidue compagni nella sua villetta sita all`interno di un residence. Portati e affidati dai rispettivi genitori alla custodia dei genitori del festeggiato, i minori dopo il pranzo, muniti di asciugamano e costume da bagno, si erano diretti al mare ed avevano iniziato a tuffati dagli scogli, nonostante vi fosse la bandiera rossa. Una ragazzina, purtroppo, non riusciva a tornare a riva e annegava.

Secondo la Corte d’appello di Palermo, i genitori del festeggiato avrebbero dovuto vigilare costantemente sui minori loro affidati, impedendo loro di fare il bagno o, al più, accompagnandoli sulla spiaggia, tenuto conto del fatto che molti avevano manifestato detta intenzione già durante il pasto e la villetta era molto vicina al mare! Non era in alcun modo giustificabile che la coppia subito dopo il pranzo si fosse allontanata, lasciando soli ventidue ragazzini.

Vero che la coppia aveva ammonito i ragazzini dal portare avanti tale scellerato progetto ma allontanandosi non si era messa in condizione di intervenire senza indugio per fermarli, e alcuni ragazzini avevano già fatto il bagno nella mattinata, senza che la coppia se ne fosse accorta.

Il difensore dei genitori aveva proposto ricorso in cassazione ritenendo che i giudici avevano errato nella individuazione e valutazione dei doveri di vigilanza che a suo dire non potevano certo ricomprendere anche la previsione e prevenzione del bagno in mare!

Ma il ricorso veniva dichiarato inammissibile! l`iniziativa dei ragazzini e il sostanziale abbandono di costoro a se stessi, sin dalla fine del pasto era prevedibile avendo gli stessi chiaramente manifestato la loro volontà in tale senso.
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Se i due amici non hanno stato convenuto un termine di fine contratto, il comodatario è tenuto a restituire l’immobile libero da persone e cose non appena il comodante o il suo erede lo richiede.

In caso di condivisione della casa tra due amici, alla morte della proprietaria il contratto viene meno nel momento in cui l’erede chiede la liberazione dell’immobile e non può trovare accoglimento la pretesa dell’amico della de cuis di applicazione della legge Corinna sulle convivenze!

Vero che l’art. 42 della legge Corinna prevede che in caso di morte del proprietario dell’immobile adibito a residenza comune il convivente superstite mantiene un diritto ad abitarvi per un periodo tra due e cinque anni, ma per l’applicazione di tale norma è richiesta una stabilità di vita condivisa.

Nel caso di cui trattasi, infatti, la relazione amorosa e la stabilità della convivenza tra l’uomo e la de cuius non era stata provata e non era mai stata dichiarata all’Ufficio anagrafe e pertanto non risultavano documentati i requisiti formali necessari ai fini del sorgere dei diritti di cui alle convivenze di fatto disciplinato dalla legge Cirinna.

Lo ha chiarito il Tribunale di Milano con la sentenza n. 4104/2025 pubblicato il 21 maggio 2025 al termine di un procedimento iniziato dalla madre della de cuius nei confronti dell’amico convivente della figlia morta senza lasciare testamento, stante il diniego dell’uomo di lasciare l’abitazione nonostante avesse ricevuto formale richiesta ex art 1810 cc di rilascio e di pagamento di tutte le utenze e spese condominiali del periodo.

Ne deriva che - una volta accertato che il contratto di comodato precario ha cessato i propri effetti per effetto della richiesta di restituzione del comodante ex art. 1810 c.c.- l’amico è stato condannato al rilascio dell’immobile, al pagamento degli oneri documentati di utilizzazione dell’immobile normativamente a carico del conduttore ex art. 1808 c.c e delle spese legali.

Cosa ne pensate? Qual’e il limite tra amicizia e amore?
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Quando una persona subisce per anni insulti, minacce, percosse e umiliazioni in ambito familiare e viene costretta ad avere rapporti se$$uali, si pone un problema: i maltrattamenti sono un reato a sé o vengono “assortiti” nella violenza se$$uale?

La Cassazione ha fornito con la recente sentenza n. 15867/25 un principio di diritto importante: i maltrattamenti possono essere assorbiti nella violenza sessuale solo quando vi è una piena coincidenza tra le condotte, cioè quando gli atti lesivi sono esclusivamente strumentali alla violenza sessuale. Se, invece, le condotte hanno un’autonoma portata offensiva – per esempio umiliazioni sistematiche, percosse, minacce non legate all’atto se$$uale – allora i due reati concorrono.

In altre parole, non basta che i reati si svolgano nello stesso contesto: serve una vera e propria sovrapposizione funzionale e finalistica. In caso contrario, ogni condotta mantiene la sua autonomia e vengono puniti entrambi i reati.

Nel caso analizzato dalla Suprema Corte la donna era vittima da anni di una violenza domestica generalizzata, non riducibile al solo ambito se$$uale: una frattura costale provocata per motivi di gelosia (estranea a qualsiasi dinamica se$$uale) e continue minacce, come riferito dalla vittima e dai figli della coppia.

Pensate che quando la moglie si rifiutava di avere rapporti, doveva dormire nella vasca da bagno…

E voi cosa ne pensate? E’ giusto contestare e punire entrambi i reati?

Post scritto da @avvcrespi

Per leggere l’articolo completo, link in bio e poi un click su blog penale

#maltrattamenti #coniugi
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Noi genitori abbiamo un compito difficilissimo: crescere uomini autentici, consapevoli, rispettosi, sensibili, capaci di accogliere i NO, di sentire il dolore senza frantumarsi, di piangere e disperarsi restando integri e saldi, di capire che l’amore non è controllo ma la possibilità più preziosa di essere la versione più bella di sé senza scomparire nell’altro.

Lo dobbiamo alla piccola Martina.
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Il giudice, pronunciando la separazione personale dei coniugi, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.

Questo quanto previsto dall’art. 151 comma 2 c.c., ma quando, concretamente, è possibile chiedere l’addebito della separazione a carico del marito o della moglie che abbia violato i doveri coniugali?

La vicenda che fornisce l’occasione dell’approfondimento trae origine da una decisione del Tribunale di Ferrara che pronunciava la separazione personale dei coniugi con addebito al marito stanti le dichiarazioni di un teste che affermava di aver visto il marito in un incontro amoroso con un’altra donna, poi, oltretutto, divenuta la nuova compagna dello stesso.

Se i giudici di primo grado disattendevano la ricostruzione effettuata dall’uomo che faceva risalire l’insorgere della crisi a ben tre anni prima rispetto al tradimento, la Corte di Appello di Bologna, invece, riteneva provata la tesi dell’uomo e di conseguenza riformava la decisione del tribunale di Ferrara respingendo la domanda di addebito.

Arrivata la questione avanti la Corte di Cassazione, gli Ermellini con l’ordinanza n. 13858 del 24 maggio 2025, rigettavano il ricorso della donna ed affermavano che “in tema di separazione dei coniugi, va escluso l’addebito in caso di tradimento se nella coppia c’è già disaffezione. Spetta pertanto al richiedente dimostrare la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio”.

E voi che ne pensate?
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