Con la sentenza n. 25622 del 18 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito che il diritto al mantenimento non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma solo quando il figlio consegue – o avrebbe potuto conseguire con una condotta diligente – l’autonomia economica.
La vicenda trae origine da una separazione pronunciata nel 2020 dal Tribunale di Roma, che aveva posto a carico del marito l’obbligo di versare un assegno mensile di
€ 1.800,00 per moglie e figli. Nel 2023 l’uomo chiedeva la revoca del contributo per il figlio divenuto maggiorenne e la revisione degli altri importi. Il Tribunale accoglieva solo la prima richiesta, ma la Corte d’Appello, in parziale riforma, riduceva l’assegno per la moglie e confermava quello per il figlio, ritenendo che questi, ancora impegnato nella fase finale degli studi, necessitasse del sostegno paterno per completare il percorso formativo e inserirsi nel mondo del lavoro in tempi più celeri.
Impugnata la decisione, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’uomo, chiarendo che nel giudizio di revisione delle condizioni di separazione il giudice deve limitarsi ad accertare l’esistenza di fatti nuovi idonei a modificare l’equilibrio economico originario, senza procedere a una nuova comparazione dei redditi.
Gli Ermellini hanno inoltre confermato che, in tema di mantenimento del figlio maggiorenne, è possibile ricorrere a presunzioni – come quella legata all’età – solo come semplificazione probatoria per il genitore, ma tali presunzioni vengono meno quando, come nel caso esaminato, risulta provato che il figlio si trova ancora in una fase formativa decisiva.
Il principio riaffermato con tale pronuncia evidenzia che il mantenimento del figlio maggiorenne non si estingue con l’età, ma con l’effettiva (o potenziale) autonomia economica, da valutarsi caso per caso.
E voi, cosa ne pensate? Fino a che età vi sembra corretto che il genitore contribuisca al mantenimento del figlio maggiorenne?
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